A differenza di alcuni miei compatrioti che, tristemente assuefatti alle sconfitte domestiche, cercano di appropriarsi di successi forestieri, non mi sento il vincitore delle elezioni greche.
Alexis Tsipras e Syriza rappresentano una proposta politica dalla quale mi dividono molte cose, e queste divisioni si sono risolte in scelte diverse, anche in occasione delle recenti elezioni europee. Ma non per questo, delle elezioni greche, mi sento uno sconfitto. Perché abbiamo molte cose in comune, a cominciare dal ripudio del populismo e da un’impostazione saldamente europeista; e condividiamo l’idea che l’Europa debba essere un luogo attento alle concrete condizioni di vita dei suoi cittadini, non solo al corretto ordine dei decimali dei conti pubblici dei suoi Stati membri.
Matteo Renzi è stato il primo leader europeo a felicitarsi con Alexis Tsipras, e il presidente del Gruppo S&D al Parlamento Europeo Gianni Pittella si è espresso con parole inequivoche sul doveroso rispetto che le istituzioni comunitarie devono avere della libera espressione del popolo greco. Un Governo ellenico espressione di una coalizione progressista, e magari uno futuro con le stesse caratteristiche in Spagna possono rafforzare e irrobustire lo sforzo che l’Italia e il Governo Renzi stanno producendo in Europa per politiche di espansione, di sviluppo e di crescita. Abbiamo già ottenuto qualche importante risultato, e speriamo che altri se ne possano raggiungere con il lavoro comune di una sinistra plurale, che non si disperda nelle cecità settarie e nelle insulse polemiche.
Non abbiamo nessuna voglia di salire sul carro del vincitore Tsipras, passatempo che lasciamo volentieri a chi ne ha bisogno. Ma stiamo piuttosto disponendo i nostri carri in cerchio, come nei vecchi film western, per difendere la libertà e la sovranità del popolo greco da quanti potrebbero o vorrebbero sfruttare le indubbie fragilità dello Stato ellenico per conculcarla.