L’evidenza dei fatti
Ho cominciato a votare per l’elezione del Capo dello Stato con la soddisfazione di aver assistito a un’assemblea nella quale il mio partito si è mostrato compatto e determinato. La linea della responsabilità sembra aver prevalso e fatto premio sulle legittime discordanze di vedute e sui dissensi che questo o quel provvedimento possono fisiologicamente comportare. Buona notizia, che contraddice la diffusa narrazione del Pd campo di Agramante, in preda a perenni crisi e congiure. Una narrazione che spesso abbiamo fatto di tutto per meritarci, ma che resta sostanzialmente ingenerosa ed infondata, condizione apparente e suggestiva ma sostanzialmente irreale.
Mi stupisce però di non vedere adeguatamente sottolineata la caduta di un altro costrutto mitico: l’indicazione di Sergio Mattarella distrugge in radice l’idea fantasmatica ed ubiqua del Patto del Nazareno, che alcuni giornali ed emittenti dipingono come la gabbia tenebrosa di cui Renzi sarebbe prigioniero. Un presidente del Consiglio ingabbiato, succubo di accordi inconfessabili e in vario modo fraudolenti, pronto a sacrificare all’asse con Berlusconi i valori del Pd e una buona parte della sua classe dirigente.
Il no di Berlusconi, indipendentemente dalla sua permanenza e dalla intensità con cui sarà eventualmente pronunciato, mostra con chiarezza che non è così. Che né c’era bisogno di scegliere in casa nostra una persona indicata dal Cavaliere, né tanto meno c’era l’ossessione di cercarne uno che lui vedesse come il fumo negli occhi. Si doveva invece trovare una figura in grado di riscuotere la fiducia e il gradimento di tutto il partito, e di non essere vissuta come ostile da nessuno degli altri, a cominciare dai partner di Governo e dalla più vasta maggioranza formatasi sulle riforme. Perché, con buona pace di chi immagina una sorta di “quirinalità infusa”, una sorta di cromosoma del predestinato, nel nostro ordinamento il Capo dello Stato è il supremo garante della Costituzione e dei suoi organi, cioè del sistema politico. Ed è inevitabilmente espressione di una vicenda politica.
L’indicazione di un candidato “degno fra i degni” come Sergio Mattarella, che rappresenta il Pd e tiene conto, nei limiti del possibile, delle richieste e delle idiosincrasie altrui, dice che Matteo Renzi, lungi dall’essere il machiavellico prestigiatore che viene ogni tanto dipinto, è un leader di partito e di governo che fa quel che dice e dice quel che fa. L’analisi della sua condotta non richiede particolari esercizi esoterici. So che sembrerà impossibile alla stragrande maggioranza dei politologi e degli osservatori nostrani, ma a volte le cose sono proprio quel che sembrano. Forse sarebbe bene ricordare tutti la vecchia battuta del tizio che fa “Mi raccomando, stasera tutti davanti alla tv.” “Perché?” gli chiedono “E perché di dietro non si vede niente.”