Roberto Maroni ne ha combinata un’altra delle sue. Il presidente della Regione Lombardia, dopo la figuraccia rimediata con il patrocinio ad un convegno omofobico impreziosito da presenze in odor di pedofilia, ora viene bacchettato dal Consiglio di Stato per manifesta discriminazione eterofobica. Per carità, l’etero in questione è la fecondazione eterologa medicalmente assistita; ma è abbastanza chiaro che quando ci sono di mezzo omo ed etero, Maroni non ne azzecca una.
Scherzi a parte, la sciatteria della Lega e del centrodestra, funzionale ad un approccio da Medio Evo indegno di una delle città e dei territori più civili d’Europa, mette la Regione in condizioni francamente imbarazzanti. Non c’era bisogno di un giurista di vaglia per capire l’improponibilità di una delibera che mette giustamente a carico della sanità pubblica i costi della fecondazione medicalmente assistita purché questa fecondazione sia omologa, cioè lo sperma e l’ovulo utilizzati per il procedimento provengano biologicamente dai coniugi.
Se sei costretto a ricorrere ad un donatore esterno alla coppia (che immagino Maroni consideri una sorta di adulterio in provetta), puoi farlo, ma solo se hai modo di pagartela per tuo conto. E siccome stiamo parlando di cifre che vanno da 1500 a 4mila euro, è facile capire come si tratti di un autentico disincentivo discriminatorio, un pretestuoso ostacolo alla legittima aspirazione – sancita come tale anche dalla Corte Costituzionale – alla paternità e alla maternità. È per questo che il Consiglio di Stato è intervenuto sospendendo cautelativamente la delibera, ritenendo giustamente che l’eventuale successivo risarcimento patrimoniale non avrebbe consentito di sanare il danno, proprio perché i meno abbienti non avrebbero avuto accesso alle cure.
Va dato credito a Sos Infertilità e a Medicina democratica di avere posto con impegno ed efficacia la questione. Possiamo sentirci rassicurati dal fatto che, come vuole il celebre motto del contadino cui il Re di Prussia voleva infliggere un sopruso, “ci sono dei giudici a Berlino”. Purtroppo ci sono anche molti bigotti al Pirellone.