Oggi, Luigi Di Maio, da Lodi – dove era andato a manifestare contro un uomo attualmente privato della propria libertà personale per aver turbato un’asta di esiguo valore a favore di una associazione sportiva partecipata dal Comune che governa e senza, a quanto pare, aver ottenuto alcun vantaggio economico per sé – ci ha definiti “sgherri del PD”.
La giacca e la cravatta di Di Maio non lo rendono più distinto dei suoi colleghi che nelle aule parlamentari si comportano e si muovono come si trovassero nella curva sud di uno stadio di calcio. Quello che preoccupa è l’atteggiamento e il vocabolario aspirazionalmente intimidatorio (naturalmente a vuoto) di questi ragazzi, con cravatta o senza.
Sfortunatamente per Luigi Di Maio, l’oggettività delle cose dice che il Movimento 5Stelle governa un’esigua quantità di enti locali e ha, in proporzione al limitatissimo numero di amministratori che è riuscito a eleggere, una montagna di guai giudiziari. Ultimo, in ordine di tempo, quello del Sindaco di Livorno Nogarin.
Allora qui bisogna intendersi. Non esiste grande gruppo politico che non debba essere estremamente vigile sulla propria classe dirigente. Vale per noi, vale per i M5S, vale per chiunque governi la cosa pubblica. Le mele marce sono un pericolo costante e bisogna vigilare tutti con estrema attenzione per fare in modo che nelle fila di chi amministra o governa la cosa pubblica non si nascondano dei malfattori.
Se qualcuno pensa però di farne una battaglia etnica tra gli onesti (loro) e i disonesti (noi), si sbaglia.
Innanzi tutto perché il PD governa una montagna di enti locali e l’incidenza percentuale di condannati nella massa dei nostri amministratori, comunque inaccettabile – perché nessuno (ripeto: nessuno) dovrebbe commettere reati – è statisticamente risibile. (Peraltro, poi, le sentenze di assoluzione sono totalmente ignorate dai media, ieri l’ultima a Firenze.)
E poi c’è fondamentalmente una differenza: noi democratici siamo sì garantisti, ma i nostri si dimettono, si sospendono, insomma qui si rispetta il lavoro dei magistrati. Quelli di M5S, forcaioli con gli altri, invece, si regolano secondo la migliore tradizione del “me ne frego”. Sgherro a chi, dunque, Presidente Di Maio?