Giusto un anno fa
Era giusto un anno fa quando, all’Assemblea Nazionale del PD a Expo Milano, Matteo Renzi si impegnò con me (e con tutti gli italiani) a far approvare celermente la legge sulle unioni civili. Digiunavo da 20 giorni, e mi fidai della parola del Presidente del Consiglio.
Avevo detto che il mio digiuno sarebbe durato “fino a quando non avremo una certezza sulla data della cessazione di questa grave violazione dei diritti umani che si consuma nel nostro Paese”, e quella certezza l’avevo avuta. (Qui c’è l’intervento in assemblea con il quale presi atto delle parole di Renzi a annunciai che interrompevo la mia iniziativa.)
Quel giorno l’approvazione di una legge che desse piena dignità e cittadinanza alle coppie gay e lesbiche (e un riconoscimento a tutte le coppie conviventi) sembrava lontanissima e sembrava che per farcela sarebbe servito un miracolo. E invece, a un anno di distanza da quel 18 luglio, la legge è in Gazzetta Ufficiale e tra poco saranno celebrate le prime unioni.
Al di là del lavoro dei tantissimi che ci hanno lavorato – da Monica Cirinnà (che della legge è un po’ la mamma), a Micaela Campana, Sergio Lo Giudice, Alessandro Zan, Maria Elena Boschi, i due capogruppo Rosato e Zanda – penso che si debba riconoscere a Matteo Renzi il merito integrale di aver voluto a tutti i costi che la legge arrivasse in porto, proprio come (mi) aveva promesso quel giorno.
Lo ha fatto in particolare decidendo di porre la fiducia dopo il voltafaccia dei grillini in Senato e chiedendo poi al gruppo della Camera di “proteggere” il provvedimento senza cambiarlo di una virgola, nonostante i tentativi di tutti i gruppi di opposizione – 5Stelle in testa – che avevano presentato emendamenti che avevano il solo scopo di rimandare la legge al Senato per poter così allungare i tempi e possibilmente far naufragare la legge.
Vale la pena ricordarlo oggi che giustamente si pone il governo sotto pressione per avere celermente i decreti attuativi: i grillini non soltanto ci hanno lasciato in braghe di tela rifiutando di approvare rapidamente e senza imboscate la legge al Senato con il voto contrario al famoso “canguro”, ma se non ci fosse stata la fiducia del Governo e anche uno solo degli emendamenti a firma degli Onorevoli Colletti e Buonafede fosse stato approvato alla Camera, oggi non staremmo aspettando i giorni e le ore che ci separano dalle prime unioni, ma la legge sulle unioni civili semplicemente non ci sarebbe.
L’approvazione della legge sulle unioni civili è stato un atto di grande coraggio, forza e visione da parte di Matteo Renzi: quello che gli ha fatto formulare l’ovvia, ma inedita per un premier, considerazione di aver “giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo”.
Una legge che – secondo me – è la cartina di tornasole dello sforzo genuino e profondo di modernizzazione del Paese che il governo sta portando avanti. Chi si è messo di traverso ha dimostrato con i fatti che, al di là degli slogan, il fronte della conservazione è ampio e capace di coagularsi a difesa dello statu quo. C’è chi lavora per riformare il Paese, chi lavora perché tutto resti com’è. Spazio per posizioni terze, non c’è.