Si è provato a fare una riforma costituzionale che, insieme a quella elettorale, creasse un sistema propriamente maggioritario.
Un sistema che, di fatto, consentisse ai cittadini di scegliere da chi farsi governare (attraverso il ballottaggio previsto dall’Italicum) e che consentisse a quel governo di lavorare, di farlo fuori da una logica di coalizione e di rispondere dunque direttamente dei propri risultati agli elettori.
Per tutta la campagna si è detto che questo era un sistema liberticida, che dava a una minoranza la possibilità di prendersi la maggioranza dei seggi e di governare. Con il voto al no, dunque, si è mandato il messaggio diametralmente opposto. Si è sostanzialmente preferito il ritorno a un proporzionalismo e a un parlamentarismo spinto che vanno esattamente nella direzione opposta: gli elettori votano, poi i partiti decidono il da farsi.
Oggi tutto il fronte del “no” lamenta la nascita di un governo creato con una logica puramente parlamentare, senza sapere di aver paradossalmente creato in prima persona le condizioni perché questa condizione torni a essere la più assoluta routine nei prossimi decenni.
In un sistema perfettamente tripolare non potremo certamente escludere, per esempio, che il partito di maggioranza relativa si trovi ad andare all’opposizione e già sento le voci di chi lamenterà la nascita del governo degli sconfitti e il sovvertimento della sovranità popolare. Converrà abituarsi da subito all’idea.