Il Tavolo della Moda, che riunisce le diverse realtà dell’imponente filiera dello stile, dai filati ai tessuti alle confezioni fino alle calzature, all’occhialeria, al gioiello, conferma una positiva attitudine al lavoro comune. Prosegue con alacrità e, mi pare, con buoni risultati, il lavoro dei gruppi dedicati ai tre obiettivi di progetto (sostenibilità, millennials, formazione), ma siamo praticamente pronti ad annunciare le iniziative per la nuova e potenziata settimana della moda donna a Milano.Memore del trapattoniano “non dire gatto se non l’hai nel sacco”, non scenderò per il momento nel dettaglio, ma ce n’è abbastanza per pronunciare il classico stay tuned.
Il fatto che il mondo delle imprese abbia scelto di federarsi sotto l’unica egida di Confindustria Moda, pur mantenendo la piena autonomia delle associazioni rappresentative dei singoli comparti, esprime bene la rivoluzione copernicana avvenuta negli ultimi anni: il settore dove ha forse maggior rilievo l’estro individuale e il talento creativo sceglie di procedere unito, esprimendo per intero la sua forza e la sua eccellenza.
Come ho avuto occasione di dire intervenendo all’inaugurazione di Pitti Immagine Uomo martedì’ 13 scorso, questo significa che anche le due capitali del settore, Firenze e Milano, devono fare della collaborazione reciproca il proprio imperativo categorico. Devono escludere qualsiasi improduttiva ed incomprensibile competizione domestica per difendere e consolidare insieme il primato della moda italiana nel mondo. Dobbiamo tornare a fare in modo che le nostre griffe più prestigiose tornino a sfilare in Italia, dobbiamo fare in modo che i nostri produttori tornino a esporre nelle fiere italiane. Possiamo farlo solo se il nostro sistema e i nostri eventi torneranno a essere competitivi e forti su scala globale.
Sono decisamente lieto che la strategia politica promossa dai Governi Renzi e Gentiloni, fondata sul pieno dispiegarsi delle energie del sistema delle imprese, anche attraverso il sensibile aumento e l’ottimizzazione delle risorse pubbliche dedicate, e sul protagonismo della filiera della moda e dell’eleganza, abbia trovato un terreno così fertile ed un atteggiamento così cooperativo. Senza dirigismi sterili, senza velleità di annuncio: partendo dall’idea che provare a fare le cose è molto meglio che raccontarsi all’infinito perché non si è riusciti a farle.
Mi pare sia un piccolo grande esempio di kyosei, il termine giapponese che si traduce più o meno “vivere e lavorare insieme per il bene comune”. Spero faccia scuola.