“Qualcuno doveva avere calunniato Josef K., perché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, venne arrestato.” E’ l’incipit di uno dei capolavori della letteratura universale di ogni tempo, “Il processo”, di Franz Kafka. Libro mirabile, che come tutti i grandi classici, si presta a registri interpretativi molteplici, la cui eco risuona in modo sinistro nell’attualità italiana.
Non mi riferisco a vicende come quella di Giosi Ferrandino, il sindaco di Ischia arrestato ingiustamente ed ora assolto, perseguito con modalità e – si potrebbe anche dire – finalità inquietanti. Dovranno occuparsene, ed è bene che se ne occupino presto, altri fori, secondo le forme ed i rimedi che sono propri dello Stato di diritto. Mi riferisco invece alle cosiddette “Parlamentarie” del Movimento Cinque Stelle e al “filtro di qualità” che ad esse viene applicato dalla Casaleggio&Associati, attraverso il suo mitico ed imperscrutabile Staff.
Non intendo esprimere opinioni sulle modalità con cui il Movimento Cinque Stelle seleziona i nomi e i volti con i quali intende presentarsi all’elettorato, perché non sono né un loro iscritto né tantomeno un potenziale elettore. Mi sembrerebbe un fuor d’opera anche affliggere i miei lettori con ovvietà come la mancanza del minimo sindacale di democrazia (il voto non è segreto, nessuno conosce la platea dei votanti, nessuno garantisce la correttezza dei voti che verranno espressi online): sarebbe come lamentarsi perché una barzelletta non è seria.
Va benissimo quindi che il mitologico Staff, su input del Capo politico o del Garante o del Proprietario del Movimento Cinque Stelle decida che Tizio è votabile e Caio no. Il punto (e lo specifico legame con Kafka) sta nelle modalità con cui questo avviene e con cui viene comunicato. O meglio, non viene.
Prenderò ad esempio il caso del senatore pentastellato Roberto Cotti, il cui nome è stato escluso in Sardegna, sua regione di elezione. Non sono addentro agli affari dei Cinquestelle, ma non mi risulta che a questo portavoce siano state rivolte censure, né che sia stato accusato di qualsivoglia inadempienza, né che abbia preso posizioni controverse. Ma allora perché vietargli la possibilità di essere candidato?
All’Ansa, il coordinatore sardo della campagna elettorale ha dichiarato: “A meno che non si tratti di un errore, posso solo ipotizzare che lo staff del capo politico, nel vagliare le autocandidature, abbia fatto le sue valutazioni sulla base di segnalazioni ricevute, anche in riferimento a possibili comportamenti non in linea con la filosofia del movimento, e abbia deciso di conseguenza.”
Letto? Qualcuno doveva avere calunniato Roberto C., perché un mattino venne escluso. Sempre che non si tratti di un errore, beninteso. Saranno stati segnalati comportamenti “non in linea con la filosofia del movimento”, per esempio un uso appropriato dei congiuntivi? Non lo sapremo mai. A differenza di quanto accade nell’Aida, nessuno pronuncia un Radamès, discolpati! Nessuna comunicazione, nessuna accusa, nessuna possibile controdeduzione. Sentenza subito e senza appello. Lo Staff, nella sua onniscienza, osserva, decide e delibera inaudita altera parte, con un’impostazione che sarebbe giudicata eccessivamente forcaiola persino da Piercamillo Davigo.
Comprensibilmente, questa pittoresca malacumpassa, per riprendere la sapida espressione siciliana di un ignoto parlamentare grillino, sta provocando malumori e proteste in tutta Italia; ma il Blog, l’oracolo attraverso cui lo Staff fa sentire la sua voce, replica gelido: “Tutto previsto”. Tutto ineluttabile, proprio come il processo enigmatico e misterioso che condurrà Josef K. al suo destino. La domanda è: ma se trattano così i propri militanti e i propri parlamentari, come tratteranno i cittadini?