Uno sporco ebreo, una povera malata e un frocio di merda
Emanuele Fiano è un uomo retto, con la schiena dritta, che parla di fascismo e di nazismo non per sentito dire, ma per le ferite che porta dentro il suo stesso DNA: la storia di suo padre e della sua famiglia sono la testimonianza dell’orrore che il secolo scorso ha conosciuto e che la memoria, in questo secolo, pare aver cancellato dai ricordi collettivi.
Emanuele è ebreo. Lisa Noja è in carrozzina. Io sono omosessuale. Noi tre siamo i primi tre candidati della lista proporzionale del partito Democratico a Milano, in questo ordine.
Questo è il Partito Democratico. Un partito che nella capitale economica e produttiva del Paese si fa rappresentare da tre persone che negli anni trenta e quaranta del secolo scorso sarebbero state eliminati come rifiuti della società, come non-persone, come vite non degne di essere vissute.
Un partito a cui il fascista di Macerata ha sparato, come ha sparato alla gente di colore per strada, perché nella sua follia ha saputo capire che questo è il partito dell’inclusione, dell’apertura, del rispetto, il perno solido e infrangibile dei valori della resistenza e della costituzione antifascista.
In questo momento di follia collettiva – con scuole che si vantano di non avere studenti disabili e politici candidati a ruoli di governo che raccontano della nostra costituzione laica e democratica come di uno strumento al servizio di una religione anziché di un’altra – alcune cose basilari vanno ricordate, anche in modo diretto, e forse anche un poco cruento.
Perché se il fascismo e il razzismo sono ritornati presentabili in società, se qualcuno si permette di fare entrare Casa Pound a Montecitorio, questo non significa che del fascismo si debbano dimenticare il senso, le opere e i crimini che non ne costituirono una deviazione ma l’essenza politica stessa.
Sì, siamo noi: uno sporco ebreo, una povera malata e un frocio di merda. Siamo noi: siamo l’Italia. L’Italia democratica. L’Italia di tutti, non l’Italia dei più forti.
Guardateci negli occhi.
E sappiate che non li abbasseremo, mai.