La crisi energetica che attanaglia l’Europa ha preso i contorni dell’emergenza, con rincari sulle bollette che l’azione del governo ha provveduto certo a tamponare, ma che non si può pensare di risolvere se non con un ragionamento ampio e complesso. Già, complesso. Una parola a cui i populisti, campioni di risposte semplicistiche, sono allergici. Vi ricordate le polemiche sul TAP? Il gasdotto della discordia, che avrebbe distrutto secondo il M5S il paesaggio costiero pugliese. Che, secondo Michele Emiliano, sarebbe stato “come Auschwitz”: poi si scusò, sì, ma lo disse davvero.
Ebbene, non solo ciò non è avvenuto, ma è grazie al TAP che si compensano almeno parzialmente le flessioni del gas in arrivo da Nord Europa e Libia. Ed è sempre grazie al Tap se il differenziale di prezzo tra l’hub olandese e quello italiano si è azzerato.
Questa vicenda dovrebbe essere per tutti un monito di fronte all’emergere dei nuovi populismi, tra cui ha un posto importante quello dell’estremismo ambientalista. Il percorso verso un modello di sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente è infatti minacciato da due opposti estremismi: quello della negazione radicale del cambiamento climatico e quello dell’ambientalismo assolutistico della decrescita. La vera sfida consiste invece nel trasformare l’imperativo categorico della preservazione del pianeta in un’opportunità di crescita: ricordando che i percorsi che portano al successo sono fatti di lunghi cammini e consapevolezza.