Il mio post per iMille.org
Di tutte le cose che leggo sui giornali circa la formazione del governo Monti, c’è una cosa che proprio non mi è chiara. Ci si chiede dappertutto se il nuovo esecutivo sarà fatto solo di tecnici oppure se sarà affiancato da politici di alto profilo, ma anche nella prima ipotesi si specifica chiaramente che alcune poltrone saranno riservate a dei “cattolici”: si fanno i nomi del rettore della Cattolica Ornaghi, dell’economista Zamagni, del fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, del giuslavorista Dell’Aringa, dei presidenti emeriti della Consulta Mirabelli e Capotosti. Zamagni, si fa notare, ha collaborato alla stesura dell’enciclica “Caritas in veritate”; Mirabelli, oltre all’aver ricoperto la quarta carica dello Stato, è attualmente il Consigliere generale della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano: è insomma il capo della commissione che affianca l’organo legislativo dello Stato di Benedetto XVI.
Se dovessi darne una definizione, “ministri tecnici” sono coloro che vengono scelti sulla base delle loro competenze e non sulla base delle loro convinzioni. Di più: le convinzioni dei “tecnici” dovrebbero essere del tutto irrilevanti e anzi sarebbe preferibile che tali convinzioni non fossero nemmeno di dominio pubblico. Si prenda il caso di Ignazio Marino, il cui nome non è nemmeno mai stato fatto in questi giorni per l’incarico alla Sanità. Certo nessuno può dubitare del fatto che Marino sia un “tecnico” eccellente: e tuttavia il fatto che le opinioni di Marino siano note fa sì che le sue indubbie competenze siano cancellate dalle sue opinioni politiche e che il suo nome non sia nemmeno preso in considerazione, causa la sua appartenenza al PD.
Allora la domanda è: se un tecnico è tale solo a condizione di avere posizioni politiche privatissime e mai espresse in pubblico come mai invece si prevede uno specifico numero di ministeri siano riservati a persone dalle indubbie capacità, ma che si caratterizzano specificamente e vengono individuate in ragione della propria fede? Si badi bene che la cosa non è irrilevante sul piano politico visto che la Chiesa e la Conferenza Episcopale hanno da tempo dettato linee molto precise su molti dei grandi temi che “fanno” l’agenda di un governo: diritti civili, bioetica e scuola pubblica in primis.
E anzi, proprio il caso di Marino chiarisce un ulteriore elemento assai rilevante e cioè che quando si dice “cattolico” non si intende “credente” ma “cattolico in linea con le posizioni della Curia”: infatti che Ignazio Marino sia cattolico è noto a tutti, ma certo come ministro tecnico della sanità il suo essere un fervente cattolico, ma non allineato, non gli consente di entrare a far parte della rosa dei papabili nemmeno in quota-cattolici.
Per sovrappiù si aggiunga che l’Avvenire, per mano del suo direttore Marco Tarquinio, ha già bocciato un possibile incarico a Veronesi come ministro della salute (a causa delle sue posizioni in tema di bioetica) e che una delle sedi ministeriali che viene data per certa ai “tecnici-cattolici” è proprio quella dell’istruzione.
Insomma, in Italia per qualche motivo la qualificazione di “tecnico” non sopporta nessuna specificazione ulteriore se non quella di cattolico: non si può essere “tecnici-progressisti” o “tecnici-conservatori” (si sta facendo uno screening allo stesso Giuliano Amato per comprendere se possa essere considerato un “tecnico-e-basta” oppure no), ma nessuno trova discutibile che ad alcuni cattolici (in quanto tali) vada riservata una quota parte delle poltrone nella prossimo governo tecnico. Anzi, “tecnico-cattolico”.
3 risposte a “Il governo tecnico-cattolico”
come se avere catto-tecnici nel governo sia garanzia di ripresa e di uscita dalla crisi (in ogni settore, dall’economia alla politica). Io non sono d’accordo: la laicità dello stato dove va a finire?
Grazie Ivan, come spesso succede sei una voce fuori dal coro, scomoda e lucida… a quando un discorso serio sui diritti civili, la bioetica, la ricerca e l’istruzione? a quando la crisi sarà risolta? che bell’alibi!
Ciao Ivan, condivido il ragionamento in linea di massima che sottolinea il consueto e deludente atteggiamento culturale italico. Tuttavia non mi impunterei più di tanto con questo ragionamento su un governo tecnico. Un governo tecnico è “tecnicamente” in senso politico un governo triste, un governo povero. E’ un governo che arriva perchè la politica ha fallito nella sua più alta funzione e succedendo ad un fallimento politico non può che accodarsi in scia. In soldoni i tecnici arrivano per fare solo su temi tecnici dove i loro convincimenti sono irrilevanti perchè in materia di finanza pubblica e fisco non ci sono gli spazi per tantissime ideologie, ma solo per freddi numeri. Mi auguro che l’ottimo tecnico Monti si limiti a questo mentre il parlamento a cui compete la funzione politica di questa fase lavori sulla materia elettorale. E poi via a votare di corsa perchè un governo tecnico, anche con Marino o Ichino dentro, perchè tecnici e non perchè politici è un governo triste ed anche poco democratico.
Cara Ivan, il tuo discorso sul governo tecnico-cattolico sarebbe corretto in altro contesto.Noi per primi abbiamo insistito che fosse “tecnico” e non lo vedo così sterile come dice qualcuno. Troppo cattolico non direi…o meglio lascerei, prima, che abbia la fiducia(che pare scontata)e che governi in questo mare di “fango”. Dando per scontato che un Paese sano, con diritti universalmente riconosciuti giova anche all’economia di un paese…direi che in questo momento ci sono alcune priorità che prescindono da qualsiasi altra esigenza. Direi anche che la fobia verso i cattolici è troppa. Mi pare che la Bindi lo sia e mi pare anche l’unica che abbia cercato di far qualcosa. Il guaio non sono i cattolici, ma la mentalità e l’ipocrisia dei falsi cattolici. (e parlo dei laici).