Il mio pezzo oggi, su Europa.
Proprio per il loro lavoro di parlamentari europee, Silvia Costa e Patrizia Toia non hanno davvero alibi. Sanno infatti benissimo entrambe che le tesi e le argomentazioni che hanno esposto su questo giornale il 17 marzo non sarebbero state accettabili da nessun partito della sinistra europea e nemmeno da nessuna destra presentabile. Costa e Toia esprimono concetti che le esporrebbero al biasimo e all’emarginazione politica nel partito della Merkel e in quello di Cameron. Sanno inoltre benissimo che tutti i paesi più importanti e influenti dell’Ue hanno già legiferato per il matrimonio gay oppure per forme giuridiche assolutamente identiche, sul piano dei contenuti, al matrimonio.
Costa e Toia sono inoltre perfettamente consapevoli che anche lì dove non esiste il matrimonio, ma forme equipollenti, il dibattito per l’adozione del nome “matrimonio” è già molto avanzato: si veda il caso inglese, dove il governo di centrodestra a guida conservatrice estenderà il matrimonio alle civil partnership che già oggi prevedono uguali diritti per le famiglie gay, inclusa l’adozione.
Si veda pure il caso francese dove Sarkozy, fin qui incerto sul tema, è sfidato da un Hollande decisissimo a introdurre il matrimonio per i gay, forte del 63 per cento di francesi favorevoli misurato dai sondaggi d’oltralpe. Patrizia Toia e Silvia Costa scrivono su queste colonne cose inaccettabili per una grande democrazia occidentale, scorrette nel metodo e nel merito. Dire, come fanno le due eurodeputate, che il matrimonio alle persone gay e lesbiche provocherebbe «una mutazione antropologica e un indebolimento della costruzione dell’identità sessuale di bambini e bambine » è una cosa orribile in sé ma è soprattutto una grave sciocchezza sul piano scientifico.
L’American Academy of Pediatrics nel più importante studio scientifico mai condotto sul tema (è del 2002 ed è stato rivalidato nel 2009) dice esattamente il contrario: e cioé che i bambini cresciuti da coppie gay hanno dal punto di vista «emozionale, cognitivo, sociale e sessuale» lo stesso sviluppo degli altri bambini, in quanto «lo sviluppo ottimale dei bambini dipende più dalla natura delle relazioni e dell’interazioni all’interno del nucleo familiare che dalla struttura della famiglia» (http://pediatrics.aappublications.org/content/109/2/341.full).
La domanda è dunque: Costa e Toia hanno studi scientifici adatti a smentire quanto sostenuto dalla più importante associazione pediatrica del pianeta o si sono limitate a diffondere il proprio pregiudizio su base puramente empirica? Quali dati hanno, insomma, a disposizione per giustificare le «mutazioni antropologiche» di cui parlano? Quello che è curioso è che proprio la parola «naturale» dell’articolo 29 della Costituzione, cui le due parlamentari si riferiscono, serve proprio a riparare da affermazioni apodittiche e pericolosissime quali quelle di Costa e Toia.
Quella parola fu inserita lì dal Costituente proprio per dire che la famiglia è “naturale” e preesiste allo stato, cioè che la famiglia è ciò che si presenta in natura e non ciò che lo stato definisce come tale per legge. Il tutto per evitare gli orrori di uno stato etico che mette il suo naso anche nella vita familiare dei suoi cittadini, come quando si mette a stabilire chi sia lecito o meno sposare.
E d’altra parte a chiarire l’equivoco ha provveduto solo qualche giorno fa la Cassazione stabilendo nero su bianco che è oggi «radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire “naturalistico”, della stessa “esistenza” del matrimonio». È insomma insopportabile dover leggere pezzi come quello di venerdì scorso: per la carica omofobica che esprimono e anche per l’inconsistente tentativo di fermare la storia, il progresso, la civilizzazione del nostro paese.
Il riconoscimento dell’uguaglianza delle famiglie omosessuali pare oggi a taluno irragionevole come doveva sembrare irragionevole sessant’anni fa che le donne fossero ammesse a votare, a essere votate, ad accedere alla magistratura, a esercitare la potestà sui figli che partorivano, ad esercitare una professione, a firmare un contratto, a stipulare un mutuo, o a uscire di casa da sole. Io credo che questa sia la missione del Partito democratico: l’impegno a riconoscere la dignità di ciascuno, al progresso della società, alla leadership nel cambiamento di un paese che non ha ragioni per restare su posizioni di retroguardia, né in questo né in altri settori della nostra vita civile.
4 risposte a “La mia risposta a Silvia Costa e Patrizia Toia”
Grazie Ivan, non ci sono parole per commentare le esternazioni di due persone che stimo, ma che forse han perso di vista la laicità in nome di una partecipazione troppo confessionale. Merito di persone come te se trovo sempre lo spunto per restare ancora nel PD. Lou
Bravo Ivan. Sono eterosessuale (per quel che questo voglia dire) ma veramente non se ne puo’ piu’ di questo eterno andirivieni su una cosa cosi’ ovvia. Che si risolva il problema in tempi brevissimi, come gia’ avvenuto in quasi tutti i Paesi europei, e si passi ad altro. E’ ridicolo che da decenni si stia ancora a discutere di questa storia senza avere combinato nulla.
ho letto la tua risposta alle due parlamentari e ho letto i due commenti sotto riportati, ti giuro non li ho scritti io, ma il primo mi trova concorede sul fatto che se c’è una ragione per rimanere nel PD, è il tuo pensiero scevro da livore e molto consapevole; la seconda è che io e il mio compagno siano sposati da 30 anni (!?!!? gulp!!!??) mi chiedo perchè i nostri amici ed amiche non etero non lo possano ancora fare in italia dopo così tanto tempo dal nostro!! continuiamo la lotta per i diritti civili, ora come allora!!
ciao e grazie enza di giusto – pasian di prato
[…] alle nozze gay, a firma delle europarlamentari Silvia Costa e Patrizia Toia, che si è meritato una risposta diretta di Ivan Scalfarotto e che recitava (grassetto […]