Il mio post per iMille.
Ieri a Milano, insieme a Loris Mazzetti, storico collaboratore di Enzo Biagi, ho presentato “Storia di una staffetta partigiana” (Editori Riuniti), il libro di Teresa Vergalli. L’ho letto in vista della presentazione ed è stato per me fonte di grande riflessione e anche, in qualche modo, di conforto. In un momento in cui il prestigio delle istituzioni e dello Stato è così basso, in un momento in cui così tanti cittadini stanno pensando di non andare a votare, in un momento in cui la politica appare paralizzata, corrotta e lontanissima dal sentire della gente, tuffarsi nei racconti di una ragazzina di 17 anni che ha rischiato la vita e le torture perché l’Italia tornasse ad essere un paese libero dall’occupazione straniera mi ha fatto ritornare in contatto con quello che faccio e col motivo per cui lo faccio.
Qualche giorno fa su Twitter girava l’hashtag #25aprileperme. Io ho twittato che il 25 aprile per me “è la rinascita, la libertà ritrovata, il senso di comunità. Avere un’idea precisa e condivisa di cosa è bene e cosa è male”. Cosa è bene e cosa è male: il problema è che “antifascismo” e “repubblica” in Italia sono diventati due concetti assolutamente opinabili, facoltativi. Non due elementi irrinunciabili e fondamentali di coesione e di identità collettiva ma due posizioni politiche il cui opposto è perfettamente sostenibile con ogni legittimità politica e civile. “Gli eroi son tutti giovani e belli” ha bestemmiato qualche fascista sui muri di Roma solo qualche giorno fa, e anche a sinistra c’è gente che pensa che l’Italia abbia vissuto una guerra civile e non una lotta sacrosanta di liberazione fatta da pochi ragazzi male armati contro un esercito straniero di macellai spalleggiati da italiani che certo non pensavano a un’Italia libera e democratica. In fondo tutto parte da lì. Se quelli che volevano la democrazia, l’unità, la libertà erano uguali a quelli che volevano che l’Italia (o parte di essa) fosse una colonia di uno dei peggiori regimi che la storia umana ricordi, è chiaro che le istituzioni, l’unità nazionale, la democrazia diventano non più patrimonio collettivo e base della nostra comune convivenza ma orpelli vuoti di un potere che trova la propria ragione di vivere in se stesso, a qualunque costo.
Qualche giorno fa sono stato a una trasmissione televisiva il cui il conduttore titillava i peggiori istinti dei suoi telespettatori chiedendosi polemicamente per quale motivo il governo avesse “salvato dai tagli” il Parlamento e la Corte Costituzionale. Gli ho risposto che io in un paese in cui il governo può tagliare unilateralmente i viveri alle Camere non ci vorrei abitare, perché un parlamento i cui cordoni della borsa sono in mano al governo non è un parlamento che può fare il suo mestiere in modo libero, e figuriamoci la Corte Costituzionale. Però mi sono chiesto che paese fosse un paese in cui anche uno che gestisce una trasmissione televisiva, e che quindi contribuisce a formare l’opinione pubblica, invece di spiegare alla gente che cosa sia la democrazia, come funzioni e perché, si metta a sparare sulle istituzioni diminuendone ulteriormente e senza motivo l’opinione presso i cittadini. Non taccio delle responsabilità della politica, figuriamoci. I Lusi, i Belsito, l’assalto alla diligenza, l’assoluta inamovibilità delle classi dirigenti, il trasformismo, la pochezza del ceto politico (non riesco mai a capacitarmi del fatto che Scilipoti in una sola piccola vita umana – un granello di sabbia rispetto alla storia del pianeta – sia riuscito a conquistarsi una laurea in medicina e un seggio da parlamentare) ammazzerebbero la passione anche del più fervente dei patrioti.
Ecco, rileggere la storia di Teresa Vergalli e le sue avventure di giovane partigiana in bicicletta, è un po’ come mettere un punto e a capo. Un po’ come tornare a contatto con le radici e le ragioni più profonde della democrazia, dell’impegno, del senso di sentirsi una comunità e del valore di provare a renderla migliore, più prospera, più giusta e più equa. Per noi e per gli italiani che verranno.
Una risposta a “Riscoprire la democrazia. Storie di una staffetta partigiana”
Per arrivare all’impegno, del senso di sentirsi una comunità e del valore di provare a renderla migliore, più prospera, più giusta e più equa, occorre partire dalle fondamenta, alla cultura attraverso la lettura di libri come “Storia di una staffetta partigiana” (Editori Riuniti) della scrittrice Teresa Vergalli ma, secondo me, anche e soprattutto da programmi di scuola che trattino queste tematiche fin dalla prima elementare. E, perché no, con cartoni animati che spieghino bene e con onestà la storia d’Italia.