Mi perdonerà il famoso pensatore tedesco con la barba se prendo a prestito un suo fortunato slogan per riassumere (e sdrammatizzare) una riflessione interlocutoria sullo stato dell’arte delle primarie del centrosinistra.
Non sono intervenuto sin qui sull’argomento perché penso innanzi tutto che le primarie per la scelta del candidato premier dovrebbero essere un’opportunità per il PD e non una fonte non necessaria di problemi e di divisioni. Una possibilità per il partito di mettere sul tavolo tutte le sue idee per il paese e per mostrarci ai nostri concittadini come classe dirigente europea, tutti insieme complessivamente e indipendentemente dalle sfumature delle nostre ispirazioni.
Non sono intervenuto anche per via di una certa frustrazione che mi ha preso via via che il processo si dipanava. Come è generalmente noto, la mia posizione è che tutti coloro che esprimono un’esigenza profonda e vera di innovazione della politica – declinabile non solo come ricambio generazionale ma identificabile per l’approccio radicalmente riformista ai problemi del paese – dovrebbero fare fronte comune e presentare all’Italia e al partito una proposta semplice e facilmente individuabile sia in termini di idee che di persone. L’attuale incertezza non mi sembra una buona cosa e, sia ben chiaro, non si tratta di una valutazione etica o morale. Non mi sembra una buona cosa perché, semplicemente, indebolisce un progetto di cui il Paese in questo momento ha molto bisogno.
Nel corso degli ultimi anni ho assistito e partecipato con gioia a una miriade di iniziative: stazioni, campeggi, tendoni nelle piazze, feste e incontri al mare e in montagna, al lago e in collina. Libri, programmi e spunti, iniziative referendarie, fermate, big bang, rifare il paese. Ma mai, a tutto questo meraviglioso attivismo, è seguito un impegno corrispondente a dar collettivamente e unitariamente seguito alle aspettative di effettivo rinnovamento sollevate ogni volta. Ricevo numerosissime email e messaggi che me lo ricordano ogni giorno e sono certo di non essere l’unico.
Prima di prendere una mia decisione, perché prima o poi il momento delle decisioni inesorabilmente arriva, vorrei dunque invitare tutti coloro che sono genuinamente interessati a voltare pagina a non indugiare ancora, a mettere da parte ogni distinguo da iniziati e a porre davanti a tutto l’interesse del partito e dell’Italia. Evidenziando la grande quantità dei punti di contatto invece delle differenze, che sono il più delle volte minute ma insidiose come granelli di polvere in un delicato meccanismo ad ingranaggi.
Una delle mie massime è quella per cui per fare di questo paese un posto normale, bisogna cominciare facendo personalmente delle cose normali. Ovunque ci si schieri, dunque, lo si faccia in modo da favorire la semplificazione del dibattito. Che sia ordinato nei modi e chiaro nei contenuti. Solo così faremo bene al partito e al paese perché solo così avremo l’occasione per parlare esclusivamente di quelle idee che sono la nostra ricchezza. Il nostro monopolio, mi verrebbe da dire. E poi, finalmente, occuparci di trovare le soluzioni ai drammatici problemi che abbiamo di fronte, che è poi l’unica cosa che veramente importi.