Gabriella Stanchina non è solo un’amica, una scrittrice ispirata e un’appassionata della Cina. E’ anche la voce che si materializza in alcuni momenti chiave della mia vita dicendo le parole che nessun altro, a parte lei, poteva trovare. Ho ricevuto questa mail e, senza nemmeno averle chiesto il permesso, voglio condividerla con voi. Arriva da Pechino e parla di quel mondo lontano ma, così bene, anche di qui e di noi. Di adesso.
“Ciao Ivan, amico mio,
un saluto da Pechino, solo per farti (farci) l’in bocca al lupo per l’esito delle primarie. Riesco solo con difficoltà a leggerti e la connessione internet che ci fornisce l’Università è troppo lenta per caricare file video e cade in continuazione, per cui di questa campagna elettorale e della Leopolda ho avuto solo avari squarci di entusiasmo, diciamo che ho potuto leggere le note a margine e di questo mi devo accontentare.
Nonostante la “deprivazione sensoriale” ero quasi riuscita a convincere tre persone qui a partecipare al voto. Poi mi sono iscritta alle primarie online. Naturalmente felice di poter votare via web senza perdere un pomeriggio percorrendo le distanze sterminate di Pechino alla ricerca del seggio. Avrai visto la procedura. Ho fornito i miei dati, l’indirizzo a Pechino, ho sottoscritto l’eterea dichiarazione d’intenti. Ho dovuto inviare la foto del passaporto e del tesserino rilasciatomi dalla Capital Normal University per dimostrare che ho un giustificato motivo (di studio o lavoro) per stare all’estero. Non comprendo perché chi si trova qui per viaggiare o per ricongiungersi con parenti e amici non abbia un giustificato motivo e non possa votare, ma tant’è, freudianamente il principio di dovere al di sopra del principio di piacere. Infine ho dovuto fornire loro il numero del mio cellulare “abilitato alle chiamate internazionali”, perché all’apertura dei seggi dovrò chiamare l’Italia per dimostrare la mia “localizzazione all’estero”. Devo cioè dimostrare con la mia telefonata che non solo studio presso un’Università cinese e risiedo presso un indirizzo di Pechino, ma mi trovo anche FISICAMENTE in Cina. Non fosse mai che per mefistofelica astuzia, pur risiedendo in Italia mi fossi immatricolata in un’Università di Pechino affittando una stanza dell’annesso dormitorio, giusto per togliermi lo sfizio di votare Renzi due volte. Purcominciando a sospettare che a volte PD sia l’acronimo di Paranoic Delirium, abbozzo e faccio il mio dovere. Ora sono in attesa del codice per votare.
Il fatto è che quando ho tentato con la massima nonchalance di spiegare la procedura alle altre tre persone la reazione è stata tra il trasecolato e il sarcastico. Ripulsa totale. Intendiamoci Ivan, io capisco perfettamente. C’è il lavoro e l’impegno di migliaia di militanti dietro a tutto questo. Il sito per il voto è realizzato molto bene, pulito e lineare e la procedura in sé non è neppure troppo farraginosa. Poter votare online è straordinario (anche se nel 2012 dovrebbe essere più che ordinario). L’organizzazione è encomiabile. Una perfetta e oliatissima macchina da guerra, e credo che il PD sia rimasto il solo partito in Italia capace logisticamente di metterla in piedi. Ma è una macchina. E il messaggio che questa macchina ha inviato a quei tre potenziali elettori del centrosinistra è: “Non mi fido di te”. Io, politica, non mi fido di te cittadino. Non ti conosco. Non sei un mio iscritto. Non mi appartieni. Devi identificarti con foto, indirizzi, prefissi telefonici. Devi fornirmi giustificati motivi dei tuoi spostamenti all’estero. Coltivo il fondato sospetto che tu mi voglia ingannare. Non sei una risorsa (altrimenti ti saresti iscritto), sei un’incognita, un corpo estraneo potenzialmente distruttivo.
Tutto il risentimento e il senso di diversità ed estraneità antropologica che per vent’anni è stato diretto contro il berlusconismo ed è stato elemento di coesione per anime e ideologie troppo eterogenee, che adesso torna indietro a boomerang e si scarica sul nemico interno. Perché Berlusconi non c’è più, ma quei milioni di italiani che l’hanno votato nel 1994 sono ancora tra noi. E la triste sensazione è che a vent’anni di distanza il Pd non li abbia ancora compresi, non sia neppure riuscito a dare loro un volto. E pazienza l’opposizione fiacca, ma se rinuncia a comprendere la vita, che senso ha la politica?
Tutto questo per dirti che quei tre voti non sono riuscita a recuperarli. Naturalmente le migliaia di chilometri di distanza, la deprivazione da malfunzionamento di internet, gli entusiasmi che qui arrivano affievoliti, il fatto che tutti qui stiano cercando di costruirsi un futuro lontano dall’Italia ha il suo peso. Perciò spero di cuore di averti descritto un’eccezione. Che non avvenga che, come cantano i tuoi amati Coldplay, “Wheel breaks the butterfly”. Tu vai avanti. Hai la mia fiducia totale.
Un bacio, e aspetto lunedì di vedere la farfalla volare.
Gabriella
P.S. Come portafortuna ti invio l’immagine di un dettaglio della scultura di Liu Qing dedicata alla nuova Cina che qui ha aperto la Biennale d’Arte di Pechino. Change happens.”
Una risposta a “Gabriella, Pechino e le primarie”
[…] la fotocopia della sua carta di indentità. E mi sa che, dall’estero, non sono l’unico ad aver sfanculato queste primarie. Like this:Mi piaceBe the first to like this. Archivi Seleziona mese dicembre 2012 […]