Io che non sono foggiano, ma che a Foggia sono arrivato all’età di tre anni, mi sono sempre irritato a sentirmi ripetere a pappagallo quello stupido proverbio per cui da Foggia si dovrebbe fuggire. In quella città ho passato tutti gli anni della scuola – quelli più importanti e formativi, quelli per cui alla fine quando mi chiedono di dove io sia mi viene comunque da dire “sono di Foggia” – e l’ho molto amata. Mio padre vive ancora lì, ci sta da ormai 45 anni, e non pensa minimamente di venir via. Mia mamma, lei fa la nonna in trasferta ma più di un tot di giorni lontano da Foggia non riesce a stare, e alla fine molla tutto e torna a casa.
Così oggi ho fatto un salto quando ho letto l’articolo sulle pagine nazionali di Repubblica sull’emergenza rifiuti nella “mia” città, e sulle cause che l’hanno creata (questo invece il pezzo disponibile sulle pagine della cronaca locale). Nel suo articolo, l’inviato di Repubblica, Giuliano Foschini, racconta che per poter costringere la municipalizzata che si occupa della rimozione dei rifiuti a esternalizzare il servizio a una cooperativa controllata dalla mafia locale, tutti i netturbini sono stati promossi al grado di quadro. Così il Comune si è trovato a gestire un’azienda della raccolta dei rifiuti priva di operatori e ha dovuto dare l’appalto ai mafiosi.
La cosa non poteva durare, e dunque oggi ci si ritrova con la municipalizzata fallita sotto montagne di debiti e la città sepolta da montagne di rifiuti. Né i netturbini né i mafiosi locali vogliono che si raccolgano le immondizie: i primi per timore di essere “demansionati”, i secondi per non perdere il giro d’affari. In mezzo, resta strangolata una città che fino agli anni ’80 era un posto decoroso e civile, un posto dove si poteva vivere e crescere, magari senza le meravigliose prospettive dei nostri coetanei metropolitani, ma sicuri e protetti come accade nella migliore provincia italiana.
La foto qui sotto è stata scattata a 100 metri da casa di mia madre, davanti al punto vendita storico ma ora chiuso da tempo di “Sotto Zero”: uno dei bar migliori della città e una piccola eccellenza gastronomica famosa per la produzione di meravigliosi prodotti di pasticceria e di quello che secondo me era il gelato perfetto. Meglio di Grom, decenni prima di Grom.
Così pare che da Foggia, oggi, si debba davvero fuggire. Ha ragione da vendere Roberto Saviano quando dice che se non usciamo dall’emergenza mafiosa non andremo da nessuna parte. La storia che Foschini racconta è semplicemente inaccettabile per un paese che voglia definirsi non dico sviluppato, ma almeno civile. E continuo a chiedermi se ci sia qualcuno che si consideri responsabile per la decadenza così repentina e rovinosa di un’intera città. Inutile che mi diciate che è una domanda retorica. Lo so.
2 risposte a “Fuggi da Foggia”
Caro Ivan, mi chiamo Tommaso, ho 25 anni, sono nato e vivo a Foggia e sto “subendo” di persona il decadimento repentino e rovinoso della città cui tu hai fatto riferimento. Ma nello stesso tempo, cerco di mantenere un atteggiamento costruttivo e razionale senza perdermi “in mal di pancia rancorosi da bar”. Foggia, non soffre “soltanto” di istituzioni pubbliche minimamente competenti, o dei ricorrenti atti estorsivi della criminalità organizzata, quanto e soprattutto, di una cultura totalitaria basata sull’indifferenza e sulla denigrazione perenne contro la città stessa. Di norma il foggiano medio non si sente tale, non si sente appartenente a una comunità propria, non ha identità e non ha orgoglio, salvo nella fede calcistica. Non sono un sociologo, un esperto, ma è avvilente, degradante se non triste girare per la città, confrontarsi con i suoi abitanti e sperare di essere smentito. E’ un atteggiamento, un approccio, un modo di fare che sinceramente non ho riscontrato in nessuna altra parte d’Italia, neanche in quelle più disagiate della nostra. Credo che questo sia la base di molti nostri problemi, se non della maggioranza di essi.
Di contro, delle forze propositive, positive e nuove ce ne sono, cercano di adoperarsi, io per primo, ma purtroppo ci si scontra molto spesso contro un muro, fatto d’ impotenza e rassegnazione da volta stomaco inaccettabile.
Detto questo, ho una sola obiezione al tuo articolo se mi permetti,ed è il suo titolo: il foggiano non aspetta altro che queste parole per esternare tutta la sua rabbia, odio ed autodiscriminazione o per ricercare l’ennesima ed assurda giustificazione, non dico per rivoluzionare in meglio la situazione (il chè sarebbe auspicabile..) ma per non civilizzarsi, per delinquere o semplicemente per arrendersi.
Mi auguro di vederti più spesso a Foggia e di conoscerti di persona, anche grazie a tuo padre che sta svolgendo un ottimo lavoro con agedo.
Nell’attesa ti mando i miei più sinceri auguri di Buon anno
Tommaso
Ciao Tommaso, e grazie per il tuo commento. Il titolo è volutamente provocatorio. Il mio affetto per la città spero si intuisca da quello che scrivo. Un caro saluto.