In Croazia giorni fa hanno approvato una modifica alla Costituzione che introduce il divieto di introdurre per legge il matrimonio ugualitario. E’ andata a votare una minoranza sparuta dei croati (poco più di un terzo) e hanno preso una decisione che in teoria non è sindacabile dall’Unione Europea: in effetti, le leggi sul matrimonio sono di esclusiva competenza degli stati membri. E tuttavia non è difficile vedere in questa decisione una compressione delle libertà individuali, una “deriva ungherese” che tocca anche lo stato ultimo arrivato nell’Unione.
Per questo ho presentato alla Ministra Bonino l’interrogazione che segue.
Al Ministro degli Affari esteri, per sapere, premesso che:
gli organi di stampa hanno dato notizia che domenica 1° dicembre si è tenuto in Croazia un referendum sull’emendamento costituzionale che intende limitare l’istituto giuridico del matrimonio alle coppie eterosessuali;
sempre da organi di stampa si apprende che alle urne si è recato solo il 37,86% degli elettori. La maggioranza dei votanti, il 65,77%, si è espressa a favore del “sì “al quesito in cui si chiedeva: ”Vuoi definire il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna?”. Contro questa modifica costituzionale si è schierato invece il 33,62% dei votanti;
il 24 giugno 2013 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il documento n. 11492/13 recante “Gli orientamenti per la promozione e la tutela dell’esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)”;
sia l’Italia sia la Croazia sono membri del Consiglio d’Europa e sottoscrittori della Convenzione europea dei diritti umani. Da ultimo con la raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Consiglio dei Ministri agli stati membri è stata avanzata la richiesta di adottare misure per combattere la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere;
si chiede
al Ministro in indirizzo quali azioni intenda intraprendere per conto dell’Italia o di quali iniziative intenda farsi promotore presso altri Paesi al fine di verificare e garantire che i diritti umani in Croazia siano pienamente tutelati e che il referendum in questione, per quanto formalmente insindacabile da parte dell’Unione Europea, non risulti essere un espediente che nella sostanza mira ad aggirare gli standard democratici, di rispetto e di inclusione di tutti i cittadini – indipendentemente dal loro orientamento sessuale – che devono inderogabilmente caratterizzare tutti gli Stati membri.
Una risposta a “La Croazia parte male”
Non c’è possibilità che l’UE intervenga in materia quindi? Peccato, una delle mie speranze è che prima o poi – accerchiati quali siamo – prima o poi decidessero lì a Bruxelles e obbligassero anche noi ad entrare nel 21° secolo…