Antonio Polito si chiede oggi sul Corriere della Sera cui prodest l’orientamento, maturato dai vertici del gruppo Pd alla Camera che porterà alla sostituzione, in seno alla Commissione Affari Costituzionali, di un certo numero di parlamentari che hanno sull’Italicum posizioni differenti da quelle della maggioranza del gruppo. Salto a pié pari le considerazioni che motivano questo passo dal punto di vista dei regolamenti parlamentari, talora tortuosi. È il caso di considerare come questa sostituzione non leda in alcun modo la libertà del mandato parlamentare: si sta in Commissione su mandato e per designazione del proprio gruppo, si sta in Aula per mandato del popolo e nel superiore interesse della nazione.
Il punto più importante, però, è che questo avvicendamento, che riguarderebbe solo quei commissari che dichiarino di non volersi allineare alle tesi prevalenti nel gruppo, giova alla politica. E alla chiarezza che la politica dovrebbe sempre avere.
Uno degli elementi di questa chiarezza è che appartenere ad una comunità politica (cosa che non è imposta né dalle leggi né dai medici) implica l’accettazione di un certo numero di vincoli. Assicuro che non ho provato alcun piacere a votare contro la mozione Giachetti, che avevo firmato, attirandomi sberleffi ed invettive dei parlamentari Cinquestelle. L’ho fatto perché così aveva deciso la maggioranza del mio gruppo.
Da questo ritengo si possa comprendere come l’Italicum non sia la legge elettorale che io avrei preferito. Non la ritengo perfetta e quindi non ritengo eretici o miscredenti quelli a cui non piace. Ma è l’unica legge che abbiamo, dopo anni di cincischiamenti, di vorrei ma non posso, di autentiche vergogne. Ed è una legge che, proprio perché non piace del tutto a nessuno, è quella che meno dispiace a tutti. I miei colleghi della cosiddetta minoranza Pd, ritengono che la cancellazione dei capilista bloccati o l’apparentamento di secondo turno (che personalmente ritengo sciagurato) valgano il rischio di un ulteriore rinvio? Di un ritorno della politica italiana a quel pantano venefico e pericoloso da cui è testè uscita (confrontare per credere le vicende della riconferma di Napolitano e dell’elezione di Mattarella)?
Non sono d’accordo, ma non pretendo che tutti abbiano il mio parere. Si può legittimamente ritenere che i 101 di Prodi siano la quintessenza della dialettica politica. Secondo me sono invece il retaggio di una malattia dalla quale stiamo guarendo. Mi auguro che tutti noi parlamentari del Pd, indipendentemente dalle legittime opinioni diverse, sapremo mostrare al Paese un’immagine diversa. Giova a noi, giova all’Italia.