A spese dei furbi
Secondo le stime del Ministero dell’Economia, la voluntary disclosure, cioè la possibilità di far emergere capitali detenuti all’estero da contribuenti italiani che avevano finora eluso il fisco, porteranno nelle casse erariali circa 3miliardi e 800 milioni. Una cifra ragguardevole, che si spiega con la notevole adesione riscontrata dall’operazione. Come mai, atteso che le condizioni sono molto più penalizzanti di quanto non sia avvenuto in passato, per esempio con il recente maxicondono di Giulio Tremonti?
E’ semplice: gli accordi bilaterali con la Svizzera e il Vaticano, insieme alle più stringenti norme contro l’elusione che sono state e verranno approvate in ambito europeo e mondiale, ha indotto i furbi a fare buon viso a cattivo gioco, scegliendo un danno lieve oggi rispetto a quello più serio che sarebbe potuto occorrere in futuro.
Sarà poco suggestivo sul piano etico, ma questa capacità pratica dello Stato di colpire chi non gioca pulito vale più di cento proclami sull’esecranda evasione fiscale e mille giaculatorie sull’aumento del contante. Perché, al di là delle opposte e talora coesistenti demagogie (per cui incentivare la moneta elettronica permettendo di usare la carta di credito o di debito anche per piccoli pagamenti è un regalo alle banche e innalzare la soglia del contante è un regalo agli evasori) non c’è altra possibile strategie di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale se non quella di fare dello Stato e dei suoi poteri un deterrente credibile.
Se lo Stato parla molto e fa poco, se è una maoista tigre di carta, coloro che ne avranno la possibilità sceglieranno in buona parte di sottrarsi; se lo Stato parla magari un po’ meno ma agisce molto di più può ottenere i risultati ottenuti durante l’attività di questo Governo, che ha fatto registrare massimi storici non solo nel campo dell’accertamento, ma anche del recupero delle imposte evase.
Merito dell’Amministrazione finanziaria, naturalmente; al quale merito, tuttavia, penso abbia contribuito in modo significativo l’indicazione politica dell’Esecutivo, che va in direzione esattamente contraria a quanto vorrebbe una certa pubblicistica di parte. Questo è il Governo amico dei contribuenti sia perché riduce le tasse, sia perché stringe la morsa sugli evasori.
Vale lo stesso anche per i nuovi criteri di calcolo dell’Isee, l’indicatore di situazione economica equivalente. I criteri di calcolo sono stati riformulati, e la cosa ha creato maggior lavoro per l’Inps e per i patronati ed anche qualche lungaggine per i cittadini. In compenso, però, è stato stimato con precisione molto maggiore il bisogno autentico, quello per il quale è giusto e doveroso applicare detrazioni ed esenzioni.
Il fatto che le domande siano calate del 50% in regioni come Calabria e Campania non è lusinghiero per il Mezzogiorno. Anche ammettendo che una percentuale significativa dei rinunciatari sia stata scoraggiata dalle lungaggini di cui parlavo sopra, resta legittima l’inferenza che almeno un terzo di coloro che hanno usufruito di servizi a prezzi scontati o gratuitamente, lo abbia fatto senza che ve ne fossero le condizioni autentiche.
Non dobbiamo cedere, su questo terreno, alla tentazione dell’alibismo. E devono essere i cittadini delle regioni del sud, innanzitutto, a dire che questa peculiare declinazione dell’arte di arrangiarsi (e aggiungiamoci i finti braccianti e i falsi invalidi) non è solo un uso distorto del danaro che i contribuenti onesti versano allo Stato sottraendolo dal loro legittimo guadagno, ma anche una proditoria pugnalata alla schiena di chi ha bisogno sul serio, che potrà contare su risorse inferiori e inadeguate.
Lo voglio dire mentre il premier e il ministro dell’Economia studiano interventi non rinviabili contro la povertà diffusa: questi interventi sacrosanti devono essere posti in essere all’insegna della guerra ai furbi. Proprio la penuria delle risorse disponibili e l’impossibilità di gravare di ulteriore peso la fiscalità generale deve indurci al massimo rigore e alla massima trasparenza. Parafrasando Karl Marx, è il caso di dire “Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni. Quelli veri”.