E’ una di quelle albe che non ti puoi perdere, quelle da vedere, che non puoi abbandonare al sonno. Quanto tempo ci è voluto, quante vite abbiamo perso. E quanta vita, quanta felicità. Tutti chiedono se festeggeremo. Chi sa davvero come sarà quel momento. Votare oggi in aula e sentire poi la voce della Presidente, dietro di me, che dice: “La Camera approva”.
Uno di quegli istanti in cui c’è un prima, e poi – pausa – un dopo.
E’ tutto talmente enorme che è difficile anche pesarlo: lascia interdetti, immobili, sospesi. Ci siamo preparati per tanti anni a non vederla mai, quest’alba, che ora che è arrivata uno non sa nemmeno esattamente dove andare a cercare i sentimenti necessari: la scatola della gioia l’avevamo prudentemente sigillata per sempre e riaprirla adesso non sarà uno scherzo. E non parliamo della scatola dell’euforia: quella non c’è, dev’essere andata via con quelle cose che butti via per far ordine, tanto sai che non serviranno mai. Salvo poi pentirtene amaramente, un giorno.
Nonostante il lavoro e le speranze, nei nostri cuori si era radicata la possibilità che questa giornata avrebbe potuto non arrivare mai. Era l’unico modo per resistere, e continuare a vivere, nonostante tutto.
Penso ai ragazzi vittime dell’odio feroce dei coetanei nelle scuole; a quelli di noi che sono anziani e hanno vissuto per decenni con qualcuno che per la legge era un estraneo. Ai malati, per cui la vita davanti sarà un peso assai più lieve. E alle tante famiglie normali, al loro ordinario diritto alla felicità. Alla dignità dell’esistenza di ciascuno di noi, alla nostra libertà, all’uguaglianza davanti alla legge, alla nostra cittadinanza.
Alla tenacia di ognuno di noi. Al merito di esserci stati e di aver combattuto quel secondo di più necessario per avere la meglio su chi, con ogni mezzo, ha cercato di fare in modo che questo giorno non arrivasse mai. Credevo che il sentimento più vivo, oggi – avessi mai avuto la fortuna di viverla, questa giornata – sarebbe stato un senso di vittoria, di rivalsa. E invece no. Solo un po’ di stanchezza, di abbandono forse, e la certezza che il cammino non è ancora concluso.
E’ l’undici di maggio del duemilasedici. E’ un giorno importante.
Buon giorno.
Una risposta a “Buon giorno”
[…] L’avevo scritto ieri: […]