2 Novembre 2006
Si deve studiare l'evasione fiscale e non confonderla più con la ricchezza
Nella “sinistra e i ricchi” Piero Ostellino consiglia oggi sul Corriere a Fassino, impegnato a “recuperare il rapporto con i ceti produttivi”, di non confondere la ricchezza con l’evasione. Parrebbe un consiglio superfluo, invece non lo è, visti i risultati magri, molto magri in termini di efficacia comunicativa del governo di centrosinistra.
D’altronde per combattere l’evasione occorre conoscerla e, quindi, studiarla: Giacomo Vaciago sul Sole 24 ore pone correttamente l’attenzione su questo aspetto finora forse poco considerato.
E.M.
3 risposte a “Si deve studiare l'evasione fiscale e non confonderla più con la ricchezza”
Parole sante quelle di Ostellino sul Corriere di qualche giorno fa. Una cosa è essere ricchi, altra cosa è essere evasori. Per assurdo il ricco evade di meno, perchè dichiara. I maggiori evasori sono i finti poveri, quelli che usufruiranno della rimodulazione delle aliquote Irpef. Sono gli autonomi (non tutti è meglio precisarlo) che hanno la possibilità di non denunciare tutto quello che guadagnano poiché non controllati adeguatamente. Le tabelle sul reddito pubblicate recentemente parlano da sole: insegnanti che guadagnano più di gioiellieri, dentisti e architetti poco al di sopra della soglia di povertà. Essere ricchi non è un reato, evadere lo è invece tre volte: primo perchè si usufruisce di servizi (strade, scuole, ospedali) pagati da altri, secondo perchè si fa pagare più tasse a chi già le paga e infine perchè si ruba allo stato. Nella concezione che la sinistra dovrebbe avere della ricchezza, e che Ostellino ha segnalato a Fassino, i manifesti di
Rifondazione (tanto per intenderci quelli con scritto “Anche i ricchi piangano”) non hanno alcun senso. Sono lesivi dell’ immagine di una coalizione che dichiara di voler rappresentare tutti gli italiani.
La deriva classista, in una maggioranza precaria e afflitta da mille problemi, non può che rendere le cose ancora più difficili
La concezione della ricchezza come peccato ha trovato tanto spazio nella cultura cattolica così come nella sinistra, che stizza.
Siamo lontani anni luce dall'”etica protestante e lo spirito del capitalismo” teorizzata da Max Weber.
Ieri Renato Brunetta, una persona per la quale non nutro alcuna simpatia, nella trasmissione “Anno Zero” ha fatto un ragionamento interessante: nella concezione cattolica il denaro e la ricchezza sono visti quasi come un peccato, nella concezione protestante la visione della ricchezza e del lavoro per costruirla hanno una diversa connotazione. Secondo l’etica protestante chi aveva successo nel lavoro e negli affari era illuminato. L’analisi mi sembra condivisibile, che poi possa servire a giustificare l’evasione è un altro discorso