Sono napoletano per parte di madre, ho milioni di parenti a Napoli e dintorni. Mi sono laureato là, sono stato per anni tutti i giorni tutto il giorno a via Mezzocannone e piazze e vicarielli limitrofi. Amo Napoli visceralmente e la detesto con la medesima passione, la conosco e la vivo ogni minuto della mia giornata anche ora che vivo lontanissimo, è la parte di me che vorrei non aver mai avuto e quella che alla fine fa di me quello che sono davvero. Mi commuovo ogni volta che vedo il golfo affacciato dalle ringhiere di via Catullo e mi indigno con lo stesso calore quando vado ad Aversa da mia zia Mariolina e non vedo un filo d’erba che sia uno nel raggio di un chilometro, in un paesaggio degno della peggior Bombay. Ho letto “Gomorra” di Roberto Saviano sentendo nelle costole il dolore di una coltellata ad ogni pagina, il filo di metallo che entra nella carne della tuo stesso essere e ti butta in faccia le cose che sai da sempre ma che avevi deliberatamente ignorato per anni. Non molto tempo fa avevo letto anche “Napoli siamo noi” di Giorgio Bocca e la sensazione era stata non dissimile, ne avevo scritto anche sul blog e un sacco di amici e di conoscenti, napoletani e non, mi avevano dato in testa perché di fatto avevo scritto che Bocca aveva ragione. Eduardo de Filippo una volta disse che l’unica speranza era andar via da Napoli: fujitavenne, scappatevene, aveva detto. Io ho studiato per anni là, con un compagno di studi carissimo, straordinario, per metà francese e per metà napoletano sottospecie vesuviano. Studiavamo insime e insieme ci promettevamo ogni minuto che saremmo fuggiti, che saremmo andati via. Oggi io sono a Mosca, lui fa l’avvocato a Bologna. Mi ricordo benissimo di quando, dopo la laurea, io ero andato già via e lui faceva ancora il praticante a Napoli aspettando come tutto il resto del suo mondo di traslocare finalmente da Castel Capuano al Centro Direzionale e la torre del Centro Direzionale misteriosamente bruciò proprio poco prima che il tribunale traslocasse là. E Claudio che mi telefonò e mi disse che mentre vedeva le fiamme dell’incendio riprese in televisione pensava a quanti verbali di udienza erano stati scritti come in un suk usando la schiena sua o di un collega come punto d’appoggio e che più pensava e più non poteva fare a meno di trattenere le lacrime. E così anche Claudio andò via, prima a Ravenna, ora a Bologna. E io leggevo “Gomorra” qualche giorno fa, e ad ogni pagina mi tornavano in mente Claudio che piangeva davanti alla tivvù, e i fili d’erba che zia Mariolina non vedrà mai, e tutti gli amici che senza troppe speranze di farcela ancora vivono a Napoli. Una città meravigliosa dove la vita non è vita. Ne ho sentito parlare tantissimo per alcune settimane, ne ho letto sui siti e sui giornali, se ne è occupata la tivvù, ho letto dell’esercito da mandare in città, e poi ho letto che l’esercito non ci sarebbe più andato. E ora sono già settimane che spulcio i giornali e i siti e sono settimane che non leggo più nulla. La Campania l’abbiamo persa, la Sicilia pure, la Calabria non ne parliamo. Il governo della Repubblica Italiana non controlla un terzo del territorio del Paese e Dio solo sa quanta parte della sua economia. In un posto normale il governo non dovrebbe occuparsi d’altro, nel Regno Unito hanno un ministro che non si occupa che dell’Irlanda del Nord. Io non leggo più una riga su Napoli da almeno un mese. Sparita la camorra, ripulito il territorio o soltanto scopato i rifiuti sotto il tappeto? E, a proposito, Roberto Saviano che fa, come sta?
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
10 risposte a “Napoli”
Ho letto anche io “Gomorra”. Sono Siciliano. Con la “S” maiuscola perchè sono siciliano onesto figlio di gente onesta.
Quel libro è come un pugno in faccia alle voci ufficiali dello Stato Italiano. Le stesse situazioni ci sono anche più a sud di Napoli ma nessuno, prima di Saviano, aveva alzato il tappeto usato per decenni.
Post ispiratissimo, complimenti.
Ivan,
Saviano, pare viva nascosto. Almeno cosi’ ha detto in un’intervista rilasciata poco fa a El Pais (la sua foto stava in copertina della rivista “Domingo”).
In italia gli hanno dedicato qualche copertina?
Sono mezzo-romano e mezzo-abruzzese quello che mi hanno insegnato per quanto triste sia é che lo stato da Roma in giu’ non esiste, questo é.
E purtroppo si ripete sempre la solita storia.
C’é una buona parte del paese in cui lo Stato ha dato le dimissioni, é scomparso, si é dissolto. E la gente resta sola. Con la propria famiglia. Niente di piu’. Poi ci si lamenta dello spirito da “clan” italiano (tutto, il lavoro, la slaute, ruota attorno alla famiglia ed alla posizione dei famigliari, senza nessuna meritocrazia). Per forza. Chi senno’?
Temo (spero…) che la questione meridionale prima o poi finirà al vaglio del parlamento europeo, quando quel pezzo d’italia sarà definitivamente in cancrena, quando rischierà di espandersi (se non lo sta già facendo) al resto del territorio. Non riesco ad immaginare qualcosa di più triste e criminale di uno stato svuotato della sua legittimità e dei suoi poteri, ma non riesco proprio a sperare in una soluzione del problema da parte dell istituzioni, specie da quelle locali.
grazie di cuore, hai espresso perfettamente quanto io provi ogni volta che vedo la mia città tra i titoli di un TG…
oramai ci torno pochissimo, solo per le “feste comandate” perché ci sono i miei, ed è un tutto al cuore passeggiare per i quartieri o a San Gregorio, oppure affacciarmi da Posillipo, via Orazio…. non ho letto Saviano perché penso mi farebbe male, cosa può aver detto che io non conosca già?
Questo natale sarò ancora una volta giù, per pochi lunghissimi giorni, poi – fortunatamente – tornerò a Roma e cosi Napoli tornerà ad essere quella che è nel mio cuore.
Mi sono sempre sentito fortunato perchè ho trovato lavoro a Roma. Poi mio padre si è ammalato e io sono dovuto rimanere fuori a lavorare. La cancrena avvelena tutti, grandi e piccoli. Dopo un po’ ci si abituano e non si accorgono più di nulla.
Io, fortuna che me ne sono andato.
Io, che non ci voglio tornare.
Io, che ci soffro.
Ciao
.gz
Ho un’amica che vive e lavora a Napoli e direbbe le stesse cose, ogni giorno la ama e odia con tutta se stessa, non riesce ad abbandonarla. Io ho passato delle vacanze stupende in questa confusa e colorata città, è diventata una delle mie città preferite…come si dice “vedi Napoli e poi muori”, questa frase l’ho sempre pensata in positivo, ogni volta che si pronuncia il suo nome…i miei occhi languono.Spero di tornarci prestissimo.
ciao ivan,
io invece sono abruzzese. Dopo un periodo all’estero, qualche anno fa ho deciso di tornare in Italia, e volevo tornare il piu’ a sud possibile. La vivevo quasi come una missione. Uno dei posti possibili era Napoli. Ho fatto un colloquio. Ho vissuto li’ qualche mese, ma poi sono fuggita. Ho vissuto al vomero, il mio appartamento non pagava l’acqua: era attaccata alla rete comunale. La raccolta differenziata un’utopia. Il mio ragazzo straniero non riusciva a trovare lavoro. Forse sono stata sfortunata, ma non ho trovato quel mondo accogliente che mi aspettavo.
Quella torre che bruciava oggi è stata ricostruita e da settembre occupata, in alcuni piani, dalla sezione lavoro, sede del diritto del lavoro da qualche parte negato e nella “torre” difeso.
Ma non cambia niente! Anche nella torre ricostruita i verbali si devono scrivere sulle spalle dei colleghi.Poche sedie,pochissime scrivanie, niente confort minimi, soltanto, tanti, tanti,tanti armadi in cui ci sono tante tante carte nelle quali i diritti negati degli altri possono trovare accoglienza. E i diritti negati dei lavoratori della giustizia dove sono ascoltati?
Napoli dopo una sttimana non fa più notizia.