Battaglia dei tre ponti di Nassiriya,6 agosto 2004. Frammenti di dialogo tra i nostri militari in missione di pace:
(prendendo di mira la sagoma di un uomo a terra, probabilmente un nemico ferito): “Lo vedo da dentro il trigicon (mirino ndr): guarda quanto è bellino là a terra, lo vedi che muove la testa?”
“Guarda come si muove sto bastardo: Luca annichiliscilo”
“Dopo quella casa c’è uno che corre, annichiliscilo! Ma non sprecate munizioni”
“La casetta, ragazzi, è polverizzata”
“Annichilation…”
“Luca non paga più da bere. L’ha seccato. Annichilito. Bravo Luca!”
(Fonte: Il video della battaglia è disponibile su Rai News 24)
L’intervento delle forze armate italiane in Iraq è stato presentato come “Missione di pace” per scavalcare l’articolo 11 della Costituzione, di una chiarezza adamantina: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Perché non ammettere che “umanitaria”, “chirurgica”, “pacifica”, la guerra è sempre e soltanto una sospensione arbitraria del dominio dell’etica, cioè del riconoscimento dell’altro in quanto essere umano (e non bersaglio virtuale di un videogioco)? Forse ha ragione lo psicoanalista Hillman nel definire la guerra un organismo vivente che trascende i mezzi e gli scopi per cui è stata intrapresa, si autoreplica inglobando gli individui, che vivono l’ebbrezza di essere parte di un tutto sovrumano, divino. Diceva Re Lear: “Siamo per gli dèi come mosche per i monelli: ci uccidono per divertimento”
Gabriella Stanchina