Marco Simoni scrive oggi su One More Blog che in buona sostanza con la leggiucchia sui Dico (bruttino pure il nome) si è per sempre cristallizzata la discriminazione contro i gay e le lesbiche italiani e che se una legge così misera è tutto quello che abbiamo ottenuto la colpa non è certo a causa dell’arretratezza dell’Italia ma dell’incapacità dei dirigenti del movimento GLBT. “Io, – chiosa Marco – se fossi gay, chiederei immediatamente le dimissioni di tutti i dirigenti delle organizzazioni gay e lesbiche, per manifesto fallimento della loro missione.”
Per una volta non sono completamente d’accordo con l’analisi di Marco: secondo me anche il fatto che i prudentissimi dirigenti del nostro movimento gay abbiano potuto ottenere e mantenere le loro cariche è frutto dell’arretratezza dell’Italia. In un paese diverso chi si occupasse dei diritti di una minoranza in un modo talmente tiepido e spaurito da far pensare di essere più preoccupato della stabilità del proprio seggio parlamentare che dei diritti di chi rappresenta sarebbe defenestrato senza possibilità di appello. In un paese così, invece, ti becchi dirigenti così e alla fine ti tocca una legge così.
Detto questo, ha straragione Marco quando, tirando le somme, dice che tutti i dirigenti del movimento GLBT dovrebbero a questo punto avere la dignità di ammettere la sconfitta della loro strategia e togliere rapidamente il disturbo. “Se ci facciamo condizionare al punto di aver paura noi stessi di chiedere il riconoscimento dei nostri diritti, che speranza abbiamo che quella politica che sappiamo arretrata e antistorica ce li riconosca sua sponte?” scrivevo nel mese di settembre.
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5 risposte a “Almeno comprare il biglietto”
Condivido. E aggiungo che la situazione italiana risente pesantemente del fatto che per 3 decenni abbondanti le associazioni gay si sono poste fondamentalmente come dei portavoce e non come dei riferimenti concreti capaci di motivare la minoranza che rappresentavano. Faccio un esempio concreto (ne parlo anche su Babilonia del prossimo marzo): se nella televisione italiana qualcuno la spara grossa contro i gay le associazioni italiane insorgono e mandano una lettera formale in cui esprimono il loro sdegno, ecc. Se la stessa cosa capita negli Stati Uniti la GLAAD
( http://www.glaad.org/ ) interviene promuovendo una campagna in cui tutti i suoi soci sono tenuti ascrivere una lettera o esprimere il loro dissenso tramite una telefonata, magari coinvolgendo anche persone che non sono socie, rompendo le scatole in maniera improba all’emittente televisiva rea di dato spazio a interventi impropri o omofobi. Quale dei due approcci ha più senso? Quello dell’associazione italiana che si limita a mandare un comunicato ufficiale o quello della GLAAD che mobilita migliaia e migliaia di persone??? Per come la vedo io le associazioni gay italiane pensano troppo in politichese: fanno parlare i loro portavoce come se fossero dei partiti, ma non si preoccupano di stabilire un vero ponte con i loro tesserati o con chi presumonodi rappresentare, e come se non bastasse promuovono una cultura del compromesso e della “discrezione” che – come si è visto – ha dato dei frutti assai acerbi.
Saluti.
Sono assolutamente d’accordo con quanto dice Marco Simoni.
Se ci poniamo dal punto di vista del superamento della discriminazione e della negazione dei diritti alle persone omosessuali, l’unico aspetto positivo di questa proposta di legge è in quelle parole iniziali “Due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso,unite da reciproci vincoli affettivi” .
Perché è forse la prima volta che in una legge si usa una formula con cui si riconosce che gli omosessuali esistono e (udite, udite…) hanno persino una vita affettiva al pari degli eterosessuali.
Ma, sempre ponendosi dal punto di vista del superamento della discriminazione e della negazione dei diritti alle persone omosessuali, questo è tutto.
Questa legge infatti parla di tutt’altro. Si occupa di regolamentare le convivenze e di nient’altro.
Perfetto: era un problema da affrontare e lo hanno affrontato.
Ma che c’entra questo con l’uguaglianza tra eterosessuali e omosessuali? È tutto un altro problema…
La disuguaglianza c’era e c’è ancora. Punto.
Non è una questione di piccole dosi, di più o meno, di primi passi… La disuguaglianza non si misura a centimetri. O c’è o non c’è. E adesso, per assurdo, è anche codificata per legge.
Una legge (semmai si farà) che non risolve i problemi e ne crea solo.
Ma dico io: non piace ai gay, non piace alla sinistra, non piace alla Chiesa…sapendo di scontentare tutti potevano fare le cose come dio comanda,no?
Io le dimissioni a Sergio e Paola (segretari Arcigay e Arcilesbica) le ho chieste all’indomani del passo indietro nel programma dell’Unione. Quando si sono rinnegati i Pacs, per intenderci. La legge di oggi, a guardarla solo dal punto di vista delle coppie gay, è un’elemosina, una legge ottraiata e gentilmente concessa con la benedizione velata delle gerarchie vaticane.
Questa è una questione così complessa e dalle tante facce che ci sarebbe da discutere per ore. Faccio un esempio paradossale: io sono etero, e di questi Dico per le coppie etero forse non sento nemmeno troppo l’esigenza, nel senso che altre questioni le ritengo forse più urgenti. Al lmite una riduzione dei tempi del divorzio ad avvenuta separazione sarebbe stata una possibile alternativa. Se sostengo i Dico è principlamente perché così esisterebbe almeno una forma di unione cui possano accedere i gay, ingiustamente esclusi dalla vita sociale italiana in quanto coppie. Il paradosso nasce dal fatto che per gli stessi gay questa legge è pienamente insoddisfacente, probabilmente a ragione.
Quindi mi sono trovato ad aver difeso un progetto di legge che da un lato vale per tutti anche se non sono sicuro che sia necessario per tutti, e che dall’altro a quelli a cui credo che serva non va bene.
E allora forse non era meglio fare una battaglia per ottenere una forma giuridica tutta a parte per i gay e basta, magari con maggiori concessioni? Ma il vero problema, purtroppo, è l’Italia, non chi presiede le associazioni. In me è tuttora aperta una ferita infertamni dai miei compatrioti in occasione dei referendum per la fecondazione assistita. Cosa ho appurato: che tantissimi italiani sono finti moralisti, dei moarlisti che si rivelano tali solo per faccende che non li riguardano direttamente (da notare quali altri esiti ebbero i referendum su divorzio e aborto). Bene che ne posso dire è che sono totalmente indifferenti su certe questioni che riguardano altri.
Purtroppo questo è il nostro paese: possiamo cambiare politici, presidenti di associazioni, quello che ci pare, l’Italia questo è.