La descrizione in Wikipedia recita: <<…Al suo apice il rapporto ….degenerò nella molteplicità degli omaggi, contraddicendo la sua natura di legame tra … persone. Le cariche … oramai contavano più del legame e della dedizione a chi le conferiva. Quest'ultimo mirava a sua volta solo ad esigere il servizio …, e non a considerare il patto bilaterale. Dopo il generale allentamento del vincolo, rimanevano solo il potere ed il desiderio di ricchezza a connotarlo.>> e non si riferisce al sistema partitico italiano contemporaneo, bensì a quello feudale di vassalli, valvassori e valvassini. Anche se sembrano identici.
Il sistema partitico e politico italiano è una casta chiusa, autoreferenziale, che si autoalimenta e che si garantisce la sopravvivenza ricorrendo alla cooptazione o, almeno, crede di garantirsi la sopravvivenza.
Dopo decenni d’applicazione di un sistema proporzionale che aveva provocato la proliferazione di partiti e partitini e la micro frammentazione del panorama politico, il 18 aprile del 1993, in piena Tangentopoli, con un referendum il popolo italiano ha scelto un sistema elettorale misto a forte componente maggioritaria (75%) “corretta” dalla residua parte proporzionale del 25% (Legge Mattarella) dando il via alla formazione di un sistema politico suddiviso in due macro-aree di centro-destra e centro-sinistra
Il governo Berlusconi, però, sul finire della scorsa legislatura ha approvato la legge 270/2005 del 21 dicembre 2005, meglio nota come Porcellum, che ha, di fatto, reintrodotto il sistema proporzionale.
La soluzione del maggioritario è piaciuta perché non si vota il partito ma una faccia, il sistema delle preferenze è comprensibile da tutti, il candidato è votato, e quindi scelto, dagli elettori che sono in grado di comprendere anche gli eventuali “accordi di non belligeranza” sottintesi alla contrapposizione di un candidato debole a quello forte proposto dallo schieramento contrapposto.
Gli italiani hanno scelto un sistema misto maggioritario-proporzionale perché stanchi e stufi della frammentazione, perchè vogliono partiti di ampio respiro, forze politiche coese che formino governi stabili, che sappiano adempiere il loro dovere senza chiedere la fiducia a ogni piè sospinto.
Le ultime modifiche alla legge elettorale, invece, hanno fornito ampio margine d’azione nella scelta dei propri “vassalli” alla ristrettissima oligarchia politica nazionale; un parlamento composto quasi per intero da uomini, over 50, bianchi, coniugati, cattolici, eterosessuali in età da pensione che non rispecchia la composizione eterogenea della società né la rappresenta e nemmeno l’indovina.
I perpetui stanno paralizzando la vita politica del paese, hanno bloccato i meccanismi per il suo rinnovamento, sono invecchiati e, va da sé, diminuiti, finendo per essere spesso condizionati dai poteri forti dell’economia e della finanza.
Le sacche di sottorappresentanza sono tante e importanti tutte: le donne – per cui s’invocano da tempo le quote rosa – i giovani, gli immigrati, dall’Europa dell’est, africani, orientali e mediorientali, tutti coloro che hanno un differente orientamento sessuale, gli appartenenti ad altre religioni che non sia quella cattolica.
L’Italia è composta di tutti noi. Il nostro Parlamento no.
L’inclusività è un tema cardine da comprendere in una riforma elettorale che davvero serva a fertilizzare la vita politica italiana con l’humus di energie intense e risorse intonse.
Fuori dei partiti e dai loro apparati, fuori delle sezioni e dai convegni, molti italiani hanno continuato a dedicarsi alla politica, ma lo hanno fatto da carbonari; mille associazioni sono nate e cresciute ovunque e si sono plasmate sul territorio, un’immensa ricchezza e tanta passione politica sussurrata che ha scansato la vita politica ufficiale e gli apparati vissuti come pachidermici.
La politica deve restituire ai cittadini la rappresentanza che è stata loro tolta, senza perdere di vista la governabilità, le primarie devono diventare uno strumento essenziale per restituire democraticità ai meccanismi elettorali e per garantire l’accesso alla politica senza passare dai filtri degli organi di partito.
Ci sono bisogni profondi da ascoltare e una politica italiana tappata dai perpetui: stappiamola.
Una risposta a “Stappiamo la politica – Emanuela Marchiafava”
Ivan, nutro da tempo stima nei tuoi confronti, ma ti confesso che sono curiso di osservarti quando entrerai nella stanza dei bottoni o nel Transatlantico e di vedere, a differenza di tanti altri, se riuscirai a conservare le tue idee e modificare concretamente un tumore che invade da decenni quei luoghi. Non dico molto, almeno un po’.
Troppi in questi anni hanno cantato “farò la rivoluzione” e, poi, con qualche migliaia di euro fisse ogni mese, hanno abbandonato sogni e virtù per degradare in corruzione e lassismo.
Ti darò fiducia Ivan, davvero, ma non ridurti a promettere per poi deludere come tanti altri.