Ogni volta che sono in visita Italia mi chiedono se ho intenzione di tornare. La risposta è sempre la stessa: se il mondo della ricerca italiana non cambia radicalmente, è meglio stare all’estero.
Le cose che non vanno non si contano e sono state dette e ripetute per anni. In particolare fare ricerca è ancora più difficile per i giovani e per le donne. Ecco un fatto abbastanza significativo che spiega la situazione.
Il capo dell’astrofisica italiana si chiama Piero Benvenuti. Gestisce l’INAF (Istituto Nazionale Astrofisica Italiana, fondato nel 2003), che include 19 istituti di ricerca, sparsi in tutto il paese. Nel 2004 Benvenuti si e’ trovato a nominare ed eleggere, insieme al CdA ed altri illustri colleghi, il Cosiglio Scientifico. Dodici posizioni in tutto.
Una premessa: l’Italia è uno dei paesi che producono il maggior numero di scienziati donne in astrofisica al mondo. Uno si aspetta che di queste 12 posizioni, qualcuna venga assegnata a donne. Invece no, il primo Consiglio Scientifico della storia dell’INAF è composto da soli uomini.
Le astrofisiche italiane sono immediatamente insorte. Le proteste sono anche giunte da oltre oceano. La direttrice di un importante dipartimento di astrofisica americano, Meg Urry della Yale University, ha spedito una lettera ufficiale di protesta invitando Benvenuti e il CdA ad intervenire. Indovinate cosa succede. Non solo Benvenuti decide di ignorare la Urry, ma risponde alla lettera delle colleghe italiane dicendo, in pratica, che non è colpa sua se non ci sono donne disponibili in grando di ricoprire le posizioni del CS. Insomma non è il sistema che discrimina, ma sono le donne a non essere all’altezza.
Ma per la miseria! Ci doveva capitare uno scienziato totalmente sordo al problema delle discriminazioni! Ma che scienziato è? Fare scienza vuol dire intraprendere costamente viaggi in territori sconosciuti, per scorprire cose nuove e belle. E poi divulgarle per fare apprezzare a tutti i molteplici modi in cui la natura si manifesta. Insomma, uno scienziato dovrebbe essere per definizione una persona aperta. Come può uno scienziato non vedere quanto difficile è per una ricercatrice in Italia trovare spazio in posizioni di potere? Non suona stonato avere un Presidente, un Consiglio di Amministrazione e un Consiglio Scientifico composto da soli uomini?
Probabilmente Benvenuti non sa che se un fatto simile fosse successo negli USA, in Germania, in Francia, nel Regno Unito o un altro paese dove la ricerca è una componente importante della cresciata economica, non avrebbe avuto altra scelta che dimettersi. Probabilmente uno come lui non sarebbe il capo degli istituti di ricerca, tanto per cominciare. In Italia non solo succede che un politico (la Moratti) assegna un posto di manager scientifico ad un personaggio dal passato non esattamente illustre, ma quando quest’ultimo giustifica una indecenza del genere, ci si vergogna quasi a pensare che è accaduto qualcosa di grave. Ci sono problemi più seri in Italia. Che ci importa della
ricerca?
In risultato finale è che grazie a gente come Benvenuti (di cui l’Italia è piena), molti ricercatori italiani ogni anno lasciano il paese per sempre. Quindi teniamoci tutti i Benvenuti d’Italia, e con loro il problema delle ingiustizie sociali.
13 risposte a “La ricerca? Un affare per soli uomini – Sandra Savaglio”
post sacrosanto. Se poi aggiungiamo che, qualora non si trovasse posto nell’universita’, il dottorato di ricerca e’ valutato carta straccia dal mondo del privato, la frittata e’ fatta. Studiare paga? si’, ma in un altro paese…
Per completezza, Benvenuti si e’ effettivamente dimesso il 12 Aprile 2007, dopo ripetuti scioperi negli Osservatori INAF, le dimissioni del Consiglio di Amministrazione dell’Ente e i gravi dissesti a causa della voragine nel bilancio che aveva portato al momentaneo ritiro dell’Astrofisica Italiana da vari grandi progetti nazionali e internazionali.
Mi chiedo chi avesse nominato Benevenuti a capo dell’INAF. Dove hanno trovato una capo cosi’ capace? (gravi dissesti a causa della voragine nel bilancio, momentaneo ritiro dell’Astrofisica Italiana da vari grandi progetti nazionali e internazionali)
Dalla lettera della dottoressa Siviglio non riesco a dedurre due cose:
1. Perché il la percentuale di astrofisiche debba essere un criterio di selezione. Poniamo che di astrofisiche ce ne sono pochine, in generale (che so, il 5% del settore a livello globale) e l’Italia ne produce ben un 7%. Poniamo il caso che questo 7% rappresenti la crema del settore, oppure il peggio assoluto.
a. Nel primo caso, un consiglio d’amministrazione di un istituto di astrofisica dovrebbe essere composto (interamente?) da donne. Si potrebbe urlare alla discriminazione contro gli uomini.
b. Nel secondo caso, un consiglio d’amministrazione di un istituto di astrofisica dovrebbe essere composto (interamente?) da uomini. SI potrebbe urlare alla discriminazione contro le donne.
Naturalmente, presuppongo che non ci debba essere la benché minima pregiudiziale sul valutare i requisiti di una persona. Penso che un paio di seni (od un pene) non abbiano una qualsivoglia influenza sulla qualità della scienza che una persona produce (ma vedi Pinker in “tabula rasa”, (Mondadori 2004) per un’analisi più dettagliata).
2. Perché ci si debba basare su “stonature” e “cosa sia la scienza”. RItengo tali nozioni troppo astratte e vaghe e mi sorprende che una ricercatrice di una “scienza dura” invochi criteri che potrebbero risultare in qualche modo soggettivi*.
Penso che un discorso di ordinaria amministrazione sia più efficace: che si valutino le competenze ed le/i più capaci amministrino. Mi sembrerebbe quantomeno bizzarro porre qualcuno a ricoprire un incarico solo perché appartiene ad un determinato gruppo (donne, uomini, amici dei politici, sicofanti vari…) in quanto la valutazione sarebbe fatta su di un criterio ortogonale a quello ottimale per un simile ruolo: la competenza.
Chiaramente, discutere di ordinaria amministrazione in Italia è fuori luogo, ed infatti non sono sorpreso da quanto leggo.
Giusto due centesimi.
Fran
* Sono disponibilissimo ad espandere questo punto, non l’ho fatto per non appesantire l’argomento.
Se in Italia ci fosse meritocrazia non saremmo qui a fare questi discorsi, ma in Italia non c’è meritocrazia (e questo penalizza sia gli uomini che le donne), si avanza per altri motivi, soprattutto attraverso lobby e favori, e siccome gli uomini sono molto più bravi a fare lobby, le donne sono doppiamente penalizzate dalla mancanza di meritocrazia.
Il ragionamento della dottoressa credo che sia “se in tutti i consigli di enti di ricerca scientifica in astrofisica nel mondo sono presenti delle donne, e se in l’italia è un paese che produce una quota superiore alla media di astrofisici donna, com’è possibile che non ci sia neanche una donna nel consiglio del nostro ente di ricerca nazionale?”
Nel commento precedente si fa un discorso logico …. se fossimo in un paese con pari opportunità, ma non è così… basta guardarsi tutti gli indicatori sulle pari opportunità…. siamo quasi sempre in fondo, e quelli sono dati…oggettivi… quindi come dire… qualcuno che rema contro credo ci sia,no??
saluti
e*
Cara Sandra, tu fai riferimento a un principio-cardine delle società anglosassoni, quello della non discriminazione su base di genere di appartenenza. Un principio che fa il paio con il più vasto concetto di “non discriminazione per tutte le minoranze visibili”, che qui in Canada sono anche elencate: donne, nativi, non bianchi, handicappati.
Il sistema universitario italiano, nel 2007 dopo Cristo, non prevede ancora la branca degli Studi di genere. Quelli che, in Nord America, si chiamano Gender Studies e che si sono rivelati un po’ come il prezzemolo, almeno per i campi umanistici: qualunque disciplina umanistica può essere studiata attraverso le lenti dei Gender Studies, e la cosa interessante è che porta a rileggere la filosofia, la letteratura, la musica, il diritto, perfino le scienze politiche in modo originale, più completo e complesso. E’ anche grazie all’apporto dei Gender Studies che nel mondo anglosassone si è arrivati a un maggiore rispetto verso le donne e le persone con orientamento sessuale differente da quello della maggioranza.
Punto fondamentale dei GS è che esiste (più di) una differenza tra uomo e donna, ma non ne dovrebbe esistere alcuna a livello di opportunità che lo Stato deve offrire agli appartenenti dei due gruppi.
Il Nord America c’è arrivato da circa 15-20 anni. L’Italia, se mai ci arriverà, sarà tra 20 anni. Nel frattempo, per chi vive in questi anni, l’unica possibilità è l’estero. Lo Stivale è alle prese con un Medioevo postmoderno nel quale la Chiesa cattolica la fa da padrone e non ammette né critiche né cambiamenti. Alla fine perderanno, e mi auguro per sempre, ma il processo sarà davvero molto lento.
Avete visto l’ultima puntata di Anno Zero con il ministro Mussi? Cosa ne pensate delle nuove regole e dell’agenzia di valutazione della ricerca da lui proposti? funzioneranno davvero?
Il nodo centrale della trasmissione era il nepotismo, con l’incredibile vicenda del Policlinico di Bari, dove l’organigramma della facoltà di medicina è tutto un albero genealogico.
Perché qualcuno non si impegna a fare una proposta di legge che:
1) Vieti a persone legate da vincoli familiari di lavorare nello stesso dipartimento/istituto
2) Imponga a chi ha fatto il dottorato in un’università di spostarsi in un’altra per diventare ricercatore o professore (come succede negli USA, ma anche nella vicina Svizzera)
Due leggi semplici che secondo me migliorerebbero di molto la situazione, a costo zero per lo Stato.
È possibile proporre un referendum?
Ciao Estella,
Sulla bravura degli uomini a fare le lobby non saprei (…è empiricamente provato?), ma provo ad essere più chiaro:
1. Va eliminato un criterio di valutazione che sia non pertinente. Non riesco a trovare nessuna giustificazione né a chi giudica una qualsivoglia donna come meno competente perché donna, o politico, o etc.; né più competente in quanto donna, o politico, o etc.
Non penso che si possano risolvere i problemi di discriminazione alla radice (e.g. dire ad una bambina che è scema perché donna e quindi che cucinasse invece di sfruttare il suo cervello) mettendo donne, magari non all’altezza, ad un consiglio di amministrazione. Poi, il momento in cui uomini e donne hanno effettivamente pari opportunità di sviluppare i propri talenti, che chi sia capace vada avanti.
2. Se si elimina il lobbysmo e si mette un parametro utilitaristico, il merito (e la capacità di saper fare un certo compito), si possono avere risultati probabilmente migliori e dare pari opportunità: a prescindere dal sesso, colore, partito etc. chi sa coordinare delle attività va ad orgnaizzare attività. Nel caso specifico: che si azzeri il consiglio di amministrazione e si mettano le persone più competenti a svolgere tale mansione.
Se in Italia non si fa un passo avanti e si decide di usare il raziocinio invece che le casacche del partito, o della parrocchia, o quant’altro, beh, dubito che si possa ottenere risultati.. Personalmente, non vedo come una quota fissa )statica=(rosa, nera, rossa, azzurra…) possa rappresentare in maniera coerente una situazione variabile )dinamica).
Esperimento mentale: se in Italia adesso ci sono 12 eccellenti astrofisiche, ben oltre chiunque altro, una quota rosa fissa dovrebbe rimuovere sei di loro, con grave danno alla competività del paese in ambito astrofisico. Oltretutto, tale modo statico, di “spartizione delle poltrone”, mi sembra molto di destra, o quantomeno conservatore: non a caso, in Italia tutti i partiti hanno una lunga tradizione al merito…
Poi, intendiamoci, se nessuno pensa che la prima battaglia in Italia sia quella di passare ad un modo dinamico e logico di fare le cose, ritengo che la cricca di reazionari al potere (da 2000 anni) sia molto più abile a far valere le proprie ragioni.
Fran
ciao Paolo, sulla puntata di Anno Zero scrivero’ un pezzo a breve (aspetto di far maturare le sensazioni che ne ho avuto). rispondo brevemente a “2) Obbligo per l’avanzamento di carriera, di cambiare università. Quindi se fai il dottorato nell’università X, diventi ricercatore nell’università Y e professore nell’universià Z.”
perche’ non si fa la legge? semplicemente perche’ gia’ una legge che va nell’altra senso. L’ex ministro Berlinguer, gia’ parecchi anni fa rese molto -ma molto- difficile la vita per le carriere in “diagonale” (da X a Y e poi a Z, come citi tu e come si fa in Germania). Qualcuno dice che fu la solita legge fatta per blindare le posizioni di amici e parenti che cosi’ possono tranquillamente vivacchiare all’interno dello stesso dipartimento -dove si sono laureati, dottarati, abilitati, assunti- ed aspettare comodamente di divenire professori per semplici scatti di anzianita’. Ma sicuramente quel qualcuno e’ solamente troppo malizioso…
rispondo alla “1) Divieto per persone legate da vincoli di parentela di lavorare nello stesso gruppo di ricerca/dipartimento/istituto”.
Onestamente devo dirmi contrario all’idea. Se un pediatra vuole istruire suo figlio all’arte delle pediatria ben venga. Sono fatti suoi. Con concorso trasparente ed equi, il figlio del pediatra si troverebbe a meritarsi il posto. Sei il migliore? bene, ecco il posto. Sei figlio di un pediatra? ecchissenefrega. Oggi questa regola e’ disattesa *ovunque* in Italia. I concorsi puliti sono rari, molto rari. Ed e’ sulle spalle di quei rari genietti che grava la produzione scientifica nostrana (che mantengono torme di nullafacenti, associando a picchi eccezionali, abissi senza fondo).
C’e’ una regola e va fatta rispettare. E’ ora di finirla di cercare italianissime onorevoli soluzioni alternative per evitare di dover ricordare ai signori baroni che i cittadini sono tutti uguali e che nessuno e’ al di sopra della legge.
Qualche link interessante sulla recentissima e caldissima vicenda del protocollo firmata dal governo con microsoft per la creazione di tre presenti centri di ricerca:
http://www.softwarelibero.it/lassociazione-il-software-libero-offre-50-000-000-00-di-euro-al-governo
http://www.softwarelibero.it/il-bene-dellitalia-il-governo-ha-convinto-microsoft-passare-al-software-libero
http://www.softwarelibero.it/progetti/proposta_governo
Anche in questo caso c’e’ il buon Mussi, insieme a Nicolais…
Concordo in linea di massima con Filippo. Sul punto 2 proposto da Paolo (rippresa da Anno Zero): il paradosso è che per come stanno ora le cose i trasferimenti sono impossibili. Mettiamo che io sia ricercatore/professore con l’università X, per aver vinto un concorso “nazionale” che si presuppone neutrale (e quindi in linea di principio me lo dovrei essere meritato, annche se non sempre è così). Dopo qualche anno l’università Y mette sù un gruppo di lavoro eccellente nel mio campo specifico di ricerca. Provo a trasferirmi da X a Y perché ritengo che con le mie abilità sarei messo nella posizione di produrre al massimo delle mie potenzialità. L’università Y è pronta ad accogliermi. L’università X mette il veto al mio trasferimento (può farlo quando vuole, anche per tutta la mia carriera). Cosa faccio? Sono bloccato dove ho vinto il concorso, e ciò varrebbe anche se la mia università smettesse totalmente di impegnare risorse nel mio campo di ricerca, riducendo così enormemente la mia capacità di contribuire alla ricerca in questo paese.
Soluzione allternativa? Passa del tempo e l’università Y bandisce un concorso per un posto, mettiamo di pari mio livello ricercatore/professore, nel settore di ricerca che io occupo in X. A questo punto logica vorrebbe che io possa almeno tentare di entrare in Y con regolare concorso, ed in caso io mi dimostri migliore degli altri di poter prendere il posto in Y con regolare concorso per poter lasciare l’uniersità X. Ebbene, sapete cosa dice la legge? Che se si tratta dello stesso settore, mi è VIETATO partecipare a quel concorso. Considerando il grado di specializzazione odierna è quasi impossibile che io abbia le qualifiche per tentare di vincere il concorso in un altro settore.
Tutto ciò si traduce nel fatto che se io entro per concorso nell’università X, questa ha la facoltà di tenermi vincolato a sé per tutta la mia carriera universitaria, se lo vuole e non vuole conncedermi il trasferimento. A prescindere da cosa sia meglio per me come ricercatore. Questo fatto da solo può ridurre drasticamente la potenzialità produttive di molti ricercatori.
Qui non si tratta di rendere obbligatorio spostarsi, magari fossimo a quel punto. Qui si tratta prima di tutto di rimuovere la condanna alla non mobilità.
Sul punto 1 penso che la legge già preveda che nelle commissioni non ci possano essere familiari di uno dei candidati (o viceversa, se volete). Al solito, basterebbe rendere trasparenti le norme concorsuali per risolvere la faccenda. Ma è anche un fatto di cultura. All’estero di norma se hai un genitore nel luogo X, fai di tutto per andartene a Y, perché ambisci ad avere una carriera indipendente e riconosciuta come tale. Comunque nella mia materia va detto che quasi tutti i figli di prof che conobbi al tempo del corso di laurea se ne sono subito andati all’estero, almeno per starci un bel po’. Alcuni ci sono rimasti.
Un prof americano che conosco ha tre figli professori in tre stati diversi d’America, in materie anche diverse. Immagino che se lo siano meritato. Ma hanno scelto loro di fare carriera altrove, nessuno glielo impose.
si questa cosa dei trasferimenti è veramente Vergognosa… ed il bello che anche se lo fai da assegnista rischi di offendere baroni e baronetti.
W l’autonomia delle università… ma che sia anche economica e burocratica… se un ateneo vuol fare concorsi che li faccia pure ma non obblighi tutti gli altri atenei a questa idiozia del concorso pubblico.
Mi chiedo quale valore/etica-politica si possa avere (penso a Mussi) per mantenere questa modalità di accesso alle università.
Vorrei far provare al Sig. Mussi l’UMILIANTE COMPARSATA che si deve sostenere tutte le volte che ci si reca ad un concorso dove ti accorgi subito che sei il cretino di turno.
VERGOGNA