La polizia cinese ha costretto gli organizzatori del primo Festival Culturale degli Omosessuali a cancellare l’ evento, che sarebbe dovuto iniziare oggi e proseguire fino a domenica prossima.
Lo affermano gli organizzatori uno dei quali ha affermato che due sono state le motivazioni addotte dalla pubblica sicurezza: in primo luogo, l’autorizzazione non era stata chiesta; inoltre, il locale scelto per la festa d’inaugurazione era troppo piccolo e portarci un alto numero di persone sarebbe stato pericoloso. Gli organizzatori affermano di ”non spiegarsi” l’ atteggiamento delle autorita’ che, comunque,ritengono sia un atto di ”discriminazione”.
Il Festival di Pechino sarebbe stato il primo di questo genere a svolgersi in Cina.
Dal 2001 l ‘omosessualita’ e’ stata cancellata dalla liste delle ”malattie mentali”. Articoli sull’ argomento sono usciti con frequenza sulla stampa cinese negli ultimi anni, in una delle manifestazioni della nascita di un’ opinione pubblica liberale in fatto di costumi sessuali e, piu’ in generale, di abitudini
individuali. Quest’ anno, l’ Universita’ Fudan di Shanghai ha inaugurato dei corsi sull’ omosessualita’ nei quali si cerca di guardare con occhio critico i pregiudizi diffusi nella societa’ cinese.
(Fonte: Gaynews.it, 16 dicembre 2005)
Il tentativo di organizzare un Festival omosessuale in Cina non è, come saremmo portati a pensare noi europei, un “sano prodotto della colonizzazione culturale occidentale”. La sua repressione (speriamo temporanea) piuttosto deve molto all’influsso culturale occidentale. La cultura classica cinese ci ha regalato due fra le metafore più delicate per indicare l’amore tra uomini: la “passione della manica tagliata” (dùanxìu zhī pì) e la “passione del morso della pesca” (fēntáo). La prima risale alla storia d’amore tra l’imperatore Ai della dinastia Han e il suo adorato concubino DongXian. Un mattino Dongxian si era addormentato sulla manica del prezioso vestito dell’Imperatore, e questi preferì tagliarla piuttosto che svegliare l’amato. La seconda rimanda a un aneddoto risalente alla dinastia Zhou (500 a.C.), quando il duca Ling di Wei fu commosso dal gesto di Mizi Xia, il suo Gran Maestro e favorito, che in una sera d’estate, dopo aver assaggiato una pesca particolarmente dolce, se ne privò per donarla all’amato. E’ dimostrato che quasi ogni imperatore della dinastia ha avuto uno o più concubini maschili. Ne restano importanti tracce nelle stampe e nei dipinti su seta. L’amore omosessuale tra donne è ben rappresentato nell’opera contemporanea della scrittrice Shan Sa, “Imperatrice” (Ed. Bompiani) che ricostruisce storicamente la vita e gli amori a corte durante il regno dell’unica imperatrice cinese della storia, Wu Zetiang. E’ solo con l’avvento della cultura occidentale impregnata di Cristianesimo che l’omosessualità, non considerata in sé un peccato da nessuna delle tre filosofie ufficiali della Cina, Confucianesimo, Taoismo e Buddismo, diviene colpa sanzionata dalla legge. L’apice delle persecuzioni si raggiunge con la Rivoluzione culturale maoista. L’omosessualità è considerata paradossalmente un prodotto deviato dell’occidentalizzazione. Ricorda la scrittrice Yang Erche Namu: “Mentre passeggiavo per le strade di Pechino con i miei compagni di scuola vidi un grande cartellone con la fotografia di due giovani uomini, con sotto elencati il nome, l’età, dove erano cresciuti, e per ultimo, le parole “criminali omosessuali”. I due elenchi erano stati depennati con un segno rosso. Chiesi al mio insegnante che significato avesse tutto ciò e lui rispose che i due uomini erano stati giustiziati. Mi sentii raggelare”. La sodomia è stata depenalizzata nel 1997. Oggi il governo oscilla tra tolleranza e apertura e improvvise chiusure, agendo secondo la teoria dei “tre non”: non approvare, non disapprovare, non promuovere”. Almeno nelle zone più liberali, come a Shanghai, esistono locali di ritrovo gay e lesbico, e l’argomento è ormai affrontato seriamente e senza censure anche in ambito accademico. E’ significativo che il termine per indicare comunemente i gay, tóngzhì, non sia altro che il termine “compagno” (nell’accezione comunista), che fino agli anni ’80 doveva essere posposto a ogni nome di persona. Vendette del linguaggio. Altri termini sono “anguilla gialla” e “anatra” (in riferimento all’anatra mandarina, famosa per la sua fedeltà e devozione a vita per il proprio partner). La studiosa Li Yinhe si è rivolta direttamente al massimo organo legislativo della Repubblica popolare, l’Assemblea nazionale popolare, nel 2001 e poi, nel 2004, per proporre la “Legalizzazione del matrimonio cinese omosessuale” e la “Proposta di legge per il matrimonio omosessuale cinese”. L’operazione non è riuscita, ma in fondo in Italia non è neppure stata tentata…Speriamo che omosessuali e lesbiche, in Cina come nel nostro paese, possano presto godere del diritto alle unioni civili che è da oggi garantito nel Regno Unito ed essere, come si dice ai futuri sposi, “come anatre mandarine nella rugiada”.
Gabriella Stanchina