Ho letto con un misto di angoscia, rabbia e profonda frustrazione l’articolo di Giuseppe Caporale su Repubblica di oggi che racconta delle nozze in articulo mortis celebrate al Celio tra un incosciente e morente soldato, Lorenzo D’Auria, e Francesca, la sua compagna. Il cappellano che ha celebrato ha detto: “Ho percepito la sua volontà, ed è stato sufficiente” e la mamma del povero Lorenzo ha ribadito che ”Sì, si volevano sposare, ne parlavano sempre”.
Ora, io non vorrei mettere in dubbio le percezioni di Don Epifanio né la parola della Signora D’Auria eppure devo dire che ho trovato veramente tremendo il fatto che due persone come Lorenzo e Francesca che hanno vissuto insieme per ben sei anni, facendo peraltro tre figli, senza mai decidere liberamente di sposarsi lo abbiano fatto ora, in questa singolare e terribile maniera.
Sarò senz’altro io che penso male, ma a me questa pare soltanto un’ulteriore affilatissima violenza fatta ad una coppia di cittadini che fino a pochi giorni fa erano liberi e consapevoli di fare o non fare ciò che credevano del loro amore e che oggi non sono più consapevoli (almeno Lorenzo non lo è) e alla fine nemmeno più liberi. Sarò io che penso male, insomma, ma a me pare che questo matrimonio senza espressione di volontà sia stato organizzato semplicemente per evitare a Francesca quell’incubo assurdo che ha travolto Adele Parrillo dalla morte del suo Stefano a Nassirya.
Questo è il nostro paese, un paese prigioniero della religione e delle sue ipocrisie, dove la volontà di un cittadino adulto, il povero Lorenzo, può essere calpestata due volte: la prima non riconoscendo a lui e alla sua compagna la legittimità della scelta di essere una famiglia senza dover per forza contrarre matrimonio e la seconda costringendolo a sposarsi passando attraverso le ispirazioni extrasensoriali di un sacerdote e le pietose ricostruzioni fatte dalla memoria di una nonna distrutta dal dolore e dalla preoccupazione per i suoi tre nipotini.
La sensazione è quella di essere non cittadini ma sudditi proni di un paese che ci tratta come povere marionette, dove quello stesso governo che non invita Adele Parrillo ai funerali del suo uomo ed è incapace di fare uno straccio di legge per le coppie di fatto, mobilita il ministro della difesa in persona (così scrive Repubblica) per far pervenire con la massima efficienza all’ospedale tutta la documentazione per celebrare un matrimonio fantoccio e inesistente.
Un paese ipocrita dove la dignità di una famiglia dipende da un rito solo formale fatto compiere ad un uomo che non può controllare se stesso; dove la mia amica Adele deve oggi rimpiangere che il suo Stefano sia morto sul colpo invece di esserle restituito esanime ma biologicamente vivo, intubato e incosciente ma biologicamente vivo anche soltanto per qualche minuto: il tempo necessario a un sacerdote, non un pubblico ufficiale ma un ministro di un culto, di riconoscerle pieni diritti di cittadinanza di questa Repubblica, in nome, sono costretto a desumere, del Papa Re.
32 risposte a “Sudditi del Papa Re”
Sono un po’ scettico su questo modo di vedere, ma lo capisco. Visto l’episodio da un’angolazione leggermente diversa, metterei in rilievo il paradosso di due persone, coppia e famiglia di fatto, con ben tre figli, che hanno sempre deciso di rimandare il loro matrimonio (a quando? A tempi migliori? A situazioni finanziarie più idonee? Non è dato saperlo…) ma abbiano deciso di farlo ora, in questa situazione tragica. La vera domanda è: perché prima no e ora si?
Credo che l’esperienza di Adele Parrillo abbia consigliato questo atto. Considerando la fredda burocrazia italiana, che spesso diventa indifferenza, hanno trovato la soluzione per evitare lo strazio a cui è stata (ed è) costretta Adele.
Circa il matrimonio, personalmente ho trovato molto interessante la distinzione fatta da un blogger americano in questo post http://scienceblogs.com/goodmath/2007/08/a_bid_to_shut_up_the_religious.php (paragrafo 3°):
“Marriage is really two different things which have gotten mushed together: a legal contract recognizing a certain legal relationship between two people; and a declaration (possibly endorsed by a religion, possibly not) recognizing a certain personal relationship between two people. Just as it is involved in enforcing all other kinds of legal contracts, the government has a good reason for being involved in the former. But it has absolutely no right and no justification for being involved in the latter.”
Credo che se i due aspetti del matrimonio fossero chiaramente distinti, questa distinzione divenisse patrimonio del senso comune e infine incorporata nell’ordinamento statuale i problemi degli omosessuali, delle coppie di fatto, ecc. si risolverebbero.
A mio avviso, dopo questo ulteriore caso, dovremmo elaborare qualche iniziativa in favore dei diritti non riconosciuti ad Adele (e, chiaramente, di tutte le persone non disposte ad accettare la “scorciatoia” dell’articulo mortis).
Buona domenica a tutti.
E’ stato fatto tutto esattamente per fare avere alla ‘futura’ vedova quello che Adele non avrà mai.
Soprattutto perchè qui ci sono pure tre bimbi piccolissimi.
Lo stesso padre del militare lo ha ammesso.
Non mi riesce di dare giudizi, perchè il cervello già mi si annebbia a vedere la faccia aperta di quel ragazzo nelle foto sui giornali.
Lo so che avevo scelto lui, di fare ‘sta vita, ma nonostante la divisa e la posa, a me sembra un ragazzino che voleva solo giocare ai soldati.
la cosa é davvero grave. in italia fuori dal matrimonio non v’é diritto per le coppie.
come dice kharl l’esperienza di Adele Parillo ha spinto a fare cosi. lo hanno fatto per puro pragmatismo.
per i figli , per questioni di sucessione e piu’ semplicmente perché se non sei sposato
la tua vita coppia non é riconosciuta. e parliamo solo di coppie eterosessuali accettate dalla chiesa.
e se lorenzo fosse stato innamorato di francesco?
non ci sarebbe stato nessuno tipo di matrimonio a salvarli dall’inferno del vuoto giuridico.
tutto questo in nome di che? di cosa?
delle famiglie.
avete capito? la famiglie!
ma se i gioverni fino ad ora sono stati assolutamente incapaci di elaborare uno straccio di politica famigliare!
ripeto ci sono paesi come la Francia dove a fianco di forti politiche di sostegno alla famiglia (assolutamente inesistenti da noi) esiste una legislazione sulle coppie di fatto. ed una non pregiudica l’altra, come volgiono far credere alcuni.
invece nel caso italiano al vuoto giuridico sulle coppe di fatto si assoccia un buco nero sulle politiche famigliari ( in nome della tutela delle quali, teoricamente, non si ammette nessun tipo di riconoscimento di coppia di fatto)
la botta piena e la moglie ubrica insomma . viva l’italia. viva il coraggio della nostra geniale classe politica.
come riescono a conseguire risultati cosi’ fallimentari solo loro lo sanno.
Filippo, grazie. Le tue parole, unite a quelle di Ivan, sono la sintesi del mio pensiero.
Io prima di commentare la notizia, dovrei smettere di vomitare. La penso esattamente come Ivan, cosa che ormai è una specie di rarità.
Caro Ivan,
Concordo pienamente con Sciltian, questo tuo post è apprezzabile per l’obiettività, la chiarezza ma anche per la delicatezza nei confronti di queste due vedove ‘illegali’, trattate in modo tanto diverso.
Eppure a me, che non ho la tua delicatezza, piace pensare che se anche Adele avesse avuto questa possibilità non si sarebbe piegata, avrebbe scelto ugualmente di lottare.
Chiaramente, nessuno può pensare di prendersela con una povera famiglia che ha accettato di piegarsi ad una farsa dal punto di vista giuridico e ad una bestemmia dal punto di vista religioso, qual è il matrimonio tra una viva e un morto.
Ciò che mi disgusta è un ordinamento giudiziario come il nostro, che tollera simili mostruosità e quasi obbliga chi non ha sufficienti mezzi a sottoporsi a simili forche caudine.
Non riesco a non pensare che alla compagna di un uomo che ha perso la vita per il proprio Paese si sarebbe potuto e dovuto offrire un trattamento più onorevole, più decoroso, più umano.
La notizia (orribile!) delle nozze in articulo mortis fa il paio con quanto ha dichiarato oggi Marco Pannella durante il Comitato di Radicali Italiani:
“Fanno letteralmente schifo, lo dico per rispetto profondo della mia e altrui religiosità” ha detto Pannella riferendosi alle disposizioni date dalle gerarchie cattoliche che hanno invitato “preti e religiosi” a non partecipare alle manifestazioni in corso in Birmania “mentre decine di migliaia di monaci poveri, che a piedi scalzi – loro – manifestano, condividendo francescanamente lo scandalo della povertà del popolo birmano, spartendo con esso il pane della pace e della giustizia.”
Un uomo sta morendo, la sua donna e i suoi figli non sarebbero altrettanto tutelati se non vi fosse un matrimonio, soprattutto la moglie si troverebbe nella condizione di non poter usufruire della reversibilita’ della pensione, o della possibilita’ di riscattare il premio di un eventuale polizza vita.
E’ inutile nascondersi dietro a un dito, chiunque di fronte a questa situazione, con la legislazione italiana attuale, avrebbe consigliato quello che e’ avvenuto.
Che poi abbiano scelto un rito religioso piuttosto che uno civile, personalmente penso che siano scelte personali non sindacabili: non credo che nessuno abbia imposto questa scelta. Se fossero stati laici e lui avesse espresso in vita la volonta’ di non sposarsi mai in chiesa, la scelta sarebbe stata diversa.
Magari erano cattolici non praticanti, magari davvero si parlava di matrimonio da un po’ e si rimandava, magari davanti ad un evento terribile e drammatico come la morte dell’uomo che ami e con cui hai condiviso gran parte della vita ti riavvicini a dio e decidi di condividere con lui l’ultimo momento insieme.
Benche’ anch’io convivente e sostenitrice dei pacs, non ritengo opportuno oggi criticare questa storia, ma solo rispettarla.
solo un opinione
rob
La storia, il loro dolore merita rispetto. Per me hanno fatto benissimo a compiere quel gesto, per tutelare la compagna ed i figli. Ma trovo VERGOGNOSO che in un paese che vuole chiamarsi civile, sia stato necessario compierlo!
Ed è questo che dovremo cercare di cambiare.. quoto Valter.
Il fatto invece che il diritto canonico preveda tale articolo non mi meraviglia affatto, ricordo dai tempi dell’università (è uno degli esami che ho dato) quanto siano anacronistici ed assurdi certi suoi articoli!!!
Caro Ivan,
innanzi tutto ti ringrazio per il post. Come puoi immaginare questa vicenda mi sta procurando altre ferite rispetto a quelle che di sicuro non si saneranno mai.
Ti confesso che non riesco nemmeno ad elaborare con serenità un commento che possa descrivere compiutamente il mio stato d’animo. Tu però hai centrato con la solita acutezza qual è la situazione nel nostro Paese in tema di diritti.
Purtroppo Adele Parrillo viene continuamente ricordata per quello che “non ha ottenuto”, mentre mi piacerebbe che un giorno qualcuno potesse leggere il mio nome associato ad un diritto finalmente riconosciuto.
Un grazie infine a tutti coloro che hanno pensato a me nei loro commenti.
Adele
ma se non conosci nemmeno il diritto canonico perchè parli? Che rabbia l’ignoranza…
Capisco che sia possibile celebrare un matrimonio religioso senza consenso, ma che abbia anche validità civile lo trovo preoccupante.
Credo che non sia giusto aver trascurato il commento di Teo, il primissimo. E’ interessante di una certa mentalità: “Ma perché quei due non si sono sposati???”
La risposta a questa domanda, in una democrazia liberale, sarebbe: “Fatti gli affari tuoi!”
Purtroppo, invece, tale domanda non desta scandalo in Italia, la patria degli inquisitori, in cui anche lo Stato ama rivestire i panni dell’impiccione onnipotente: vuole sindacare sulle tue scelte di vita, decidere chi può curarti quando sei malato e chi può assistere alla tua morte o al tuo funerale, persino chi è figlio legittimo, santificato dal matrimonio e chi è un bastardo, solo tollerato dalla Legge ma colpito da minori diritti.
E va detto che non tutte le coppie (persino quelle eterosessuali, cioè di serie A) possono sposarsi quando e come vogliono: se per un divorzio in media ci vogliono sette-dieci anni, è chiaro che in questo periodo di tempo si fa benissimo a tempo a rifarsi una vita con un nuovo partner, con cui però si metteranno al mondo figli che saranno illegittimi per colpa dello Stato e con la benedizione della Chiesa.
Lorenzo scrive: …anche lo Stato ama rivestire i panni dell’impiccione onnipotente: vuole sindacare sulle tue scelte di vita
E’ assolutamente vero!. Se posso portare un piccolo esempio: ho vinto un concorso per il Ministero delle Politiche Agricole 3 anni fa e mi hanno sbattuto a oltre 600 km di distanza dalla mia residenza. Vorrei tornare a casa, ma ci si dovrebbe poter trasferire solo attraverso i bandi di mobilità (ma sullo schifo che in verità accade stendo un pietoso velo…), bandi dove la graduatoria viene stilata in base a punteggi attribuiti sulla condizione di famiglia. Vedo dal bando:
– Ricongiungimento al coniuge: 12 punti
– Ricongiungimento ai figli minori se celibe, nubile,vedovo, ecc…: 12 punti
– Ricongiungimento al coniuge DI FATTO, IN PRESENZA DI FIGLI: 12 punti
– Per altri casi (assistenza a parenti, ecc…) i punteggi sono estremamente più bassi (4).
Innanzi tutto immagino che l’introduzione della clausola per il “coniuge di fatto” abbia fatto “inorgoglire” i relatori di questa presa in giro: infatti si sono puliti la coscienza inserendo la clausola e dimostrando di essere sensibili al problema, ma di fatto attribuiscono punteggio solo se contemporaneamente si hanno figli, punteggio che verrebbe dato lo stesso a chi non è sposato ed ha figli! La presenza di figli non è però assolutamente richiesta per il riavvicinamento al coniuge “tradizionale” (sò sempre 12 punti!).
Ora, comprendo le esigenze sacrosante di chi ha famiglia e figli, ma io che sto con il mio compagno da ben 7 anni e sento di aver formato con lui una famiglia in tutto e per tutto, mi devo vedere ad ogni bando preceduto in graduatoria da una mucchio di persone che saturano tutti i posti disponibili e mi lasciano puntualmente al palo. Non voglio marcire qui.
Lo Stato mi dice che se voglio avere diritto al trasferimento devo regolarizzare la mia situazione, trovarmi una ragazza e sposarmi, o fare con lei un figlio… MA SARANNO CAZZI MIEI? Sono completamente d’accordo con Ivan e la possiblità di SPOSARMI CIVILMENTE a questo punto LA PRETENDO ANCHE IO!!!
Adele (e gli altri) mi farebbe piacere leggeste il post che mi ha ispirato questa vicenda: http://www.anellidifumo.ilcannocchiale.it/post/1631301.html
dove metto a confronto le legislazioni di Canada e Italia sul tema del riconoscimento delle coppie/famiglie.
per gigi: non credo, anzi sono certo, che Ivan e con lui chi gli è d’accordo, abbiano bisogno del mio patrocinio. Vorrei tuttavia soltanto farti notare che qui non si protesta per il fatto che il Moribondo e la sua Compagna si siano sposati in articulo mortis. La critica è sul fatto che si sia stati costretti a farli sposare, per assistere lei e i suoi pulcini.
Rebus sic stantibus, hanno fatto bene. Il triste è che res stant sic!
Scusa, ma che c’azzecca il diritto canonico? Se avessero celebrato un matrimonio civile, come unica strada per salvare i diritti di lei e dei suoi piccoli, sostanzialmente non sarebbe cambiato nulla (esiste il matrimonio civile in articulo mortis?). Il fatto grave è che questi due si amavano, e hanno avuto dei figli. E non avevano ritenuto (fatti loro!) di sposarsi, nemmeno civilmente.
Possibile che, in un paese civile, sti due non fossero considerati FAMIGLIA, fino a benedizione del sindaco o, se vuoi, del prete?
Kapito il punto?
Sono d’accrdo con Robertina. Le famiglie dei due giovani Lorenzo e Francesca hanno consentito questo matrimonio (che chiamerei farsa in altre circostanze, ma non in questa) per tutelare la vedova e soprattutto i bambini. Un caduto in servizio lascia dolore e rabbia, ma almeno i bambini avranno diritto ad una assistenza economica fino ai 18 anni, la vedova avrà diritto ad una discreta pensione. Se non si unissero in matrimonio, farebbero la fame a vita, poveri bambini e povera donna. Davanti agli sprechi denunciati dal libro “la casta”, da Grillo e da tanti giornali, un aiuto economico a degli orfani mi sembra meriti rispetto. E’ l’occasione giusta per riparlare delle convivenze lunghe e delle convivenze con figli. Perchè questi ragazzi non avrebbero diritto all’assistenza pur essendo stati riconosciuti dal padre ?
Ciriolina, il problema e’ proprio che non si capisce perche’ per poter riconoscere diritti a questi bambini si debba fare questa medievale sceneggiata a cui il governo italiano, nella persona del ministro della difesa, volentieri si presta.
Basterebbe una normale e civile legge sulle famiglie di fatto (alla quale il governo italiano chiaramente non si presta).
Io leggo e provo a riflettere su quanto scrivete, ma vi giuro che non riesco proprio a capirvi. State facendo una tempesta di un problema che in realtà NON esiste: vorrei farvi una domanda semplice semplice, rivolta a tutte le coppie eterosessuali (perchè è di questo che si parla in questo post) che si stanno spendendo a favore di una legge sui Pacs: perchè non vi sposate? Perchè, se desiderate tanto veder riconosciuti diritti e doveri del vostro status “di coppia” non utilizzate lo strumento più semplice e adatto allo scopo e cioè il matrimonio? Perchè, se pensate davvero che la vostra condizione sia offesa e discriminata, non riflettete sul fatto che NESSUNO vi obbliga a convivere senza sposarvi (e nemmeno, per converso, a sposarvi)? Il paradosso di questi ultimi anni è proprio questo: coloro che per anni si sono battuti contro lo stato “impiccione” e hanno RIFIUTATO l’istituto del matrimonio in nome della libera convivenza ora chiedono, anzi pretendono che la loro scelta di amarsi “di fatto” venga perlappunto regolata dallo stato stesso. A differenza delle coppie omosessuali, che comunque non dispongono di strumenti giuridici “ad hoc” (sebbene con un semplice contratto di diritto privato potrebbero risolvere tutto) per regolare la loro convivenza, le coppie eterosessuali già POSSONO farlo, ma in una sorta di cortocircuito emotivo si avventurano in un labirinto di richieste assurde. Non amate le formalità del matrimonio? Nessuno vi obbliga ad adempierle, specie se non credete nelle nozze religiose. Non sopportate l’idea di dover andare in comune a pronunciare una formula contrattuale? Mentre invece l’idea di andare all’anagrafe vi alletta? Fatemi capire, davvero, perchè io sono curioso. Se vi AMATE perchè odiate tanto il matrimonio? E se volete convivere perchè non lo fate liberi e spensierati?
ps: le nozze in articulo mortis non sono riconosciute dal diritto civile italiano. Un motivo ulteriore per dire: ma chevvefrega a voi se sti due si sono sposati in quel modo? E poi l’impiccione sarebbe lo stato?
Gigi, il fatto è che con quelle nozze che non sono riconosciute dal diritto civile italiano, tuttavia lo Stato troverà il modo di riconscerle una reversibilità per la pensione di guerra. Il tutto perché si sa benissimo che la mancanza dell’istituto delle unioni civili è una lacuna nel nostro ordinamento, ma non lo si vuole ammettere. E allora si cercano gli escamotage, come questo del matrimonio in articulo mortis che ha valore per il diritto canonico (ma alla fine aiuta anche il Ministero della Difesa italiano a girare l’assegno al nome della signora, un domani).
Riguardo alla tua domanda sul perché molte coppie etero che convivono non desiderano sposarsi, la risposta te la do io: 1) esiste il libero arbitrio; 2) si pensa che il contratto matrimoniale civile italiano di oggi, così com’è oggi, sia troppo pesante e troppo difficile, un domani, da rescindere; 3) la società è cambiata e si è avviata, da un ventennio buono, sulla strada di legami affettivi tra due persone che tendono a essere tutt’altro che eterni; ciò nonostante, tra il nulla e il contratto di matrimonio si desidera una forma intermedia: l’unione civile, oppure il riconoscimento della convivenza de facto, come in Canada.
Ho troncato l’ultima frase: “come in Canada, e nel resto del mondo occidentale”.
Gigi, in quello che tu dici c’è una violenza inaudita. Le coppie dello stesso sesso sono proprio ignorate (il fatto del ‘contratto di diritto privato’ è una menzogna bella e buona: sei stato male informato, o sei in mala fede?), come se non fosse un problema il fatto di condividere la vita con una persona e improvvisamente, quando questa non è capace di intendere e di volere, trovarsi ad essere due perfetti estranei dal punto di vista giuridico.
Capisco che puoi non approvare le unioni omosessuali, ma in un paese civile anche le minoranze sono tutelate.
Per esempio in Israele, che è un paese semi-civile come l’Italia, non esiste il matrimonio laico: quando uno dei due partner non può sposarsi in sinagoga perché non è di pura razza ebraica, oppure semplicemente non è religioso, si è costretti all’escamotage di sposarsi all’estero e farsi poi riconoscere il matrimonio in patria (c’era un servizio in proposito sul Venerdì di Repubblica qualche anno fa).
Ora, noi in Italia sappiamo che è una barbarie proibire il matrimonio a chi non è religioso, ma ancora pensiamo che sia lecito proibire il matrimonio a chi si vorrebbe sposare con una persona del sesso “sbagliato” secondo l’opinione della maggioranza. Di questo passo, potremmo con perfetta coerenza proibire il matrimonio con una persona del COLORE “sbagliato”, come si faceva in America fino a qualche tempo.
Gigi, tu giuri che non riesci a capire, e devo crederti. La tua buona fede è fuori discussione, anche se il tuo esordio piuttosto violento . . .beh, insomma,. . . non prometteva bene. Allora, tu dai per scontato che la tua opinione sia condivisibile da tutti. Vediamo i casi, per i quali qualcuno, eterosessuale, voglia convivere, senza sposarsi. 1.- coppie di persone, ancora in attesa di divorzio: non POSSONO sposarsi. Passano anni, e non si sposano. Che fai, li metti alla fame? 2.- il caso mio personale. Sono vedovo e quindi anagraficamente libero. Convivo da più di 10 anni con la mia compagna, ritualmente divorziata, e quindi anagraficamente libera. Ci amiamo, così come ci si ama tra marito e moglie che si amano. Non siamo AMANTI: siamo coniugi. Si dà il caso che, per la mia compagna, il matrimonio precedente sia stato particolarmente traumatico. Ne soffre a solo ricordarne i particolari. Il matrimonio, in quanto tale, le fa paura. Ha paura che, sposandosi con me, l’incanto tra noi cessi, e si ricrei il clima della sua precedente esperienza. Mi ama, lo so, ne sono certo. Io mi sposerei domani con lei, ma lei ha paura. Allora? Certo, non la pensa come te. Allora? La lascio? Non ci penso proprio! Stiamo così bene insieme. Io ho i miei figli, lei ha le sue. Ci vogliamo bene tutti tra di noi. I ragazzi ci vogliono bene a tutti e due noi. E si vogliono bene tra di loro. Molto bene. E’ un legame felicemente incrociato. Ma lei a sposarsi con me non ci pensa proprio. Non ne vuole nemmeno parlare. Allora? che facciamo?
Hai giurato che non capivi. Ora hai capito? E questo non è che un caso. Ma sai quanti altri casi ci sono? Poi ci sono i “non caso”: non ci sposiamo, perché è inutile. Tanto ci amiamo così. Allora? Se quello che guadagna muore, l’altro va alla fame? Ma ti pare bello?
Pensaci un po’ su, Gigi. E’ giusto che tu sia convinto delle tue idee, ma gli altri li devi lasciare esistere, mi pare. E devi rispettare le loro opinioni, se non danneggiano nessuno. E non puoi condannarli per questo.
Con stima.
x Anellidifumo: tu affermi “tuttavia lo Stato troverà il modo di riconscerle una reversibilità per la pensione di guerra.”. Suppongo tu abbia le prove per affermarlo, o è solo una tua supposizione? Quanto al resto ti sei risposto da solo: esiste il libero arbitrio, appunto, che ti fa scegliere tra il tutelare o meno la tua unione, e per tutelarla c’è un pezzo di carta che si chiama matrimonio civile.
x Lorenzo: i contratti di diritto pruivato non sono una “menzogna” ma esistono e vengono usati. Basta un minimo di volontà. Il paragone con le leggi razziste/razziali che vietavano i matrimoni cosiddetti “misti”, poi, è disgustoso e fuorviante.
x Omar Supio: grazie per il riconoscimento della buona fede. Per quanto riguarda le coppie in attesa di divorzio mi rendo conto che il problema ci sarebbe ma si tratta solo di atttendere qualche anno, altrimenti – RIPETO – si può sempre ricorrere nell’attesa del divorzio a un contratto di diritto privato che preveda assistenza. Esiste solo che nessuno sa o vuole utilizzarlo. Quanto al tuo caso concreto, credimi hai la mia comprensione, ma esso dimostra purtropo l’insussistenza della questione perchè, parole tue, la tua compagna teme il matrimonio poichè “soffre a solo ricordarne i particolari. Il matrimonio, in quanto tale, le fa paura”. E quindi? Lo stato dovrebbe cambiare il codice civile solo perchè certe persone “temono” il matrimonio? Credimi, non ti sto prendendo in giro ma non si può pensare che OGNI pretesa di un cittadino diventi legge. Io anni fa ho fatto un incidente d’auto, dopo la riabilitazione avevo il terrore di guidare, temevo l’auto, ma poi ho ricominciato a guidare. Seguendo il tuo principio avrei dovuto anche io chiedere una legge che mi dotasse di autista….capisci il paradosso? Lo stato non può ffarsi carico di ogni desiderio dei citttadini, gli strumenti giuridici servono a regolare la società, non i desideri. Lo stato in questo (x fortuna!) è cinico e baro e lascia la MAGGIOR LIBERTA’ ai cittadini.
Prosegui dicendo “Poi ci sono i “non caso”: non ci sposiamo, perché è inutile. Tanto ci amiamo così. Allora?” appunto! Allora? Ragazzi, nella vita si fanno scelte, o si regola l’unione (matrimonio civile, ma potete anche chiamarlo pincopallino, se il nome “matrimonio” vi fa tanta paura…) o NON la si regola, non si può chiedere una “via di mezzo”.
E poi in che modo vorresti l’unione civile? Con una dichiarazione all’anagrafe? E che differenza ci sarebbe col matrimonio? Con una unione “de facto” dopo tot anni? E se l’altro convivente invece non vuole? Che si fa, si stabilisce che l’unione è in vigore dopo tot anni SALVO dichiarazione contraria di uno dei 2? Siamo al paradosso, uno sarebbe costretto così ad attivarsi e a DICHIARARE che NON vuole che la sua unione sia regolata quando in realtà proprio il suo RIFIUTO del matrimonio era inteso a conservare l’unione LIBERA da OGNI VINCOLO.
Il povero militare Lorenzo D’Auria è morto. Con il matrimonio dell’altro giorno la vedova e i tre bambini saranno tutelati dallo stato italiano attraverso una pensione e probabilmente una somma una tantum. Alle volte il diritto canonico aiuta lo stato laico che si presenta ottuso di fronte a certe circostanze di vita.
>gli strumenti giuridici servono a regolare la società, non i desideri
Tse !
…quelli che tu chiami desideri con la tua pelosissima parlantina cattolica sono le nostre aspirazioni a vivere la nostra vita (che e’ la maggioranza numerica tra l’altro).
Non sei in buonafede, come peraltro nessun indottrinato unto da un dio puo’ esserlo *per definizione*.
In un paese normale non sarebbe successo, che due futuri premier fanno la spola con la regia vaticana, ma si sa che il nostro non e’ un paese normale!!
E la nostra costituzione diventa carta straccia di fronte alla strapotere cattolico!!
Sinceramente, questo scritto mi ha suscitato un po’ di fastidio, per lo speculare su un fatto tragico allo scopo di tornare a parlare di un altro problema, dando poi la “colpa” al Vaticano, che tanto non fa mai male.
Forse se invece di dare la colpa al Vaticano, ci prendiamo la responsabilità delle nostre azioni, oltre ad avere uno Stato pienamente laico, magari sarebbe anche un po’ migliore.
In Italia, al momento, se due persone di sesso diverso decidono di voler chiedere alla comunità di farsi carico dell’altro in caso di propria premorienza, prendendosi in cambio l’onere di farsi carico del coniuge anche al posto della comunità in caso tutti e due si sia vivi, hanno un solo strumento giuridico: unirsi in matrimonio.
Se uno decide di fare altrimenti, è libero di farlo, ma sa che le sue azioni comportano delle conseguenze. Se si vuole fare il rivoluzionario, lo si fa seriamente, non si può pretendere di inserire una protezione costituzionale ai rivoluzionari. (Argomentazione utilizzata da Togliatti per far desistere De Gasperi dall’inserire una norma che consentisse ad un Cattolico di non rispettare una legge dello stato se contraria al proprio credo. Versione moderna del Romano “Dura lex, sed lex”).
Se due, oggi, decidono di non sposarsi, sanno benissimo quali siano, sia in positivo che in negativo, le conseguenze giuridiche della loro scelta: lamentarsene a posteriori è quantomeno ipocrita.
Sono felice che il matrimonio “in articulo mortis” non abbia validità civile, e spero che la signora Francesca (che in nessun articolo di nessun giornale è citata con il suo cognome…) subisca la stessa sorte della sig.ra Adele Parrillo.
Perché è quella che si sono scelte. Per non uniformarsi alle leggi dello Stato in cui vivono. Libere di farlo, assumendosi la responsabilità della propria scelta e le relative conseguenze. Come chi non molti anni fa si rifiutava di prestare servizio militare: si faceva un anno a Gaeta.
Le regole che personalmente si ritengono sbagliate, si può anche provare a cambiarle, ma nel frattempo si rispettano. E se le si ritiene così contrarie alla propria sensibilità da risultare non conciliabili, si può anche violarle, subendone le conseguenze. Se si ritiene che si ritiene che sia la cosa giusta, ne potrebbe valere la pena: dopo una rivoluzione riuscita, un rivoluzionario smette di esserlo e diventa normale cittadino. Come con il servizio civile. I Rivoluzionari garantiti costituzionalmente non esistono.
Poi possiamo discutere quanto vogliamo se sia “giusto” o meno (“Giusto” secondo cosa? La Pietà Cristiana? La Pietas latina? La filosofica Nazista? Il codice civile Italiano?) che alla compagna di un militare morto siano negate attenzioni concesse ad un coniuge, ma al momento queste sono le regole e sono le stesse che c’erano anche quando era in vita. Potremmo anche decidere che ai funerali di stato di un militare morto non potesse partecipare nessuno, né parente né amico né compagno, come potremmo abolire le pensioni di reversibilità. O magari abolire il Matrimonio.
Sarebbe sicuramente più “equo”, non so se più “giusto”.