Giusto qualche giorno fa, il 23 dicembre, proponevo la chiusura dell’indegno baraccone calcistico italiota coi suoi saluti romani, i suoi presidenti operai, i suoi muscoli gonfiati e la teppa dei suoi tifosi ultras. Concludevo con un viva il rugby (che confermo con convinzione), ma facevo evidentemente torto ad un altro sport: l’hockey su ghiaccio. La storia del giocatore Daniele Veggiato, radiato a vita senza troppi complimenti dalla nazionale per aver dato del “negro di merda” ad un altro giocatore, italianissimo ma di madre straniera – e per di più di 9 anni più giovane di lui – è esemplare anche se mi piacerebbe fosse soltanto normale, per l’hockey, per il calcio e per ogni altra manifestazione che voglia definirsi sportiva. Quello che mi pare completamente azzeccato è il commento della vittima, Luca Zandonella, che dopo aver elegantemente dato del cretino alla sua controparte, secondo la già ricordata teoria di Luca Sofri (“reputavo Veggiato una persona più intelligente di quel che si è dimostrato ieri sera”), ha poi concluso: “L’hockey non è per nulla uno sport razzista: certe cose le lasciamo volentieri al calcio”. Olimpico.
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.