Segnalo che il sito http://www.politiche08.org aggiornato all’ultimo sondaggio de L’Espresso su Piemonte, Liguria, Campania ma soprattutto Lazio, prevede che il PdL al Senato non avrà la maggioranza (156 seggi al PdL, 159 a tutti gli altri): siamo in piena ingovernabilità!
Ivan scusa il disturbo e l’OT, ma da elettore lombardo mi piacerebbe sapere una cosa.
Se non ho capito male in Lombardia qualora SA non raggiungesse il quorum dell’8%, il PdL prenderebbe altri seggi oltre ai 26 su 47, che gli spetteranno sicuramente grazie al premio di maggioranza. Tu che sei candidato hai delle informazioni a disposizione su questo argomento?
Se cosí fosse, anche se non votare per Veronesi mi dispiacerebbe, potrei optare per un voto disgiunto camera PD, senato SA.
Grazie della cortesia se risponderai,
Buina fortuna,
Francesco
Sono d’accordo con entrambi, ma tendo di piu’ verso la soluzione di Ivan. Il problema Sud e’ molto drammatico e deve riguardare il paese intero. Quindi via la classe politica che dirige la regione e le province in questo momento (o messe in grado di non fare altri danni). Il governo nazionale deve intervenire in maniera drastica, se necessario (preferibilmente) con l’esercito. Non si puo’ attendere un’altra estate, con i boschi che bruciano e le strade coperte di immondizia.
Ciao Ivan, sono di Foggia, sono talmente covinto di quello che hai detto tu che ho scritto due righe per un giornale locale, che ora ti mando.
In più ho appena iniziato a lavorare con un amico che fa il ricercatore alla Luiss e lavora in Finmeccanica su un vero e proprio libro, che avrà un taglio socio-economico.
A proposito di elezioni, il PD dalle nostre parti non ha ancora rinnovato né uomini, né soprattutto i metodi di coinvolgimento e partecipazione, ma d’altronde “rome wasn’t build in a day”. Siamo pazienti e aspetteremo che il percorso si compia anche in terra Dauna.
saluti e in boca al lupo per la campagna elettorale!
Francesco Pastore
IL NUOVO MEZZOGIORNO CHE NESSUNO VUOLE VEDERE
di Francesco Pastore
“La caduta del governo Prodi, al di là delle analisi sulle sue ragioni e sugli effetti possibili per il sistema economico nazionale, pone inevitabilmente all’attezione della politica economica italiana una grande sconfitta: quella del Meridione. Mentre assistiamo inerti alle analisi dell’ISTAT, piuttosto che dell’Eurispes o di Bankitalia sull’impoverimento delle famiglie italiane, ci si limita ad osservare in maniera solo incidentale, che tali fenomeni trovano una sensibile accentuazione con riguardo alla dimensione territoriale, in quanto al Mezzogiorno esistono sia le maggiori disuguaglianze di reddito in termini relativi, sia la maggiore diffusione della povertà in termini assoluti (sia di abitanti che di reddito).
L’introduzione incontrollata dell’Euro, associata ad altri fattori congiunturali, ha di fatto impoverito la parte più debole del c.d. ceto medio, ed ha sensibilmente peggiorato le condizioni dei più poveri. A ciò si è aggiunta una preoccupante crescita della disoccupazione, solo in parte affievolita dalla introduzione di strumenti di flessibilità nei rapporti di lavoro, ed un’inesorabile incremento dello squilibrio Nord-Sud. In maniera abbastanza isolata, da alcuni mesi, qualche economista ha indicato la questione meridionale come il principale vincolo allo sviluppo della competitività del nostro paese. La complessità del problema non va certo analizzata con riguardo ai soli dati economici, ma richiede un profondo sforzo di carattere culturale e, diremmo, antropologico, che trova le sue fondamenta in accadimenti storici e vicende succedutesi nel corso dei secoli. Tuttavia, dopo i fiumi di inchiostro e le parole spese sul tema, ci ritroviamo nel 2008 con gli stessi problemi di sempre: disoccupazione, criminalità, infrastrutture, efficienza della Pubblica Amministrazione, qualità della vita. La politica, interessata in questi anni ad occuparsi più di se stessa che dei problemi del paese (si pensi che un governo è appena caduto sostanzialmente per causa di un ministro!) si è dimenticata completamente del Mezzogiorno. Passata la fase dei Patti Territoriali e Contratti d’Area, in cui il nostro territorio è stato tra i più vivaci, è stato di nuovo calato il sipario sui temi della questione meridionale. Siamo poi passati dall’analisi “dei Sud”, cioè dalla distinzione tra le tante zone del Mezzogiorno dove non si avvertono i tipici fenomeni di degrado socio – economico sopra evidenziati (si pensi al Materano, alla zona di Altamura-Santeramo (BA), al Vulture Melfese, a Catania, alcune zone del Napoletano come il c.d. “polo della moda”, l’area del CIS di Nola, etc.) da utilizzare a modello per la crescita delle aree circostanti, ad una calma piatta in cui è tutto irrimediabilmente livellato verso il basso. L’incerto ruolo dato a Sviluppo Italia S.p.A., a cui è stato cambiato da poco il nome (lunghissimo – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), che da occuparsi di un universo di temi che spaziavano dai villaggi vacanze alla realizzazione di porti turistici , dalla fibra ottica alle aree industriali, oggi dovrebbe aiutare gli imprenditori stranieri desiderosi di investire nel Sud (e chi sarebbero questi temerari?), quando non riesce ancora a soddisfare le migliaia di richieste di agevolazioni per nuove imprese autonome promosse da giovani meridionali, nella speranza di iniziare un percorso in proprio ed evitare di emigrare come fanno la maggior parte dei loro coetanei. L’emigrazione è un altro fenomeno in fortissima ascesa, la cui dimensione è stata assolutamente sottostimata e sottovalutata in questi anni. È ciò che è peggio, contrariamente a quanto avvenuto negli anni ’50 e ’60 è che si tratta non già di una emigrazione di “braccia”, ma di “cervelli”, in quanto sono i diplomati e i laureati ad allontanarsi dal Mezzogiorno in cerca di un lavoro, non più i manovali e gli operai. Ancora diverso è poi il fenomeno dei tanti che approfittando della enorme differenza nel costo della vita e delle maggiori opportunità offerte dal mercato del lavoro, lavorano al nord e consumano al sud, facendo i pendolari settimanali o mensili, a seconda delle situazioni. È lo specchio di un paese che non si rende conto di essere tagliato in due, in tutto: Pubblica Amministrazione, Banche, imprese, senso civico, sicurezza, criminalità, politiche del lavoro, costo e qualità della vita. La politica ancora una volta non entra nei problemi più difficili, dimostra tutta la sua inconsistenza. Mai abbiamo letto o ascoltato alcun rappresentante istituzionale levare una voce sulla necessità di porre fine ad alcuno dei fenomeni sin qui citati. Tra verifiche più o meno politiche e tatticismi vari, gli amministratori sono troppo impegnati ad inseguire il presente, senza una strategia, un disegno, una vision che non sia la successiva tornata elettorale. Forse anche questo è segno dello squilibrio territoriale: la cronica inconsistenza della classe politica meridionale. “
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
4 risposte a “Verso sud”
Segnalo che il sito http://www.politiche08.org aggiornato all’ultimo sondaggio de L’Espresso su Piemonte, Liguria, Campania ma soprattutto Lazio, prevede che il PdL al Senato non avrà la maggioranza (156 seggi al PdL, 159 a tutti gli altri): siamo in piena ingovernabilità!
Ivan scusa il disturbo e l’OT, ma da elettore lombardo mi piacerebbe sapere una cosa.
Se non ho capito male in Lombardia qualora SA non raggiungesse il quorum dell’8%, il PdL prenderebbe altri seggi oltre ai 26 su 47, che gli spetteranno sicuramente grazie al premio di maggioranza. Tu che sei candidato hai delle informazioni a disposizione su questo argomento?
Se cosí fosse, anche se non votare per Veronesi mi dispiacerebbe, potrei optare per un voto disgiunto camera PD, senato SA.
Grazie della cortesia se risponderai,
Buina fortuna,
Francesco
Sono d’accordo con entrambi, ma tendo di piu’ verso la soluzione di Ivan. Il problema Sud e’ molto drammatico e deve riguardare il paese intero. Quindi via la classe politica che dirige la regione e le province in questo momento (o messe in grado di non fare altri danni). Il governo nazionale deve intervenire in maniera drastica, se necessario (preferibilmente) con l’esercito. Non si puo’ attendere un’altra estate, con i boschi che bruciano e le strade coperte di immondizia.
Ciao Ivan, sono di Foggia, sono talmente covinto di quello che hai detto tu che ho scritto due righe per un giornale locale, che ora ti mando.
In più ho appena iniziato a lavorare con un amico che fa il ricercatore alla Luiss e lavora in Finmeccanica su un vero e proprio libro, che avrà un taglio socio-economico.
A proposito di elezioni, il PD dalle nostre parti non ha ancora rinnovato né uomini, né soprattutto i metodi di coinvolgimento e partecipazione, ma d’altronde “rome wasn’t build in a day”. Siamo pazienti e aspetteremo che il percorso si compia anche in terra Dauna.
saluti e in boca al lupo per la campagna elettorale!
Francesco Pastore
IL NUOVO MEZZOGIORNO CHE NESSUNO VUOLE VEDERE
di Francesco Pastore
“La caduta del governo Prodi, al di là delle analisi sulle sue ragioni e sugli effetti possibili per il sistema economico nazionale, pone inevitabilmente all’attezione della politica economica italiana una grande sconfitta: quella del Meridione. Mentre assistiamo inerti alle analisi dell’ISTAT, piuttosto che dell’Eurispes o di Bankitalia sull’impoverimento delle famiglie italiane, ci si limita ad osservare in maniera solo incidentale, che tali fenomeni trovano una sensibile accentuazione con riguardo alla dimensione territoriale, in quanto al Mezzogiorno esistono sia le maggiori disuguaglianze di reddito in termini relativi, sia la maggiore diffusione della povertà in termini assoluti (sia di abitanti che di reddito).
L’introduzione incontrollata dell’Euro, associata ad altri fattori congiunturali, ha di fatto impoverito la parte più debole del c.d. ceto medio, ed ha sensibilmente peggiorato le condizioni dei più poveri. A ciò si è aggiunta una preoccupante crescita della disoccupazione, solo in parte affievolita dalla introduzione di strumenti di flessibilità nei rapporti di lavoro, ed un’inesorabile incremento dello squilibrio Nord-Sud. In maniera abbastanza isolata, da alcuni mesi, qualche economista ha indicato la questione meridionale come il principale vincolo allo sviluppo della competitività del nostro paese. La complessità del problema non va certo analizzata con riguardo ai soli dati economici, ma richiede un profondo sforzo di carattere culturale e, diremmo, antropologico, che trova le sue fondamenta in accadimenti storici e vicende succedutesi nel corso dei secoli. Tuttavia, dopo i fiumi di inchiostro e le parole spese sul tema, ci ritroviamo nel 2008 con gli stessi problemi di sempre: disoccupazione, criminalità, infrastrutture, efficienza della Pubblica Amministrazione, qualità della vita. La politica, interessata in questi anni ad occuparsi più di se stessa che dei problemi del paese (si pensi che un governo è appena caduto sostanzialmente per causa di un ministro!) si è dimenticata completamente del Mezzogiorno. Passata la fase dei Patti Territoriali e Contratti d’Area, in cui il nostro territorio è stato tra i più vivaci, è stato di nuovo calato il sipario sui temi della questione meridionale. Siamo poi passati dall’analisi “dei Sud”, cioè dalla distinzione tra le tante zone del Mezzogiorno dove non si avvertono i tipici fenomeni di degrado socio – economico sopra evidenziati (si pensi al Materano, alla zona di Altamura-Santeramo (BA), al Vulture Melfese, a Catania, alcune zone del Napoletano come il c.d. “polo della moda”, l’area del CIS di Nola, etc.) da utilizzare a modello per la crescita delle aree circostanti, ad una calma piatta in cui è tutto irrimediabilmente livellato verso il basso. L’incerto ruolo dato a Sviluppo Italia S.p.A., a cui è stato cambiato da poco il nome (lunghissimo – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), che da occuparsi di un universo di temi che spaziavano dai villaggi vacanze alla realizzazione di porti turistici , dalla fibra ottica alle aree industriali, oggi dovrebbe aiutare gli imprenditori stranieri desiderosi di investire nel Sud (e chi sarebbero questi temerari?), quando non riesce ancora a soddisfare le migliaia di richieste di agevolazioni per nuove imprese autonome promosse da giovani meridionali, nella speranza di iniziare un percorso in proprio ed evitare di emigrare come fanno la maggior parte dei loro coetanei. L’emigrazione è un altro fenomeno in fortissima ascesa, la cui dimensione è stata assolutamente sottostimata e sottovalutata in questi anni. È ciò che è peggio, contrariamente a quanto avvenuto negli anni ’50 e ’60 è che si tratta non già di una emigrazione di “braccia”, ma di “cervelli”, in quanto sono i diplomati e i laureati ad allontanarsi dal Mezzogiorno in cerca di un lavoro, non più i manovali e gli operai. Ancora diverso è poi il fenomeno dei tanti che approfittando della enorme differenza nel costo della vita e delle maggiori opportunità offerte dal mercato del lavoro, lavorano al nord e consumano al sud, facendo i pendolari settimanali o mensili, a seconda delle situazioni. È lo specchio di un paese che non si rende conto di essere tagliato in due, in tutto: Pubblica Amministrazione, Banche, imprese, senso civico, sicurezza, criminalità, politiche del lavoro, costo e qualità della vita. La politica ancora una volta non entra nei problemi più difficili, dimostra tutta la sua inconsistenza. Mai abbiamo letto o ascoltato alcun rappresentante istituzionale levare una voce sulla necessità di porre fine ad alcuno dei fenomeni sin qui citati. Tra verifiche più o meno politiche e tatticismi vari, gli amministratori sono troppo impegnati ad inseguire il presente, senza una strategia, un disegno, una vision che non sia la successiva tornata elettorale. Forse anche questo è segno dello squilibrio territoriale: la cronica inconsistenza della classe politica meridionale. “