Il mio pezzo su L’Unità di oggi.
Proprio nelle ore in cui a Roma si verifica l’ennesimo episodio di violenza ed intolleranza nei confronti della comunità omosessuale, negli Stati Uniti, solo pochi giorni dopo la clamorosa apertura di Obama a Denver nei confronti dei «gay brother and sisters», si apre oggi ad Austin, in Texas, la Conferenza Annuale di «Out & Equal».
Si tratta dell’organizzazione no-profit americana che si occupa di promuovere e favorire l’ugaglianza e le pari opportunità per gay, lesbiche, bisessuali e transessuali sui luoghi di lavoro.
Si attendono tremila delegati, inviati ad Austin dagli Stati Uniti ma anche dall’Europa, dall’Asia e dal Sud America, dalle più grandi multinazionali americane. Nonostante ad «Out & Equal» abbiano scelto per se stessi il sottotitolo di «workplaces advocates», questi sostenitori dei cittadini Glbt nei luoghi di lavoro non sono infatti espressione dei sindacati, ma rappresentano invece le grandi compagnie che fanno affari in tutto il mondo e che hanno fatto a gara per essere inserite nella lista degli sponsor dell’evento. Tra le aziende che hanno ottenuto di apparire ai livelli di sponsorizzazione più prestigiosi (e, va da sè, finanziariamente più impegnativi) ci sono nomi quali Dell, Deloitte, Hewlett-Packard, Accenture, Citi, GlaxoSmithKline, Ibm, Ing, Johnson&Johnson, Nike, PriceWaterHouseCoopers, Toyota e Visa. A scorrere la lunghissima lista completa degli sponsor, però, si vede che non manca praticamente nessuna tra le grandi banche d’affari, le case farmaceutiche, le società di consulenza, la grande distribuzione, le imprese industriali, i new media e l’entertainment, tutti a voler segnalare pubblicamente una presenza che rende esplicito anche il supporto ad una causa e l’impegno formale a sostenere una politica di pari opportunita’ per i propri dipendenti.
È molto interessante che tutto questo accada nel bel mezzo di un dibattito feroce sulla legislazione in tema di matrimonio gay negli Stati Uniti che ovviamente ha a che fare molto con la politica e le elezioni presidenziali: si tratta di un tema di forte divisione in un Paese in cui da un lato 27 Stati hanno già approvato leggi o emendamenti costituzionali per vietare espressamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso mentre dall’altro, in California e Massachussets, le coppie gay e lesbiche si sposano tranquillamente.
La Conferenza di «Out & Equal» non sarà tuttavia un momento politico né una specie di gay pride aziendale, ma si preannuncia invece come un momento di studio, di riflessione e di affinamento delle strategie che consentono alle aziende americane di essere efficaci in quella che viene ormai da anni definita a livello globale come «The war for talent», la guerra per il talento.
Quello che spinge tutte queste multinazionali a darsi appuntamento annualmente in una grande città americana – la procedura di assegnazione della manifestazione ricorda molto quella delle Olimpiadi: Washington, Chicago, Phoenix e Minneapolis hanno ospitato le ultime edizioni della conferenza – è la possibilità di attrarre a sé i talenti migliori e le menti più brillanti sul mercato del lavoro. Tutti concordano che il fattore umano è l’unica risorsa che nessuna azienda può duplicare o creare in laboratorio e in un’economia in cui sono la capacità di innovare e di produrre idee a fare la differenza, diventa vitale riuscire ad acquisire non tanto e non solo lavoratori che garantiscano diligenza e precisione, quanto quelli che sono in grado di cambiare radicalmente il proprio mercato inventando un ipod, disegnando un cartone animato, migliorando i processi di un’azienda cliente o gestendo flussi finanziari internazionali.
Quello che spinge tutte queste multinazionali a darsi appuntamento annualmente in una grande città americana – la procedura di assegnazione della manifestazione ricorda molto quella delle Olimpiadi: Washington, Chicago, Phoenix e Minneapolis hanno ospitato le ultime edizioni della conferenza – è la possibilità di attrarre a sé i talenti migliori e le menti più brillanti sul mercato del lavoro. Tutti concordano che il fattore umano è l’unica risorsa che nessuna azienda può duplicare o creare in laboratorio e in un’economia in cui sono la capacità di innovare e di produrre idee a fare la differenza, diventa vitale riuscire ad acquisire non tanto e non solo lavoratori che garantiscano diligenza e precisione, quanto quelli che sono in grado di cambiare radicalmente il proprio mercato inventando un ipod, disegnando un cartone animato, migliorando i processi di un’azienda cliente o gestendo flussi finanziari internazionali.
Questi talenti non sono certamente facili da reperire e sono contesi tra le aziende non soltanto in termini monetari ma facendo anche in modo di migliorare la qualità della vita in azienda (Googleplex, la sede di Google in California, è diventato un modello in materia ormai al limite tra la realtà e la leggenda metropolitana), allargando il più possibile la rosa dei candidati ben al di là del profilo dell’americano cosiddetto Wasp (bianco, anglosassone e protestante) e costruendo per tutti un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso dell’identità di ognuno. Moltissime imprese hanno così creato politiche anche molto sofisticate di sviluppo del talento femminile, delle minoranze etniche, e – appunto – della comunità Glbt (gay, lesbiche, bisessuali, transgender) e si è sviluppato paralleleamente anche un sistema di comunicazione e di marketing che prevede presentazioni nelle migliori università del Paese, pubblicazioni di classifiche che premiano le aziende più attive nel promuovere le minoranze ed anche eventi come quello che fino a domenica vedrà occupati i delegati di «Out & Equal».
Il programma della conferenza prevede una serie di presentazioni da parte di personalità del mondo Glbt: in una delle scorse edizioni Billie Jean King, la tennista che vinse dodici tornei di Grande Slam a cavallo degli anni 70, tenne un discorso toccante sulla propria esperienza di vita di donna, di lesbica e di sportiva. Quest’anno tra gli ospiti ci saranno Michael Guest, ex ambasciatore americano in Romania, e Judy Shepard, la madre di Matthew Shepard, un ragazzo ucciso nel 1998 a 21 anni a causa della sua omosessualità e a cui è intitolata una fondazione che si occupa di combattere l’omofobia e di diffondere principi di tolleranza e di rispetto per tutte le diversità. Sono stati inoltre organizzati oltre 120 seminari che si terranno in sessioni parallele e che toccheranno argomenti in vario modo legati allo sviluppo professionale e alla vita lavorativa delle persone Glbt: si parlerà di formazione e di comunicazione, delle sfide legate ai trasferimenti all’estero in assenza di riconoscimenti legali per le famiglie, di pubblicità e marketing rivolti alla comunità gay, di benefit quali pensioni e coperture mediche per il partner, di omogenitorialità e mondo del lavoro, molte aziende presenteranno infine le loro attività in uno scambio di esperienze e di casi di eccellenza.
Uno dei seminari più interessanti sarà quello nella quale la Kraft, Walgreens e Harris Bank spiegheranno come gestirono le reazioni dei gruppi della destra religiosa scatenatisi contro la loro decisione di sponsorizzare la settima edizione dei Gay Games a Chicago nel 2006: una decisione di business che senz’altro costituì un segnale forte per tutta la nazione proprio perché presa al riparo di qualsiasi risvolto ideologico e per questo ancora più potente. L’esperienza di «Out & Equal» dice che forse è proprio dai luoghi dell’economia e del lavoro che si può cominciare a parlare di inclusione e di accettazione apertamente, senza preconcetti, pregiudizi e antiche rigidità.
Una risposta a “Orgoglio e talento”
Articolo molto bello, bravo Ivan.
Hai citato Massachusetts e California ma se parliamo di mentalita’ non c’e’ dubbio che grandi aree degli Stati Uniti siano molto piu’ avanti rispetto alla mentalita’ omofoba e provinciale imperante in Italia.
I ragazzetti che poche ore fa hanno disturbato la coppia omosessuale vicino al Colosseo si sentiranno ridicoli quando un giorno (forse) metteranno il naso fuori Italia e andranno a Londra o ad Amsterdam o a Boston o a Washington, solo per fare qualche esempio.
Forse per gli omofobi italioti di una certa eta’ non c’e’ molto da fare ma magari si puo fare qualcosa per cambiare la mentalita’ di quelli piu’ giovani. Forse basterebbe farli uscire dalla loro provincia e mandarli all’estero per qualche settimana. Oltre a capire che omofobia significa intolleranza capirebbero anche quanto sono fuori moda, provinciali e, in ultima analisi, “sfigati”. E sappiamo quanto questo conti per un giovane.