Nella sede torinese dell’Unione industriali abbondano risate e pacche sulle spalle quando il discorso scivola sull’apertura di Telegate a Livorno. Nessuno avrebbe mai pensato di poter irrompere nella «rossa» e operaia Livorno con le istituzioni di centrosinistra e Cgil, Cisl, Uil favorevoli ai peggiori contratti della legge 30. C’è riuscita Telegate, società tedesca leader nel mercato dell’informazione telefonica con compartecipazioni in altre società di tutta Europa. In Italia la maggior parte del capitale sociale di Telegate è della Seat Pagine Gialle (al 70%). Gestisce il servizio «Pronto Pagine Gialle 89.24.24» e, a partire dallo scorso ottobre, anche il «12.40», che sostituisce il vecchio «12» di Telecom Italia ed è reclamizzato da una scimmietta. Ufficialmente, Telegate ha aperto un nuovo call center nella frazione di Guasticce perché ha ritenuto che fosse la soluzione ottimale in termini di costi, logistica e dimensioni territoriali. In realtà, la società non aveva alcuna intenzione di trasferirsi a Livorno. «Telegate voleva raddoppiare a Torino, dove ha già da diversi anni un call center – ci spiega Antonio Citriniti, della Fiom torinese – ma i molti contenziosi che i lavoratori hanno aperto con l’azienda, hanno spinto quest’ultima a cercare terreno fertile altrove. L’hanno trovato a Livorno”……..…. I contenziosi di cui parla Citriniti vertono sull’utilizzo dei cocoprò (contratti a progetto). La Fiom torinese, insieme al Nidil Cgil, sta da tempo portando avanti una battaglia legale perché sostiene che i cocoprò sono a tutti gli effetti lavoratori dipendenti. Una trentina le azioni legali in corso e ad agosto la prima vittoria. Una sentenza a suo modo «storica», perché crea il precedente: Telegate è stata condannata per abuso di ricorso al contratto precario. Protagonista una giovane donna a cui dovranno essere pagati i danni morali, la differenza salariale e i contributi relativi ai 12 mesi svolti al call center: ma, sopratutto, dovrà essere assunta a tempo indeterminato. Insomma, è stato riconosciuto come il contratto di cocoprò mascheri mansioni del tutto identiche a quelle di un lavoratore fisso. ……. Telegate ha dovuto ben presto chiedersi come risolvere una grana che rischiava di allargarsi a macchia d’olio. Ha perciò pensato bene di evitare di «raddoppiare» su Torino, provvedendo a esportare a Livorno le stesse condizioni di lavoro….Giovanna, 30 enne livornese, è «della prima infornata», come ama lei stessa definirsi. Ha un cocoprò di un anno – tra i più lunghi – e viene definita una «fortunata» dai colleghi. «Il sindacato non si è mai fatto vedere se non al tavolo delle trattative. Visti i risultati era meglio che non si presentasse neanche lì. Il mio salario? Meno di 500 euro per 20 ore settimanali……e la vuoi sapere la chicca? I festivi non vengono conteggiati come straordinario». Ma quali caratteristiche ha il centralinista tipo? Secondo il collettivo Precari Autorganizzati (PrecAut) di Livorno, l’unico gruppo che è stato al fianco dei lavoratori Telegate, la quasi totalità dei centralinisti ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni ed oltre il 90% è laureato o laureando. ….e la proporzione tra i precari e gli stabili è ben lontana anche dal già pessimo rapporto di 2 a 1. Sui motivi che hanno portato Telegate ad affacciarsi su Livorno, invece, Nocchi (segretario provinciale Cgil ndr) ha un’idea ben precisa: «Queste aziende hanno logiche di mercato che impongono di essere presenti in più località. E Livorno risponde alle loro esigenze come formazione di base, basti pensare all’università di Pisa.” «Siamo ben consci che la qualità del lavoro offerto da Telegate è bassa – afferma Nocchi – e nessuno pensa che questo sia il lavoro del futuro, ma non potevamo certo permetterci, come Cgil, di perdere questo treno e, come città, di dare un’immagine di rifiuto degli investimenti». Per l’assessore provinciale alle attività produttive, Marcello Canovaro, il call center offre invece opportunità di lavoro per molti giovani, come ha dichiarato alla stampa locale un paio di mesi fa, «perché permette loro di fare esperienza in un campo innovativo e qualitativamente nuovo». Neppure i dirigenti di Telegate si erano spinti tanto: per loro, come dichiarato nei giorni dell’insediamento, «è un tipo di lavoro che calza a pennello per gli studenti universitari che vogliono avere qualche soldo in tasca ma anche disponibilità di orari».
(Fonte: il Manifesto, 3 gennaio 2006)
Quando, nel pieno della rivolta delle periferie francesi, Prodi dichiarò che neanche noi eravamo immuni da rischi, fu tacciato di allarmismo strumentale da più parti. E’ possibile che la situazione italiana sia parzialmente diversa: da noi è ancora debolissima la presenza di immigrati di seconda generazione e non esistono veri e propri quartieri ghetto. Esiste però una massa in continua crescita di giovani, spesso muniti di titoli di studio di livello elevato, che sono le prime vittime del nuovo mondo globalizzato.
Come ha scritto ieri su Repubblica Ulrich Beck “la globalizzazione economica ha spaccato il mondo, provocando una frattura che taglia trasversalmente i confini nazionali. Centri superindustrializzati in rapida espansione sorgono accanto a deserti improduttivi, e non là fuori, in Africa, ma anche a New York, Parigi, Roma, Madrid e Berlino. L’Africa è ovunque. E’ diventata il simbolo dell’esclusione……I significati apparentemente eterni delle parole povero e ricco cambiano. I vecchi ricchi si servivano dei poveri per diventare ricchi. I nuovi ricchi globalizzati non hanno più bisogno dei poveri……….All’ombra della globalizzazione economica, sempre più persone cadono in uno stato di disperazione senza vie d’uscita, dovuto principalmente al fatto che di questi individui semplicemente non c’è bisogno….L’economia può crescere anche senza il loro contributo. I governanti possono essere eletti anche senza i loro voti. I giovani superflui sono cittadini solo sulla carta, ma in realtà sono non-cittadini.”
La mafia al sud e la ricchezza familiare accumulata in anni di vacche grasse fungono, per ora, da ammortizzatori sociali, in un paese dove da un lato ad un crescente numero di giovani si offrono solo occupazioni precarie in condizioni prossime allo sfruttamento, mentre dall’altro i media rappresentano una società opulenta, che sembra a portata di mano per tutti e la casta degli intoccabili continua nelle sue scorribande volte all’accumulo di ricchezze faraoniche. E’ possibile che non esistano rimedi semplici, ma fingere di non vedere è irresponsabile.
Emilia Giorgetti