Sono a Heathrow che aspetto il mio volo per Chicago. Da quando sono partito quest’oggi all’alba da Milano continuo a chiedermi cosa mi stia spingendo verso gli Stati Uniti, questa mattina. Ci ho pensato in taxi e in sala d’attesa, e poi sonnecchiando nel volo da Linate. E’ stato ripercorrendo mentalmente l’ultimo video di Obama che ho capito. Al minuto 2.22 di questo video, c’è un bambino che alza un cartello. Sopra c’è scritto “Hope”, speranza.
Ecco dove vado, ecco cosa vado a fare. Vado a vedere che faccia ha la speranza. Obama ha detto che la sua storia non sarebbe stata possibile in nessun altro paese al mondo, e certamente non sarebbe stata possibile nell’Italia di Berlusconi, nell’Italia degli establishment che vincono sempre, nell’Italia che trasmette il potere, le cariche e i soldi rigorosamente dai padri ai figli, che disprezza il merito e protegge le rendite di posizione, nell’Italia dei rifiuti e della camorra trionfante, nell’Italia che sottovaluta le donne, che umilia i gay, che dimentica i giovani, che discrimina apertamente le persone di un altro colore.
8 risposte a “Hope”
Hai ragione, ma la sua storia non sarebbe stata possibile però neanche nell’italia che ci prospettava il governo Prodi oppure nell’ Italia del Partito Democratico con un estabilshment monolitico e contro il quale tu in prima persona stai coraggiosamente lottando.
Il nostro paese è chiuso, impacciato ed incapace di far fiorire germogli di speranza.
A volte penso all’Italia del dopoguerra (che mi è stata raccontata), ai suoi passi da gigante, ed ai tanto bistrattati politici che la caratterizzarono; forse solo in quel periodo la nostra classe politica (a 360°) ha vissuto il suo mandato come una missione, anzi una speranza, “hope” proprio come tu dici, impersonando i sogni e la volontà di un popolo piegato ma volenteroso.
L’unica differenza? Quei politici venivano a loro volta dalla sofferenza, dal carcere o dall’esilio e di quella “speranza” ne erano affamati …
Hai ragione, ma la sua storia non sarebbe stata possibile però neanche nell’italia che ci prospettava il governo Prodi oppure nell’ Italia del Partito Democratico con un estabilshment monolitico e contro il quale tu in prima persona stai coraggiosamente lottando.
Il nostro paese è chiuso, impacciato ed incapace di far fiorire germogli di speranza.
A volte penso all’Italia del dopoguerra (che mi è stata raccontata), ai suoi passi da gigante, ed ai tanto bistrattati politici che la caratterizzarono; forse solo in quel periodo la nostra classe politica (a 360°) ha vissuto il suo mandato come una missione, anzi una speranza, “hope” proprio come tu dici, impersonando i sogni e la volontà di un popolo piegato ma volenteroso.
L’unica differenza? Quei politici venivano a loro volta dalla sofferenza, dal carcere o dall’esilio e di quella “speranza” ne erano affamati …
Bravo, Ivan !
E che il tuo viaggio sia di augurio a Baràck !
Bravo, Ivan !
E che il tuo viaggio sia di augurio a Baràck !
L’Italia, purtroppo, è un paese dove “we need” ma “we can’t” affrontare un cambiamento come quello che sta per avvenire negli Stati Uniti.
Siamo un paese che guarda con ammirazione i cambiamenti che avvengono altrove, ma che ha paura di metterli in atto qui da noi, ed in questo modo abbiamo ucciso con le nostre mani la speranza.
Al tuo ritorno portaci tra le altre cose, la speranza di poter attuare anche noi un cambiamento, liberandoci dalla paura che da troppo tempo ci ha pietrificato nelle nostre posizioni.
Fai benissimo ad andare a Chicago: quello americano è l’unico Partito Democratico che vedrai vincere le elezioni per molti, molti, molti anni.
Bravo Ivan, condivido le ragioni della trasferta…e facci sapere che volto ha la speranza, nell’Italia che io conosco non sappiamo proprio cos’è.
Ti abbraccio
Bravo Ivan, condivido le ragioni della trasferta…e facci sapere che volto ha la speranza, nell’Italia che io conosco non sappiamo proprio cos’è.
Ti abbraccio