Mi sento un po’ come rinchiuso in un angolo. Questa cosa di Povia è stata una mossa molto scaltra. A una persona dabbene verrebbe naturale pensare che, insomma, non si può mica perdere la calma per una canzonetta di Sanremo, e che sarà mai! Ma più ci penso, dico la verità, e più mi inalbero. Ma come è possibile che si possa far cantare un ciarpame razzista di quel livello davanti a quindici milioni di persone… vuoi vedere che alla prossima edizione del festival Povia ci propinerà una canzone dal titolo “Anna era ebrea”? (perché sia chiaro che se non facciamo qualcosa di concreto per cambiarla, quella è e resta la rotta della nave Italia). Non so ancora bene cosa, ma bisogna fare qualcosa. E come al solito sarebbe auspicabile che gli italiani civili non lasciassero solo sulle spalle dei gay la difesa della civiltà in questo cavolo di paese. L’omofobia, il razzismo, l’antisemitismo non riguardano solo le vittime dell’intolleranza. Riguardano la democrazia e il vivere civile, che sono patrimonio di tutti. Tutti. Capito?
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Ivan Scalfarotto
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno nel Governo Draghi. Deputato di Italia Viva. Mi occupo di democrazia, di diritti e libertà, di enti locali, impresa e affari internazionali.
Ho fondato Parks - Liberi e Uguali.
79 risposte a “"Anna era ebrea"”
In una situazione normale mi verrebbe da dire che Povia canti pure quello che gli pare, che porti pure quella demenzialità a Sanremo e saranno fatti suoi se farà una figura da cretino. Anzi peggio per lui!
Il punto è che invece questa non è una situazione normale, ma una in cui troppa gente rinuncia al buon senso e alla ragionevolezza e in questo modo (Fromm insegna) dà adito alle peggiori pieghe della storia. E’ un ragionamento aristocratico e snob il mio?
In una situazione normale mi verrebbe da dire che Povia canti pure quello che gli pare, che porti pure quella demenzialità a Sanremo e saranno fatti suoi se farà una figura da cretino. Anzi peggio per lui!
Il punto è che invece questa non è una situazione normale, ma una in cui troppa gente rinuncia al buon senso e alla ragionevolezza e in questo modo (Fromm insegna) dà adito alle peggiori pieghe della storia. E’ un ragionamento aristocratico e snob il mio?
Gli ebrei se soli li nomini, giustamente, ti lanciano un razzo katiuscia sul palco dell’Ariston con tutti i fiori. Il furbastro ha scelto l’obiettivo facile, che al massimo farà un sit-in buono per il pezzo di contorno sul baraccone festivaliero. Sanremo è un carozzone difficile da prendere sul serio, ma non sarebbe male marciarci sopra e interromperlo in qualche modo, ma mica siamo metalmeccanici degli anni ottanta noi. A proposito, vale la pena ricordare che il movimento omossesuale italiano mosse i suoi primi passi, se non sbaglio, nei primi anni Settanta proprio nella città di Sanremo, non per il noto festival bensì per un convegno di medici che sostenevano la tesi dell’omosessualità come malattia da curare. Il convegno, a forza di proteste e incursioni, fu interrotto. Saluti, Luca.
ma non era fromm che diceva che i gay erano dei malati?
pero’ questo vizio Italiano della censura che ha supporters a destra e sinistra a me sta un po’ sui maroni. Non diventeremo mai un paese normale se non si comincia a ragionare in modo normale.
la difesa della liberta’ di parola e’ un valore assoluto, ma che razza di liberali siamo?
Ma che sto stronzo di cantante canti quello che vuole. Esistoni infiniti modi di protestare, a cominciare dai boicottaggi economici, che possono essere letali se orchestrati sapientemente con la comunita “straight”. La comunita’ gay americana non e’ diventata quello che e’ piagnucolando o sopprimendo il primo emendamento di fronte alla prima difficolta’. Suggerisco alla comunita’ gay Italiana di usare piu’ “Milk” (leggi attivismo politico intelligente) e meno “Luxuria” (melodramma italiota improduttivo)…altrimenti rimarrete nella riserva indiana, irrilevanti e a malapena tollerati, come vedo accadere a persone a me care.
pero’ questo vizio Italiano della censura che ha supporters a destra e sinistra a me sta un po’ sui maroni. Non diventeremo mai un paese normale se non si comincia a ragionare in modo normale.
la difesa della liberta’ di parola e’ un valore assoluto, ma che razza di liberali siamo?
Ma che sto stronzo di cantante canti quello che vuole. Esistoni infiniti modi di protestare, a cominciare dai boicottaggi economici, che possono essere letali se orchestrati sapientemente con la comunita “straight”. La comunita’ gay americana non e’ diventata quello che e’ piagnucolando o sopprimendo il primo emendamento di fronte alla prima difficolta’. Suggerisco alla comunita’ gay Italiana di usare piu’ “Milk” (leggi attivismo politico intelligente) e meno “Luxuria” (melodramma italiota improduttivo)…altrimenti rimarrete nella riserva indiana, irrilevanti e a malapena tollerati, come vedo accadere a persone a me care.
A me, se devo essere sincero, la canzone di Povia non sembra omofobica. Parla di uno che era gay (sentiva di esserlo?) e ora non lo è più (non sente più di esserlo?), ed è felice. Nel mondo che considerà l’identità sessuale qualcosa di libero e transeunte non capisco dove stia l’eresia (molti hanno parlato di “guarigione”, ma non mi sembra che nel testo ci sia questo concetto, se sbaglio corigetemi come diceva quel tale). Se fosse stato l’opposto qualcuno si sarebbe sentito offeso? Abbiamo quasi la controprova, del resto: la bella “Gino e l’Alfetta” di Daniele Silvestri.
A chi poi la canzone – perché ferisce la sua sensibilità, perché preferisce Claudio Villa o Marilyn Manson o semplicemente perché è una canzone del cavolo – non se la compri. A cominciare da me, che manco ci penso.
Quindi Massimo, fammi capire, le leggi in vigore in alcuni stati europei che ritengono il negazionismo un reato sono giuste oppure no? Perché vedi, a noi gay viene sempre richiesta un’elasticità mentale e una sportività che ad altre minoranze – giustamente secondo me: e secondo te? – non viene richiesta. Così sulla comunità GLBT si può sparare tranquillamente ad altezza uomo e viene sempre fuori qualche etero dalla mente aperta (aperta a favore dell’aggressore, non dell’aggredito) che ci chiede di essere un po’ più spiritosi… suvvia, che sarà mai! Che il cantante canti quello che vuole, che il Papa dica quello che vuole, che la Binetti dica quello che vuole. Per fortuna in Europa le cose non stanno così, come può confermarti Rocco Buttiglione, che ancora si ricorda di essere stato l’unico commissario europeo designato mai respinto dal Parlamento Europeo nella storia delle istituzioni comunitarie per le sue idee omofobe e razziste. Un’ultima cosa: Vladimir Luxuria, che fa nel suo tempo libero quello che vuole, è personaggio politico di razza. Non sentire la sua voce in parlamento è una vera perdita per questo paese.
Quindi Massimo, fammi capire, le leggi in vigore in alcuni stati europei che ritengono il negazionismo un reato sono giuste oppure no? Perché vedi, a noi gay viene sempre richiesta un’elasticità mentale e una sportività che ad altre minoranze – giustamente secondo me: e secondo te? – non viene richiesta. Così sulla comunità GLBT si può sparare tranquillamente ad altezza uomo e viene sempre fuori qualche etero dalla mente aperta (aperta a favore dell’aggressore, non dell’aggredito) che ci chiede di essere un po’ più spiritosi… suvvia, che sarà mai! Che il cantante canti quello che vuole, che il Papa dica quello che vuole, che la Binetti dica quello che vuole. Per fortuna in Europa le cose non stanno così, come può confermarti Rocco Buttiglione, che ancora si ricorda di essere stato l’unico commissario europeo designato mai respinto dal Parlamento Europeo nella storia delle istituzioni comunitarie per le sue idee omofobe e razziste. Un’ultima cosa: Vladimir Luxuria, che fa nel suo tempo libero quello che vuole, è personaggio politico di razza. Non sentire la sua voce in parlamento è una vera perdita per questo paese.
Luca, “non sembra”?! Scusami ma quello che sembra a te è completamente irrilevante. Qui si chiede se sia possibile dire allegramente in diretta televisiva che i gay sono dei malati da curare oppure no, senza che vi sia alcuno stigma sociale attaccato alla vicenda. La risposta tua e di Maurizio confermano le mie peggiori preoccupazioni: anche persone colte e intelligenti finché non toccate nella sfera delle proprie libertà, della libertà altrui poco si preoccupano, senza pensare che la libertà c’è o non c’è per tutti, tertium non datur. Un paese meno libero e rispettoso di me è un paese meno libero e rispettoso anche per te, amico mio. Se tolleri che ci siano cittadini di serie B senza battere ciglio o passandoci su graziosamente con le tue soggettivissime opinioni, presto o tardi diventerai anche tu un cittadino di serie B. L’offesa si misura su un solo metro: quella dell’offeso, non quella di chi offende, né di terze persone neutre. C’è davvero molto lavoro da fare per risvegliare le coscienze di questo povero paese.
Ivan, scusami ma sembri fuori tiro: il punto non è che la canzone parla di malattia/guarigione (aggiunta ad arte o meno c’è una strofa che lo nega) ma che invece con un luogo comune patetico, smentito dalla generale crisi della famiglia, equipari gay=infelice con famiglia problematica vs etero=felice con famiglia risolta. Il che è anche una cazzata perchè ovviamente la famiglia del gay era etero! Questo ovviamente non possiamo rimproverarlo ad un minus come Povia che probabilmente ha avuto un suo personale vissuto di questo tipo e che magari ha trovato qualche furbo che ha approfittato di lui (che gay in realtà NON è mai stato) come tanti approfittano delle ragazzine sbandate. Il problema è che il messaggio verrà recepito acriticamente dal becero pubblico di Sanremo. E se è vero che spesso i rapporti familiari dei gay non sono facili, questa canzone non aiuterà certo a migliorare le cose come potrebbe fare insegnando alla gente che gay o etero si può raggiungere la felicità e che non c’è motivo perchè “la società” debba impedirlo attivamente o anche solo passivamente con l’indifferenza.
Ivan, scusami ma sembri fuori tiro: il punto non è che la canzone parla di malattia/guarigione (aggiunta ad arte o meno c’è una strofa che lo nega) ma che invece con un luogo comune patetico, smentito dalla generale crisi della famiglia, equipari gay=infelice con famiglia problematica vs etero=felice con famiglia risolta. Il che è anche una cazzata perchè ovviamente la famiglia del gay era etero! Questo ovviamente non possiamo rimproverarlo ad un minus come Povia che probabilmente ha avuto un suo personale vissuto di questo tipo e che magari ha trovato qualche furbo che ha approfittato di lui (che gay in realtà NON è mai stato) come tanti approfittano delle ragazzine sbandate. Il problema è che il messaggio verrà recepito acriticamente dal becero pubblico di Sanremo. E se è vero che spesso i rapporti familiari dei gay non sono facili, questa canzone non aiuterà certo a migliorare le cose come potrebbe fare insegnando alla gente che gay o etero si può raggiungere la felicità e che non c’è motivo perchè “la società” debba impedirlo attivamente o anche solo passivamente con l’indifferenza.
Per me questa storia è una trappola, uno specchietto per le allodole. Insomma, la polemica mi pare troppo facile, e subito bisogna lasciare spazio alle associazioni gay a lanciare strali contro questa canzone. Ma insomma, che uno canti quello che gli pare, qualsiasi cosa, sarà l’intelligenza delle persone a stabilire cosa vale o meno. Ed in effetti semmai il problema sta a monte: all’intelligenza di quelle persone che hanno deciso, scartandone chissà quante altre, che questa canzone era meritevole di partecipare al festival della canzone italiana.
Io, se qualcuno penserà che questa canzone travalichi il singolo vissuto (o la fantasia) dell’autore e possa assurgere ad esempio di vita non me la sento proprio di dover combattere per far capire (ancora?) che non è così, non sempre. Uno può essere gay, vero o per finta, e miracolosamente tornare sulla “retta via”, che gioia per la pecorella smarrita che ritorna. Un sacco di pecorelle, comunque, continuano a smarrirla, la retta vita. Sarà anche una questione di libertà, no? poi certo, dietro alla canzone non c’è solo questo, ma anche un mucchio di luoghi comuni stucchevoli e sciocchezze (comunque tutto ipotizzando: stiamo parlando di una canzone che nessuno ha sentito e, credo, quello che sappiamo è per sentito dire da Repubblica) ma qui ritorno al discorso iniziale, ma che canti quello che gli pare. Mi pare una cosa troppo poco intelligente anche perdere fiato a criticare.
X MAio
Bene, ora applica il tuo discorso alle scritte “Ebrei ai forni” e alla svastiche dipinte nel quartiere ebraico di Roma. Sono cose così cretine che non vale la pena criticarle, vero? Lasciamo che questi stupidi di neonazisti esprimano liberamente il loro punto di vista che in fondo non “travalica il loro singolo vissuto e la loro fantasia” ecc. Insomma, secondo te anything goes, tutto è accettabile, tutto è ammissibile, inneggiare ai mafiosi, insultare i neri o gli ebrei o i rom o i gay, in fondo tutto è espressione di punti di vista personali, così stupidi che è stupido criticarli, vero?
Altro che specchietto per le allodole, questa storia, come a suo tempo la richiesta di espulsione della Binetti dal PD, sono la cartina di tornasole per constatare il bassissimo livello di cultura politica del nostro paese, cultura politica che (qui come altrove) si misura in primis sul rispetto dell’altro e, in particolare, delle minoranze. Chi dichiara accettabile insultare le minoranze in nome di una presunta libertà d’espressione o perché sono “cose troppo poco intellingenti per perdere fiato a criticarle” dimostra di avere una determinata cultura politica, quella appunto per la quale è legittimo dare addosso al diverso, alle minoranze ecc. E ci fa pure la predica! Mai come in questi mesi ho imparato a vedere con altri occhi le persone che mi stanno intorno.
X MAio
Bene, ora applica il tuo discorso alle scritte “Ebrei ai forni” e alla svastiche dipinte nel quartiere ebraico di Roma. Sono cose così cretine che non vale la pena criticarle, vero? Lasciamo che questi stupidi di neonazisti esprimano liberamente il loro punto di vista che in fondo non “travalica il loro singolo vissuto e la loro fantasia” ecc. Insomma, secondo te anything goes, tutto è accettabile, tutto è ammissibile, inneggiare ai mafiosi, insultare i neri o gli ebrei o i rom o i gay, in fondo tutto è espressione di punti di vista personali, così stupidi che è stupido criticarli, vero?
Altro che specchietto per le allodole, questa storia, come a suo tempo la richiesta di espulsione della Binetti dal PD, sono la cartina di tornasole per constatare il bassissimo livello di cultura politica del nostro paese, cultura politica che (qui come altrove) si misura in primis sul rispetto dell’altro e, in particolare, delle minoranze. Chi dichiara accettabile insultare le minoranze in nome di una presunta libertà d’espressione o perché sono “cose troppo poco intellingenti per perdere fiato a criticarle” dimostra di avere una determinata cultura politica, quella appunto per la quale è legittimo dare addosso al diverso, alle minoranze ecc. E ci fa pure la predica! Mai come in questi mesi ho imparato a vedere con altri occhi le persone che mi stanno intorno.
Sta canzone è un guaio.
Perchè se non reagisci, lasci circolare indisturbato un messaggio sbagliato e negativo: e dio solo sa se in italia avevamo bisogno di ulteriori messaggi sbagliati su qeusti temi!
Se reagisci ti esponi all’accusa di occuparti di stronzate; susciti insofferenza, fastidio: ma sono solo canzonette no? lascia perdere ecc. ecc.
Purtroppo televisione e canzonette contano invece. E sanremo benchè pietoso relitto del passato (e, anzi, proprio per questo molto in sintonia colla realtà di questo paese), viene ancora visto da parecchi milioni di persone.
E, spesso, fra questi milioni ci sono proprio quelli che invece non leggono saggi, non seguono dibatiti scientifici sulla sessualità, non s’interessano di cosa succede in altri paesi (se lo sanno, non ne percepiscono la realtà: per loro è esotismo,poco più che curiosità) non si connettono al sito della casa bianca per vedere cosa comunica pubblicamente ai suoi cittadini la maggiore istituzione del paese leader dell’occidente ecc. ecc. ..
In un parola sono proprio quei milioni che è sempre difficile raggiungere con messaggi diversi, e che sono invece lì pronti ad essere riconfermati nell’ottusità e nel pregiudizio, nel terribile “senso comune” (che è cosa diversa dal buon senso).
ivan,
il problema non sta nel cosa canta il ciellino povia, a cui va comunque tutto il mio biasimo;
bensì in cosa NON cantano cantanti gay e lesbiche italiani/e, dichiarati/e o meno che siano.
certo, siamo più propensi a piangerci addosso, a chiamare la mamma se pierino ci ruba la merenda (che è vero, non si fa ed è giusto che ci siano leggi in tal senso) piuttosto che a dire, a scrivere, a cantare, a mostrare quanto siamo
fieri e orgogliosi e felici di essere ciò che siamo, senza le benedizioni della chiesa e, per ora, i riconoscimenti dello stato (ma comunque impegnati a rompere i coglioni perchè quest’ultimo faccia ciò che il diritto e l’europa chiedono).
vladimir , oltre ad aver lavorato (bene) come deputato (nonostante i vistosi limiti della sua coalizione), partecipando a quel discutibile reality ha dimostrato una sensibilità ed un’umanità fuori dal comune e questo è stato recepito da molti e probabilmente fra questi qualcuno a mutato il suo giudizio su gay, lesbiche e trans.
povia fa militanza cattolico-integralista è suo diritto? in democrazia si, finchè non incita alla discriminazione.
non dobbiamo premere perchè sia negato a lui il diritto di cantare le sue fetenti strofe.
però faremmo bene a spingere i tanti artisti glbt a darsi pur loro una mossa, a metterci la faccia.
per metterla in battuta a “tirar fuori le palle”.
luxxuria l’ha fatto, lorsignori/e che aspettano?
ivan,
il problema non sta nel cosa canta il ciellino povia, a cui va comunque tutto il mio biasimo;
bensì in cosa NON cantano cantanti gay e lesbiche italiani/e, dichiarati/e o meno che siano.
certo, siamo più propensi a piangerci addosso, a chiamare la mamma se pierino ci ruba la merenda (che è vero, non si fa ed è giusto che ci siano leggi in tal senso) piuttosto che a dire, a scrivere, a cantare, a mostrare quanto siamo
fieri e orgogliosi e felici di essere ciò che siamo, senza le benedizioni della chiesa e, per ora, i riconoscimenti dello stato (ma comunque impegnati a rompere i coglioni perchè quest’ultimo faccia ciò che il diritto e l’europa chiedono).
vladimir , oltre ad aver lavorato (bene) come deputato (nonostante i vistosi limiti della sua coalizione), partecipando a quel discutibile reality ha dimostrato una sensibilità ed un’umanità fuori dal comune e questo è stato recepito da molti e probabilmente fra questi qualcuno a mutato il suo giudizio su gay, lesbiche e trans.
povia fa militanza cattolico-integralista è suo diritto? in democrazia si, finchè non incita alla discriminazione.
non dobbiamo premere perchè sia negato a lui il diritto di cantare le sue fetenti strofe.
però faremmo bene a spingere i tanti artisti glbt a darsi pur loro una mossa, a metterci la faccia.
per metterla in battuta a “tirar fuori le palle”.
luxxuria l’ha fatto, lorsignori/e che aspettano?
Povia si è già prenotato per il Festival 2010, porterà un pezzo dal titolo “Magdì era musulmano”. Allora ci sarà da divertirsi…
Continuazione.
Allora primo entriamo nel merito. Perchè è sbagliata e inaccettabile questa canzone? Analizziamola (e con questo vorrei rispondere a luca-gras e maio).
‘E vero non parla esplicitamente di malattia e guarigione. E ci mancherebbe altro!!
Anzi contiene un verso che appositamente (troppo appositamente?) lo nega.
Ma cercate di essere obbiettivi: basta quel versetto, per cambiare di segno e di senso tutto un testo che invece univocamente manda un certo messaggio?
Non vi sembra molto più ragionevole riconoscere che si tratta della classica foglia di fico? una furbesco inserimento per pararsi il culo, per poter dire: “ma nooo chi ha parlato di malattia? Anzi diciamo di no…”
Vediamo invece allora cosa “racconta” questo testo, versetto paraculo o meno.
Racconta di uno con padre assente e mezzo alcolizzato e madre possessiva e insoddisfatta del marito, che “diventa” gay, finendo con un uno molto più adulto ai limiti della pedofilia (!), ma è infelice: non è quello il suo vero destino; poi invece trova il “vero” amore: una ragazza che lo ama e di cui si innamora: così “torna” etero. E adesso che è etero finalmente si può dire, come nelle fiabe, “e vissero per sempre felici e contenti”.
Ora, c’è bisogno di dilungarsi, per spiegare quanti siano i pregiudizi e gli stereotipi veicolati da una storia architettata così? Come giustamente ha scritto repubblica l’omosessualità è presentata come una “deviazione” dalla “retta via”, qualcosa che nasce dall’infelicità, porta necessariamente ad altra infelicità, mentre solo l’eterosessualità realizza pienamente la persona.
Il che, in pratica, è uguale a dire che si tratta di una malattia (in psicologia quale altro sarebbe il significato di malattia se non questo?).
Però luca-gras dice: ma l’identità sessuale è qualcosa di libero e transeunte ecc. per cui che c’è di strano se uno è gay e poi diventa etero, come se uno è etero e poi diventa gay?
Con questo discorso, caro luca, provi troppo. Tu, con generosa liberalità, vuoi applicare alla canzone una concezione da cui in realtà la canzone è lontana mille miglia (e di cui semmai gli autori si approfittano, appunto, per veicolare i loro messaggi sbagliati).
E infatti, vedi, la grande differenza sta qui: nella tua concezione i “passaggi” sono si possibili, ma sono anche considerati neutri. Ossia proprio perchè la sessualità è libera, sfumata, indefinita, transeunte, è ok quando sei gay ed è ok quando sei etero, puoi star bene da gay e puoi star bene da etero. L’ottica è neutrale.
Nella canzone di Povia no!
Nella canzone di Povia il messaggio è: c’era un destino sbagliato che faceva star male la persona, ed era l’omosessualità; e c’è invece una strada “giusta” che ti fa star bene ed è l’eterosessualità. Per fortuna si può passare dalla strada sbagliata a quella giusta.
Luca “era” gay; ora, e per sempre, “è” etero: indietro non ci torna più. Ti dicono nulla i verbi?
Non sono contemplati altri passaggi: il passaggio è a senso unico. Il messaggio non è che la sessualità è libera e fluida, bensì che c’è una sessualità “sbagliata” ed una “giusta”; si può sbagliare strada, ma poi una volta trovata quella giusta…
Ti sembra la stessa cosa ora? ‘E l’implicita, ma chiarissima ed evidente, presenza di un giudizio, a fare la differenza.
E poi, in termini più politici, bisogna considerare il contesto.
Si, certo, sono convinto anch’io che la sessualità umana si presti a molte sfumature,a “dosaggi” , a trasformazioni, ad articolazioni più complesse delle categorie .
Non bisogna nemmeno trascurare però il dato di esperienza per cui a una certa età, la maggior parte delle persone raggiungono un orientamento sessuale, almeno prevalente, sostanzialmente stabile, orientamento che si intreccia in modo inestricabile con la loro identità, il loro vissuto, la loro struttura psicologica.
Questa osservazione, naturalmente, non va intesa in senso normativo: non è una necessità, anche queste persone potrebbero vivere nuove e diverse esperienze, non si può escludere nulla.
Tuttavia il senso dell’osservazione è: un conto è non avere preclusioni, altro conto è porsi necessariamente come problematica la stabilità dell’orientamento sessuale.
Se quelli stanno bene così, amen, fatti loro.
Quindi possiamo parlare di persone gay, etero, bisex ecc. e non solo di omosessualità, eterosessualità ecc.
Detto questo veniamo al contesto allora.
I gay sono una minoranza. E in italia le concezioni ancora dominanti le sappiamo.
Se io in questo contesto vado a parlare, e nei termini in cui lo fa povia!, di cambiamenti dell’orientamento sessuale, cosa credete che recepisca la gente, il pubblico?
Credete che capiscano che la sessualità è fluida e indefinita e che quindi non si sa mai?
O capiranno invece che i “gay” sono recuperabili, che si “diventa” gay per errori nell’educazione ecc. ma si può “rimediare”?
Io direi la seconda.
Vi rendete conto del danno che si fa?
Lo sapete che la prima reazione della gran maggioranza dei padri e delle madri in italia quando scoprono che un figlio adolescente è gay è quella di pensare di poterlo “guarire”, o “cambiare”, o farlo tornare “normale”? La prima cosa che fanno è andare da preti, psicologi, medici ecc. E non per far star bene il figlio. Chiedono se è possibile “cambiarlo”.
Sentire una canzone così non fa che accrescere e confermare questi pregiudizi e questo approccio sbagliato alla sessualità.
Quanto a gino e l’alfetta.
No, il paragone non regge.
Appunto perchè il mondo, e la realtà sociale è asimmetrica. I gay sono minoranza.
In un mondo fatto a misura di etero (ma ci pensate ogni tanto?) tutti noi gay(maschi) siamo cresciuti sentendoci chiedere: ce l’hai la fidanzatina?
In altre parole tutti siamo cresciuti “etero” : nel senso che per la società tutta,( famiglia, scuola, chiesa, amici ecc. )dovevamo essere etero, benchè magari più o meno consapevoli dell’attrazione per persone del nostro sesso.
Si cresce nella negazione di sé; e di conseguenza ci si nega.
Ecco allora che per il gay è la regola che ci sia il “passaggio” all’omosessualità, magari tardo.
Nel senso che mentre un etero cresce da etero e, con la pubertà, vedrà confermata nei fatti l’attrazione per l’altro sesso che la società gli ha sempre attribuito, il gay cresce nella negazione che possa esser tale, sicchè deve per forza “scoprire” la sua omosessualità. Il gay cresce da “etero” anche lui perchè così presuppone la società, e quindi per essere sé stesso DEVE DIVENTARE gay.
Questa è la realtà, con rarissime eccezioni.
E poi c’è sempre il contesto di cui tener conto.
L’eterosessualità è approvata; l’omosessualità avversata.
Se io OGGI faccio una canzone in cui un etero “diventa” gay, faccio una canzone di rottura.
Se io OGGI faccio una canzone in cui un gay “diventa” etero do una grossa mano ad una imperante cultura oscurantista, conservatrice, retrograda.
Sono i punti di partenza a rendere diverso l’effetto e dunque il senso delle due cose, (benchè in un ottica di analisi non ideologica e consapevole della sessualità umana entrambe possibili).
Infine in gino e l’alfetta non c’era (se ben ricordo se no mi “corigerai ” tu) un atteggiamento di rimostranza, un giudizio negativo sulla vita da etero.
A differenza della storia che vuole cantare povia.
E allora, come ripeto, se si trattasse solo di racontare la “fluidità” della sessualità umana in un ottica neutrale, mi starebbe bene anche il pasaggio da gay ad etero pur con i pericoli suddetti a causa del nostro contesto, ma insomma stando attenti si potrebbe fare.
Però povia come ho dimostrato non fa questo.
Continuazione.
Allora primo entriamo nel merito. Perchè è sbagliata e inaccettabile questa canzone? Analizziamola (e con questo vorrei rispondere a luca-gras e maio).
‘E vero non parla esplicitamente di malattia e guarigione. E ci mancherebbe altro!!
Anzi contiene un verso che appositamente (troppo appositamente?) lo nega.
Ma cercate di essere obbiettivi: basta quel versetto, per cambiare di segno e di senso tutto un testo che invece univocamente manda un certo messaggio?
Non vi sembra molto più ragionevole riconoscere che si tratta della classica foglia di fico? una furbesco inserimento per pararsi il culo, per poter dire: “ma nooo chi ha parlato di malattia? Anzi diciamo di no…”
Vediamo invece allora cosa “racconta” questo testo, versetto paraculo o meno.
Racconta di uno con padre assente e mezzo alcolizzato e madre possessiva e insoddisfatta del marito, che “diventa” gay, finendo con un uno molto più adulto ai limiti della pedofilia (!), ma è infelice: non è quello il suo vero destino; poi invece trova il “vero” amore: una ragazza che lo ama e di cui si innamora: così “torna” etero. E adesso che è etero finalmente si può dire, come nelle fiabe, “e vissero per sempre felici e contenti”.
Ora, c’è bisogno di dilungarsi, per spiegare quanti siano i pregiudizi e gli stereotipi veicolati da una storia architettata così? Come giustamente ha scritto repubblica l’omosessualità è presentata come una “deviazione” dalla “retta via”, qualcosa che nasce dall’infelicità, porta necessariamente ad altra infelicità, mentre solo l’eterosessualità realizza pienamente la persona.
Il che, in pratica, è uguale a dire che si tratta di una malattia (in psicologia quale altro sarebbe il significato di malattia se non questo?).
Però luca-gras dice: ma l’identità sessuale è qualcosa di libero e transeunte ecc. per cui che c’è di strano se uno è gay e poi diventa etero, come se uno è etero e poi diventa gay?
Con questo discorso, caro luca, provi troppo. Tu, con generosa liberalità, vuoi applicare alla canzone una concezione da cui in realtà la canzone è lontana mille miglia (e di cui semmai gli autori si approfittano, appunto, per veicolare i loro messaggi sbagliati).
E infatti, vedi, la grande differenza sta qui: nella tua concezione i “passaggi” sono si possibili, ma sono anche considerati neutri. Ossia proprio perchè la sessualità è libera, sfumata, indefinita, transeunte, è ok quando sei gay ed è ok quando sei etero, puoi star bene da gay e puoi star bene da etero. L’ottica è neutrale.
Nella canzone di Povia no!
Nella canzone di Povia il messaggio è: c’era un destino sbagliato che faceva star male la persona, ed era l’omosessualità; e c’è invece una strada “giusta” che ti fa star bene ed è l’eterosessualità. Per fortuna si può passare dalla strada sbagliata a quella giusta.
Luca “era” gay; ora, e per sempre, “è” etero: indietro non ci torna più. Ti dicono nulla i verbi?
Non sono contemplati altri passaggi: il passaggio è a senso unico. Il messaggio non è che la sessualità è libera e fluida, bensì che c’è una sessualità “sbagliata” ed una “giusta”; si può sbagliare strada, ma poi una volta trovata quella giusta…
Ti sembra la stessa cosa ora? ‘E l’implicita, ma chiarissima ed evidente, presenza di un giudizio, a fare la differenza.
E poi, in termini più politici, bisogna considerare il contesto.
Si, certo, sono convinto anch’io che la sessualità umana si presti a molte sfumature,a “dosaggi” , a trasformazioni, ad articolazioni più complesse delle categorie .
Non bisogna nemmeno trascurare però il dato di esperienza per cui a una certa età, la maggior parte delle persone raggiungono un orientamento sessuale, almeno prevalente, sostanzialmente stabile, orientamento che si intreccia in modo inestricabile con la loro identità, il loro vissuto, la loro struttura psicologica.
Questa osservazione, naturalmente, non va intesa in senso normativo: non è una necessità, anche queste persone potrebbero vivere nuove e diverse esperienze, non si può escludere nulla.
Tuttavia il senso dell’osservazione è: un conto è non avere preclusioni, altro conto è porsi necessariamente come problematica la stabilità dell’orientamento sessuale.
Se quelli stanno bene così, amen, fatti loro.
Quindi possiamo parlare di persone gay, etero, bisex ecc. e non solo di omosessualità, eterosessualità ecc.
Detto questo veniamo al contesto allora.
I gay sono una minoranza. E in italia le concezioni ancora dominanti le sappiamo.
Se io in questo contesto vado a parlare, e nei termini in cui lo fa povia!, di cambiamenti dell’orientamento sessuale, cosa credete che recepisca la gente, il pubblico?
Credete che capiscano che la sessualità è fluida e indefinita e che quindi non si sa mai?
O capiranno invece che i “gay” sono recuperabili, che si “diventa” gay per errori nell’educazione ecc. ma si può “rimediare”?
Io direi la seconda.
Vi rendete conto del danno che si fa?
Lo sapete che la prima reazione della gran maggioranza dei padri e delle madri in italia quando scoprono che un figlio adolescente è gay è quella di pensare di poterlo “guarire”, o “cambiare”, o farlo tornare “normale”? La prima cosa che fanno è andare da preti, psicologi, medici ecc. E non per far star bene il figlio. Chiedono se è possibile “cambiarlo”.
Sentire una canzone così non fa che accrescere e confermare questi pregiudizi e questo approccio sbagliato alla sessualità.
Quanto a gino e l’alfetta.
No, il paragone non regge.
Appunto perchè il mondo, e la realtà sociale è asimmetrica. I gay sono minoranza.
In un mondo fatto a misura di etero (ma ci pensate ogni tanto?) tutti noi gay(maschi) siamo cresciuti sentendoci chiedere: ce l’hai la fidanzatina?
In altre parole tutti siamo cresciuti “etero” : nel senso che per la società tutta,( famiglia, scuola, chiesa, amici ecc. )dovevamo essere etero, benchè magari più o meno consapevoli dell’attrazione per persone del nostro sesso.
Si cresce nella negazione di sé; e di conseguenza ci si nega.
Ecco allora che per il gay è la regola che ci sia il “passaggio” all’omosessualità, magari tardo.
Nel senso che mentre un etero cresce da etero e, con la pubertà, vedrà confermata nei fatti l’attrazione per l’altro sesso che la società gli ha sempre attribuito, il gay cresce nella negazione che possa esser tale, sicchè deve per forza “scoprire” la sua omosessualità. Il gay cresce da “etero” anche lui perchè così presuppone la società, e quindi per essere sé stesso DEVE DIVENTARE gay.
Questa è la realtà, con rarissime eccezioni.
E poi c’è sempre il contesto di cui tener conto.
L’eterosessualità è approvata; l’omosessualità avversata.
Se io OGGI faccio una canzone in cui un etero “diventa” gay, faccio una canzone di rottura.
Se io OGGI faccio una canzone in cui un gay “diventa” etero do una grossa mano ad una imperante cultura oscurantista, conservatrice, retrograda.
Sono i punti di partenza a rendere diverso l’effetto e dunque il senso delle due cose, (benchè in un ottica di analisi non ideologica e consapevole della sessualità umana entrambe possibili).
Infine in gino e l’alfetta non c’era (se ben ricordo se no mi “corigerai ” tu) un atteggiamento di rimostranza, un giudizio negativo sulla vita da etero.
A differenza della storia che vuole cantare povia.
E allora, come ripeto, se si trattasse solo di racontare la “fluidità” della sessualità umana in un ottica neutrale, mi starebbe bene anche il pasaggio da gay ad etero pur con i pericoli suddetti a causa del nostro contesto, ma insomma stando attenti si potrebbe fare.
Però povia come ho dimostrato non fa questo.
@Kamillo: la canzone ‘anti-Povia’ (ma in realtà è assai fuorviante considerarla così) c’era: ‘Perfetti’, presentata da Niccolò Agliardi che avrebbe dovuto cantarla in coppia con la Vanoni.
Purtroppo al Festival non ci sarà, per motivi misteriosi: “Agliardi avrebbe dovuto proporre ‘Perfetti’ all’Ariston in coppia con Ornella Vanoni. Il cantautore, interpellato dall’ANSA, svela che la Vanoni «ora è molto dispiaciuta. Il progetto era pronto. Alla fine del nostro incontro, abbiamo anche brindato. Ma dopo mezz’ora sono cominciati i problemi con i produttori e la casa discografica.»
E ancora. “Niente canzone sull’amore gay a Sanremo. Niccolò Agliardi, cantautore rimasto fuori da Sanremo giovani perché scaricato all’ultim’ora da una madrina (si dice Ornella Vanoni), aveva chiesto a Paolo Bonolis di ospitare fuori concorso la sua «Perfetti», ideale contraltare al pezzo «Luca era gay» di Povia, storia di un omosessuale che cambia idea. «Auguro ad Agliardi tutto il bene e la fortuna perché è bravo, ma sicuramente non troverà posto al Festival», ha detto Bonolis a margine di una puntata di «Porta a porta» sul Festival che va in onda martedì 13 su Raiuno.
Ah, la canzone si può ascoltare qui: http://www.youtube.com/watch?v=W8zzulGF0Xs
Caro Ivan, condivido appieno.
Il fatto è che se in Occidente (luogo nel quale l’italia non c’è) ci fossero dei concorrenti del locale festival della canzone che presentassero canzoni omofobiche, succederebbe un casino a partire proprio dalle autorità, prima che dal pubblico. Così come sarebbe subito espulsa la concorrente del locale Grande Fratello che dicesse in tivvù di essere orgogliosamente omofobica.
Uno dei problemi italiani è che l’italiano medio è fiero di discriminare determinate minoranze. Ultimamente, la mira è stata spostata sugli ebrei (vedere http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/negozi-ebrei-roma/negozi-ebrei-roma/negozi-ebrei-roma.html) che ora fanno compagnia alle minoranze di solito prese a schiaffe con tanta fierezza dalla maggioranza: gay, extracomunitari, zingari.
Chi dice: c’è libertà d’espressione non ha ancora afferrato che la libertà d’espressione NON SIGNIFICA che chiunque possa dire qualunque cosa, ma che chiunque possa dire qualunque cosa CHE NON OFFENDA NESSUNO.
Proprio stamane l’autorità inglese sulla pubblicità ha, per dire, stabilito che la pubblicità NO GOD sui bus inglesi non offende il comune senso della religione. Quindi, si può fare. Avessero insultato dio, non gliel’avrebbero fatta fare, per rispetto di chi è religioso.
Scusa, ho sbagliato il link. Quella è un’altra canzone di Agliardi. 🙂
Il link corretto è questo qui: http://www.youtube.com/watch?v=Um6eU19-MKo
Scusa, ho sbagliato il link. Quella è un’altra canzone di Agliardi. 🙂
Il link corretto è questo qui: http://www.youtube.com/watch?v=Um6eU19-MKo
Ivan,
non e’ che se gli europei si buttano dalla finestra io li debba seguire ciecamente. penso che, coerentemente con il mio supporto assoluto per la liberta’ di parola, le leggi europee sul negazionismo siano ovviamente sbagliate e dimostrino solo l’immaturita’ e la debolezza delle democrazie europee, ancora intrappolate nella loro storia e paure dei fascismi e troppo timide per dare piena cittadinanza ai loro cittadini, anche quelli che sbagliano.
mi rimetto agli standard americani sulla liberta’ di parola, standard che conosco bene per esperienza diretta:
l’unica eccezione che accetto e’ e.g. quella del pericolo immediato per l’incolumita’ di terzi, come l’incitamento al linciaggio e poche altre.
il che vuol dire che fascisti, KKK, revisionisti, preti, bigotti etc possono benissimi dire le loro cazzate nella pubblica piazza senza che mi scomponga minimamente…perche’ come progressista, liberale, ateo so che il prossimo bavaglio sara’ sulla mia bocca se accetto ora il bavaglio sulla loro….una argomentazione “slippery slope, se vuoi, ma non tutte le argomentazioni “slippery slope” sono false….per me rimane una problema abbastanza semplice:
“I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it”….or… “Als die Nazis die Kommunisten holten, habe ich geschwiegen; ich war ja kein Kommunist. …..” you got the gist.
cio’ non toglie il mio diritto a stracciare verbalmente le idee opposte alla mia, con tutta la forza che una argomentazione logica puo’ avere; cio’ non toglie che cerchero in tutti i modi di avere lo scalpo del mio avversario con ogni mezzo possibile …. ma senza usare la forza del governo per tappargli la bocca: basta usare il Mercato…incentivi e disincentivi….sei un economista, dovresti capire di che parlo.
guarda come stanno “punendo” i business che hanno sponsorizzato Proposition 8 in California. quello fa male, manda un messaggio chiaro, fa pensare, e’ democratico e non usa il governo/la’utorita’ per ledere la liberta’ di espressione.
il mio rilievo di fondo e’ che mi sei sembrato “uncharacteristically way too emotional” su questa questione. Se sul piano personale ti capisco (mia sorella che amo tanto e’ lesbica e so il senso di accerchiamento che si puo’ provare in una societa omofobica e clericale come quella Italiana che per fortuna ho abbandonato definitivamente), su quello politico no, perche’ l’adesione al liberalismo per me viene prima e vorrei che i politic italiani avessero pochi principi ma chiari.
(PS: Luxuria la seguo poco, non arriva in America….quindi I’m probably talking out of my ass. epidermicamente direi pero’ che ti lascio Luxuria ed io mi tengo Barney Frank…! )
Massimo, nelle aziende americane si viene licenziati in tronco per aver espresso un commento razzista su un collega: io lo so bene. Lo stigma sociale che negli Stati Uniti o nel nord Europa circonda chi esprime opinioni razziste o sessiste è più forte di qualsiasi legge: ecco perché non c’è bisogno di una legge. In Italia, l’omofobia non solo non è colpita da uno stigma sociale, ma è addirittura “sponsorizzata” apertamente dalla Chiesa, dal governo e dai media. Il che rende la mia reazione più che “emotional”, la rende stupefatta e attonita. Che l’omofobia non solo non venga perseguita e condannata, ma celebrata e benedetta in pompa magna sul palco fiorito di Sanremo in prima serata televisiva è veramente il segno di una totale confusione tra il bene e il male e del decadimento del ruolo della politica, di educare il paese alla tolleranza, al civismo e al progresso. Pensa a quanti ragazzini gay in giro per il paese saranno “aiutati” nel guadagnarsi rispetto e accettazione da questa canzone, qual è il modello culturale che passerà alla pancia del paese: se Luca “era” gay, anche tu puoi tornare etero, figlio mio. Poche storie, smettila di fare il frocio. E allora evviva la libertà di parola, ma senza per questo dare necessariamente risalto e audience a tesi e posizioni che farebbero arrossire qualsiasi persona civile. Che Povia, appunto, vada a dire le sue cose nella pubblica piazza insieme al KKK, non su Rai1 nel momento di massimo ascolto dell’anno.
Massimo, nelle aziende americane si viene licenziati in tronco per aver espresso un commento razzista su un collega: io lo so bene. Lo stigma sociale che negli Stati Uniti o nel nord Europa circonda chi esprime opinioni razziste o sessiste è più forte di qualsiasi legge: ecco perché non c’è bisogno di una legge. In Italia, l’omofobia non solo non è colpita da uno stigma sociale, ma è addirittura “sponsorizzata” apertamente dalla Chiesa, dal governo e dai media. Il che rende la mia reazione più che “emotional”, la rende stupefatta e attonita. Che l’omofobia non solo non venga perseguita e condannata, ma celebrata e benedetta in pompa magna sul palco fiorito di Sanremo in prima serata televisiva è veramente il segno di una totale confusione tra il bene e il male e del decadimento del ruolo della politica, di educare il paese alla tolleranza, al civismo e al progresso. Pensa a quanti ragazzini gay in giro per il paese saranno “aiutati” nel guadagnarsi rispetto e accettazione da questa canzone, qual è il modello culturale che passerà alla pancia del paese: se Luca “era” gay, anche tu puoi tornare etero, figlio mio. Poche storie, smettila di fare il frocio. E allora evviva la libertà di parola, ma senza per questo dare necessariamente risalto e audience a tesi e posizioni che farebbero arrossire qualsiasi persona civile. Che Povia, appunto, vada a dire le sue cose nella pubblica piazza insieme al KKK, non su Rai1 nel momento di massimo ascolto dell’anno.
Che si possa ritenere “sbagliata e inaccettabile” la canzone di Povia lo capisco perfettamente. Che per questo si invochi lo “stigma sociale” lo posso pure capire, anche se francamente penso che il casino su ‘sta cosa sia assolutamente controproducente. Che si giunga a sostenere che dev’essere impedito che Povia vada a Sanremo mi sembra una follia, che fa molto male a chi lo dice.
Dover trasformare Povia nell’eroe della libertà di espressione è ridicolo, ma a questo punto rischia di diventare necessario.
Anellidifumo scrive che in un paese democratico si può dire/scrivere ogni cosa “purché non offenda nessuno”.
Vasto programma, diceva quel tale. Perché praticamente qualunque opinione, espressa, può essere considerata offensiva da qualcun altro.
Secondo me la campagna dell’UAAR sugli autobus era una provocazione controproducente, ma penso che fosse assolutamente legittima e che nessuna legge ne avrebbe potuto/dovuto invocare il divieto. Perché se uno pensa che affermare “Dio non esiste” sia offensivo nei confronti dei credenti di qualunque religione, e come tale andrebbe vietato, è chiaro che semplicemente lo Stato liberale/democratico se ne va a quel paese. Tuttavia molti credenti si sono sentiti effettivamente offesi, e questo è comprensibile. “Toccati dentro” dal semplice leggere un’affermazione simile. Come molti musulmani si offenderebbero se io scrivessi che il Corano non è stato dettato dall’arcangelo Gabriele, ma questo non può impedire il mio diritto a dirlo, a scriverlo, a pubblicarlo coi mezzi che ho o che m’invento. Nonostante i musulmani siano effettivamente in Italia una minoranza contro cui purtroppo sta montando una vasta campagna d’odio. Ogni giorno qualcuno scrive e dice cose come “la Chiesa cattolica è la causa dell’arretratezza dell’Italia”, o “il comunismo è l’ideologia più funesta per il mondo”. Credo che legittimamente un cattolico e un comunista possano essere risentiti da queste affermazioni (del resto, essere risentiti non è un diritto, è un fatto, contro cui non sono ammissibili obiezioni), ma credo che non si possa minimamente pensare di censurarle. E questo a prescindere da quanti siano oggi, e da quanto potenti siano, cattolici e comunisti in Italia (fra l’altro è forse corretto considerarle entrambe minoranze, anche se diversamente influenti).
E’ quasi blasfemo paragonare la bellissima “Princesa” di De André a questa robetta di Povia, ma in quella canzone si raccontava la storia di un ragazzino che (anche lui dopo un’infanzia travagliata eccetera eccetera) diventava transessuale. Sarebbe stata da censurare? E sarebbe stata da censurare se il finale fosse cambiato (non dico se Princesa fosse ridiventata Fernando, ma anche solo, che so, se fosse stata uccisa da un qualche violentatore ecc. ecc.)? Insomma, ci dobbiamo mettere a dire come devono finire le canzoni? Ritorniamo alla censura e alla moralità di Stato?
(Fra l’altro la canzone di Povia non è paragonabile, che so, a un film fatto coi finanziamenti statali, su cui magari i contribuenti italiani hanno qualcosa da dire. Si può criticare il festival di Sanremo e i criteri d’accesso al festival, ma la canzone che ciascuno canta è “roba sua”.)
E’ chiaro che tutto questo ha dei limiti ben definiti: l’insulto e l’apologia di reato. Francamente Povia si è mantenuto ben al di qua di entrambi. Direi, anzi, che si è messo esattamente nel punto in cui poteva lucrare sulla polemica.
Infine, un’altra cosa.
Sono ben consapevole delle gravi discriminazioni e dei pregiudizi che ancora esistono e si diffondono (a cominciare dalle barzellette e dalle scritte sui muri…) sulle persone omosessuali, anche in Italia, che producono tuttora gravi sofferenze e che occorra lottare con forza per superarle.
Tuttavia bisogna capire una cosa. Essere contrario al riconoscimento del matrimonio gay da parte dello Stato riconosca il matrimonio gay è “omofobico” – e quindi, un’idea che, esattamente come una professione di fede nazista o un proclama razzista, non dovrebbe trovare cittadinanza nella comunità civile, dovrebbe essere oggetto di “stigma sociale” quando non, magari, di una legge apposita – o è, semplicemente, un’idea politica al pari delle altre, che può entrare nell’arena della libera discussione e merita di essere discussa, criticata, confutata e magari ridicolizzata?
Luca, se vietare i matrimoni omosessuali non è omofobico ed è un’idea politica come un’altra che non merita uno stigma sociale, allora anche vietare i matrimoni misti non è razzista ed è solo un’idea politica come un’altra che non merita uno stigma sociale.
Se per te questo è accettabile, io voglio dire con la massima chiarezza che per me non lo è. Che la democrazia e l’essere liberali non includono la possibilità dl considerare alcuni concittadini apertamente e pacificamente diversi e inferiori ad altri. Lo dico qui, subito e chiaro: finché avrò forza di lottare, io sarò sempre contrario alla visione della democrazia che mi descrivete, così precisa e pulita nella teoria e così abnorme e iniqua nella sostanza. La democrazia, secondo me, non si esaurisce in un mero esercizio di logica.
Il razzismo e il sessismo sono sempre sbagliati, costituiscono molto semplicemente una forma di sopraffazione che va impedita ad ogni costo, sul piano culturale e morale in primo luogo, e poi anche mettendo in opera provvedimenti legislativi che assicurino l’uguaglianza dei cittadini come stabilito solennemente nella nostra Costituzione. Per esempio garantendo a tutti i cittadini l’accesso a tutti gli istituti giuridici, senza esclusioni a priori stabilite sulla base di certe caratteristiche dell’individuo. Su questo punto non esistono vie di mezzo: o si concorda oppure no. E posizioni eleganti sul piano dei principi che finiscono in concreto col negare questo punto di uguaglianza sostanziale equivalgono a quelle più retrive che si possono ascoltare da un Calderoli, una Binetti o un Ratzinger.
Si può essere d’accordo con me oppure no, e probabilmente la mia è una posizione di minoranza estrema in questo paese. Ma mi pare giusto, visto che faccio il politico, spiegare con chiarezza e senza equivoci io da che parte sto.
Luca, se vietare i matrimoni omosessuali non è omofobico ed è un’idea politica come un’altra che non merita uno stigma sociale, allora anche vietare i matrimoni misti non è razzista ed è solo un’idea politica come un’altra che non merita uno stigma sociale.
Se per te questo è accettabile, io voglio dire con la massima chiarezza che per me non lo è. Che la democrazia e l’essere liberali non includono la possibilità dl considerare alcuni concittadini apertamente e pacificamente diversi e inferiori ad altri. Lo dico qui, subito e chiaro: finché avrò forza di lottare, io sarò sempre contrario alla visione della democrazia che mi descrivete, così precisa e pulita nella teoria e così abnorme e iniqua nella sostanza. La democrazia, secondo me, non si esaurisce in un mero esercizio di logica.
Il razzismo e il sessismo sono sempre sbagliati, costituiscono molto semplicemente una forma di sopraffazione che va impedita ad ogni costo, sul piano culturale e morale in primo luogo, e poi anche mettendo in opera provvedimenti legislativi che assicurino l’uguaglianza dei cittadini come stabilito solennemente nella nostra Costituzione. Per esempio garantendo a tutti i cittadini l’accesso a tutti gli istituti giuridici, senza esclusioni a priori stabilite sulla base di certe caratteristiche dell’individuo. Su questo punto non esistono vie di mezzo: o si concorda oppure no. E posizioni eleganti sul piano dei principi che finiscono in concreto col negare questo punto di uguaglianza sostanziale equivalgono a quelle più retrive che si possono ascoltare da un Calderoli, una Binetti o un Ratzinger.
Si può essere d’accordo con me oppure no, e probabilmente la mia è una posizione di minoranza estrema in questo paese. Ma mi pare giusto, visto che faccio il politico, spiegare con chiarezza e senza equivoci io da che parte sto.
@lucagras e Massimo
ma davvero voi difendete un tipo di società in cui ciascuno avrebbe il diritto di rovesciare pubblicamente insulti sulle minoranze in nome della libertà d’espressione? Libertà d’espressione di chi? Della maggioranza, ovviamente, come si è visto con chiarezza nel caso degli ateobus o della canzone di Agliardi.
Ripeto: è una questione di cultura politica, la quale si misura dal modo in cui un paese tratta le sue minoranze e i gruppi deboli. Se negli USA lasciano che il KKK o i Phelps offendano neri e gay, è perché neri e gay hanno pari diritti, sono protetti per la legge e possono, se vogliono, far causa al KKK o ai Phelps per razzismo o omofobia, rispettivamente. In Italia invece le minoranza sono offese, sbertucciate, private di eguali diritti civili in nome della “libertà di espressione”, che è il massimo dell’ipocrisia, perché si sta dicendo che il diritto di un antisemita, un neonazista, un razzista, un omofobo a offendere un ebreo, un nero o un gay conta più del diritto di questi ultimi a non essere maltrattati e a non essere discriminati. Questa è la società che state difendendo. A forza di sbandierare la vostra “libertà d’espressione” cadete in un libertarismo che conduce alla distruzione di quel minimo di cultura politica e sociale che serve a tenere in piedi una qualsiasi pacifica convivenza tra persone.
Caro Massimo, il poema che citi lo dovresti applicare non a chi si difende contro gli insulti, ma a chi insulta: oggi ce l’hanno con i gay e con gli zingari, domani con gli ebrei, poi con gli stranieri, poi chi è di sinistra ecc. L’uso che ne fai stravolge il senso originale del poema e colloca paradossalmente nel ruolo dei perseguitati coloro che qui in Italia discriminano e offendono.
Quanto alla domanda finale di lucagras: tutto dipende dall’argomento che si usa per essere contro il matrimonio gay, un conto. Dire che il matrimonio gay non deve essere concesso perché l’omosessualità è una malattia o perché è innatural non è un’opinione come un’altra, è omofobia. Se riesci a trovare un argomento valido che non appelli al presunto carattere “innaturale” o “patologico” dell’omosessualità, ti ascolteremo.
@alessandro:
No, ho detto chiaramente che l’insulto (e l’apologia di reato!) vanno banditi, con delle aggravanti per tutte le minoranze e le categorie svantaggiate e vittime di pregiudizi. Ma tutto quello che conduce a una “verità ufficiale” dello Stato, in nome della quale impedire l’espressione di opinioni (opinioni!) contrarie, dovrebbe indurre a sana diffidenza. Ripeto la domanda: indubbiamente in Italia i musulmani sono una minoranza vittima di pregiudizi e discriminazioni (attualmente, secondo me, più degli ebrei, ma questo non ha importanza): su questa base sarebbe sanzionabile chi, p. es., affermasse pubblicamente, che so, che Maometto non ha mai avuto rivelazioni soprannaturali o che l’Islam si è diffuso anche mediante la violenza? E chi affermasse la stessa cosa di Cristo e del cristianesimo sarebbe sanzionabile?
La lotta alle opinioni abnormi, per esempio al negazionismo, dev’essere sul piano culturale. Se ciò non riesce ad avvenire, significa che abbiamo veramente problemi (di trasmissione culturale, di coesione sociale ecc. ecc.) molto seri, e usare una legge ad hoc è solo una pezza che non durerà a lungo.
@scalpha:
La chiarezza è sempre la benvenuta, del resto la mia domanda era esplicita. Penso effettivamente che le tue posizioni siano molto forti e lascino poco spazio al dialogo, perché metti in discussione la stessa legittimità a esprimere quelle idee. Non pensi che, se tutti avessimo la stessa rigidità, l’unico modo di risolvere le questioni sarebbe secondo la legge del più forte (e quindi, in ultima analisi, a botte e a pistolettate)?
Grazie però per quello spazio di dialogo che mi neghi a parole ma mi dai su questo blog.
La domanda finale di alessandro, invece, la prendo come una seria, serissima provocazione a riflettere. Giuro.
@lucagras
Luca, l’esempio che fai non calza. Un conto è dire che dio non esiste, ad es., e un conto è proibire a un credente di esercitare la sua religione. La prima cosa dovrebbe essere permessa in democrazia (ma in Italia non lo è), la seconda no. Ora, in Italia, non ci si limita a dire che l’omosessualità è innaturale o malata, ma si discriminano attivamente i gay, sia negando loro gli stessi diritti degli etero (caso “matrimoni”), sia non mettendo sullo stesso piano il reato di omofobia con quelli di razzismo, antisemitismo ecc. Per dire: non puoi licenziare qualcuno perché è nero o ebreo, ma se lo fai perché è gay non è reato. Se malmeni un africano gridandogli “sporco negro”, la cosa è un’aggravante. Se picchi un gay gridandogli “frocio di merda”, l’aggravante non c’è.
Inoltre, lo ripeto, è una questione di cultura politica, e quest’ultima la si misura sul modo in cui in un paese si trattano le minoranze. Negli USA o in altri paesi si sono fatti grandi passi avanti proprio partendo dalle leggi, dal tanto infamato e ridicolizzato politically correct, che ha portato ad esagerazioni, senza dubbio, ma ha per lo meno avuto il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica su come si sentivano le minoranze quando si parlava di loro usando certi termini o certi argomenti. La legge può anche educare, non bisogna vederla per forza come qualcosa di oppressivo che lede la mia libertà personale, anche perché spesso si confonde la libertà con l’arbitrio. Da questo punto di vista, mi sembra che tu e Massimo abbiate un’idea hobbesiana di libertà (fare tutto quello che è in mio potere senza pensare agli altri finché lo Stato non mi ferma), invece di una lockiana (fare tutto quello che non lede l’eguale libertà altrui e lo Stato è un arbitro imparziale che difende la sfera di libertà degli individui).
Saluti
Carisimi è un po che non mi faccio vivo ma la discussione è interessante e quindi, mettendo in conto gli insulti che mi becchero’ dico la mia: io sono molto riluttante verso la possibilità del matrimonio omosessuale – non mi opporei alle unioni civili che si chiamassero diversamente – tuttavia se lo Sato lo approvasse materrei il mio dissenso con riserbo accettando e se fossi un pubblico ufficiale applicando la legge. Sono molto piu’ perplesso ad esempio sulla questione dell adozioni, ma anche qui pur esprimendo la mia contrarietà in conversazioni prvate mi guarderei bene dall’aggredire chicchessia, non condividerei punto e basta.
La mia domanda e questa sono libero almeno di pensarla diversamente e di esprimese con pacatezza e argomerntazioni civili le mie opinioni o pure il semplce fatto di non condividere alcune idee fa’ di me automaticamente un pericoloso fascista?
Caro Matteo, se avessi letto meglio quello che ivan e io abbiamo scritto, vedresti che il punto non è l’avere o meno un’opinione positiva o negativa sulle unioni civili, ma l’argomento che si adduce per difendere tale opinione. Sei libero di essere contro le unioni gay, ma se lo fossi perché consideri i gay malati o aberrazioni della natura, saresti un omofobo (non necessariamente fascista).
Caro Matteo, se avessi letto meglio quello che ivan e io abbiamo scritto, vedresti che il punto non è l’avere o meno un’opinione positiva o negativa sulle unioni civili, ma l’argomento che si adduce per difendere tale opinione. Sei libero di essere contro le unioni gay, ma se lo fossi perché consideri i gay malati o aberrazioni della natura, saresti un omofobo (non necessariamente fascista).
No, Matteo, questo non fa di te un fascista, ma è certamente bizzarro che tu consideri rilevante la tua personale opinione sulla possibilità che io mi sposi o adotti – tanto da venire a comunicarcela qui – mentre io non posso fare la stessa cosa con te. Anch’io, ti dirò, sono tendenzialmente abbastanza contrario a che quelli che si chiamano Matteo si sposino o adottino dei bambini, ma capisco che della mia opinione per fortuna non frega nulla a nessuno e soprattutto nessuno la utilizzerebbe mai in un paese civile per negare a te la possibilità di adottare o di sposarti.
Scusami il paradosso, ma spero che chiarisca il punto.
Sacrosanto quello che scrivi. Capisco meno il rimanere all’interno di un partito nel quale quasi quotidianamente gli stessi concetti sono espressi non da un cantante di poco talento in cerca di pubblicità ma da una senatrice della Repubblica quale la Binetti che quel partito difende proprio in nome della libertà d’espressione.
Sacrosanto quello che scrivi. Capisco meno il rimanere all’interno di un partito nel quale quasi quotidianamente gli stessi concetti sono espressi non da un cantante di poco talento in cerca di pubblicità ma da una senatrice della Repubblica quale la Binetti che quel partito difende proprio in nome della libertà d’espressione.
E allora te lo spiego: rimango nel partito perché è lì che va fatta la battaglia per far diventare la cultura laica e riformista cultura di governo. In un altro piccolo gruppuscolo o partitino si potrebbe forse fare testimonianza, ma non governo. Ma se vogliamo che il paese cambi è la cultura di governo che deve cambiare.
@alessandro
Io sono favorevolissimo ad aggiungere un’aggravante di omofobia ad aggressioni e discriminazioni. Ogni volta che una minoranza ne è oggetto in modo ripetuto e prolungato occorre prendere in considerazione provvedimenti di questo genere.
Mi sembra un tantino eccessivo dire che “in Italia non si può dire che Dio non esiste”. La società degli autobus di Genova ha rifiutato la pubblicità dell’UAAR, come probabilmente poteva fare, ma milioni di persone si dichiarano pubblicamente non credenti (o credenti in quel che gli pare) senza che la cosa, francamente, paia dare scandalo. Fortunatamente, aggiungo.
sempre @alessandro
No, non ho assolutamente un’idea hobbesiana della società, tutt’altro. Ma se inizio a parlarne finisco dopodomani… ti chiedo di fidarti ;.)
@scalpha
Il matrimonio (il matrimonio in generale, non il tuo) è un atto pubblico, non un atto privato, e come tale soggetto a legislazione da parte dello Stato e a discussione da parte dell’opinione pubblica.
Mi dispiace, ma non sto entrando in camera da letto, e difenderei a spada tratta – sperando non ci sia mai la necessità di farlo – il tuo diritto di vivere la tua vita affettiva e sessuale nel modo che desideri (nel rispetto della libertà di tutti, ma questo non occorre neanche scriverlo). Ma il matrimonio non riguarda solo due persone: per la sua stessa natura (se no non esisterebbe: esiste l’unione libera, come tale non giuridicizzabile) riguarda tutti, e tutti ne possiamo liberamente parlare.
Ma certo che se ne può parlare, se ne può parlare all’infinito. Quello che non si dovrebbe poter fare, però, è impedirlo senza validi motivi. Limitare il diritto al matrimonio è un vulnus gravissimo alla dignità stessa di una persona: se così non fosse non ci risulterebbe così odioso e inumano il divieto di matrimonio che è esistito in molti posti tra bianchi e persone di colore, corretto?
Bene: ora vorrei un motivo razionale per il quale due cittadini italiani maggiorenni e vaccinati del medesimo genere non possono sposarsi. Attenzione: non sto chiedendo delle opinioni, rispettabili ma completamente irrilevanti, sto chiedendo dei motivi razionali e oggettivi forti abbastanza da poter giustificare una limitazione della dignità e dei diritti di cittadinanza di una categoria ampia di persone che hanno, d’altro lato, pienezza di doveri (pagano le tasse come gli altri, per esempio).
Ma certo che se ne può parlare, se ne può parlare all’infinito. Quello che non si dovrebbe poter fare, però, è impedirlo senza validi motivi. Limitare il diritto al matrimonio è un vulnus gravissimo alla dignità stessa di una persona: se così non fosse non ci risulterebbe così odioso e inumano il divieto di matrimonio che è esistito in molti posti tra bianchi e persone di colore, corretto?
Bene: ora vorrei un motivo razionale per il quale due cittadini italiani maggiorenni e vaccinati del medesimo genere non possono sposarsi. Attenzione: non sto chiedendo delle opinioni, rispettabili ma completamente irrilevanti, sto chiedendo dei motivi razionali e oggettivi forti abbastanza da poter giustificare una limitazione della dignità e dei diritti di cittadinanza di una categoria ampia di persone che hanno, d’altro lato, pienezza di doveri (pagano le tasse come gli altri, per esempio).
La mia risposta (la chiarezza è sempre la benvenuta, scrivevo: anche quando spiacevole, intendevo) è che il termine stesso di matrimonio indica – anche semanticamente, diciamo – l’unione di due persone di sesso opposto. E il diritto al matrimonio è il diritto di sposare una persona di sesso opposto.
Se io chiedessi il diritto di sposare una persona di sesso opposto, in qualche modo, sarebbe come se io chiedessi il diritto di essere figlio di mio bisnonno.
Attendo strali, lo so. Vorrei solo che non mi pigliaste per un provocatore. Per un cretino, magari. Ma non per un provocatore. Tutto quello che voglio provare è portare avanti il dialogo – proprio contro l’atteggiamento di pyperita, e d’accordo in questo con Scalfarotto -.
Vorrei anche, nello specifico, che qualcuno mi dicesse perché l’idea opposta alla mia ( e quindi “il diritto al matrimonio è il diritto di sposare una persona anche dello stesso sesso”) debba essere più fondata e più razionale della mia. Sul serio.
Nessuno strale: solo ricordarti che fino a poco tempo fa, negli USA e in Sudafrica, il termine stesso di matrimonio indicava sì due persone di sesso opposto ma anche dello stesso colore. Che le leggi razziali del 38 prevedevano che non fossero in nessun caso un ariano e un’ebrea… Come vedi il diritto al matrimonio è stato compresso in molti casi. Lascio alla tua riflessione e alla tua valutazione quale tipo di stati e di governi si celasse dietro a quelle restrizioni.
Ti ricordo anche che fino al 48 in Italie le donne non votavano, fino agli anni 70 non potevano fare i magistrati, e sempre fino agli anni 70 solo l’adultera era passibile di galera, l’adultero no: anzi, volendo c’era il delitto d’onore per cui il marito alla moglie fedifraga poteva direttamente sparare.
La società cambia e non volerne prendere atto celandosi dietro a formule apodittiche e non dimostrate quali “il diritto al matrimonio è il diritto di sposare una persona di sesso opposto” (domanda: dove lo hai letto?) non mi pare davvero una buona idea. E a te?
PS: Scusa, ma l’onere della motivazione cade su chi vuole limitare un diritto, e non viceversa. Il motivo per cui io credo che tutti i cittadini debbano potersi sposare è semplicemente perché tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. In uno stato di diritto tanto dovrebbe bastare.
Ivan:
una azienda privata americana licenzia in tronco un razzista perche’, confermando la mia tesi sul potere del mercato, non e’ “good business” averne uno tra i ranghi! ma lo Stato non si permette di censurare free speech nella pubblica piazza…perche’ esiste un forte concetto di responsabilita’ individuale, che include il rischio di dire stupidaggini come il Povia. Ma come si e’ arrivati ad avere una societa’ dove collettivamente essere apertamente razzisti e bigotti non e’ una cosa accettabile? attraverso la censura? no. l’opposto.
Io non sto dicendo che sto sfigato di Povia abbia un diritto costituzionale a partecipare a San Remo. chi se ne frega. Dico che l’unico criterio in una competizione del genere dovrebbe essere artistico, che non so valutare.dopo di che, come artista sto povia ha il suo diritto ad esprimere le sue idee bacate. ed Io come cittadino ho il diritto di reagire liberamente. Lo Stato capita, purtroppo, essere il gestore di una televisione, un luogo pubblico, ed oggi ti censura Povia non per i suoi demeriti artistici, ma per il contenuto delle sue idee,…. domani ti censura magari un convegno di atei e dopodomani uno sull’aborto o sulla violenza domestica o magari una canzone sull’eutanasia. con lo stesso pretesto: perche’ e’ offensivo per qualcuno,qualche prete magari o qualche politico fascista. non possiamo usare due pesi e due misure.
capisci che stai delegando allo Stato quello che si deve o non si deve ascoltare? io in una societa’ liberale non lo accetto. non cresceremo (meglio, crescerete) mai come societa’ se abbiamo paura delle idee offensive. lascia decidere agli individui, non trattarli come bambini da educare. empower them. allora forse, non subito magari, ma nel tempo they’ll grow out of their bigotry.
Avrei preferito che Povia dicesse le sue stupidaggini pubblicamente e questo generasse un dibattito sulla stupidita’ dei suoi contenuti, e magari una campagna che durasse settimane contro la RAI , i suoi dirigenti e giornalisti etc. allora sarei con te sulle barricate.ma forme piu’ o meno velate di censura preventiva non sono nel mio DNA. Discutere le idee stupide e’ il miglior modo per creare anticorpi contro le stesse. vietarle per editto crea vittimismo, simpatie per il censurato e rancore sopito. ed alla fine, nel lungo periodo, e’ self-defeating.
quei ragazzini ancora nel closet avrebbero piu’ benefici nel vivere in una societa’ aperta dove dal libero dibattito sono sicuro emergerebbe senza dubbio che essere gay non e’ una malattia da curare, come un sacco di genetica e neurobiology confermano, che un matrimonio gay non e’ meno “holy” di quello straight, e che tutti i dati scientifici, checche’ ne dicano i preti ed i loro seguaci, indicano che l’adozione di bambini da parte di gay non ha nessuna controindicazione, e che se si lasciasse la religione nel cassetto (il famoso undicesimo comandamento di Geroge Carlin per intenderci) saremmo tutti piu’ felici.
si parlerebbe di fatti, dati, che sono dalla nostra parte, e non del dramma e l’emozione che una censura di fatto nevitabilmente crea. specie quando quando quelle idee bacate appartengono al 90% della popolazione.
Ivan, insomma, io ti rispetto e so da dove vieni. ma questo e’ un autogol, un’occasione persa per scatenare un dibattito vigoroso (non qui, dove pochi leggono) ed magari una bella campagna di boicottaggio. ma a fatto avvenuto, lunga settimane, difendendo principi universali.
poi come al solito, questa e’ solo la mia opinione, che conta nulla perche’ non abito in Italia e non ambisco a ritornarci.
@scalpha
Quello che non accetto – a livello di ragionamento – è che tu parti apoditticamente con l’enunciare un diritto, e tutti devono essere d’accordo che sia giusto, in quanto autoevidente. Anzi, è talmente autoevidente che deve scattare una riprovazione morale, se non legale, per chi la pensa diversamente.
Non è esattamente quello che rimprovereresti p. es. agli antiabortisti, nell’affermazione che il concepito è un essere umano e quindi ha diritto alla vita? Ma tutto il “diritto naturale” della dottrina cattolica pretende se stesso come razionalmente autoevidente. Chi stabilisce quale sia la “ragione” giusta?
Credo che nel dibattito pubblico dobbiamo andare oltre allo scontro tra verità assolute/autoevidenti, se no pecchiamo di fondamentalismo, cattolico, musulmano, laico o altro che sia. Nel pubblico dibattito, il riconoscimento di un diritto non può che essere il frutto di un consenso basato sulla pubblica discussione.
P.S. Per me questo dialogo è molto, molto importante… ma tu hai il pieno diritto di stufartene. Anche perché siamo a casa tua!
@scalpha
Quello che non accetto – a livello di ragionamento – è che tu parti apoditticamente con l’enunciare un diritto, e tutti devono essere d’accordo che sia giusto, in quanto autoevidente. Anzi, è talmente autoevidente che deve scattare una riprovazione morale, se non legale, per chi la pensa diversamente.
Non è esattamente quello che rimprovereresti p. es. agli antiabortisti, nell’affermazione che il concepito è un essere umano e quindi ha diritto alla vita? Ma tutto il “diritto naturale” della dottrina cattolica pretende se stesso come razionalmente autoevidente. Chi stabilisce quale sia la “ragione” giusta?
Credo che nel dibattito pubblico dobbiamo andare oltre allo scontro tra verità assolute/autoevidenti, se no pecchiamo di fondamentalismo, cattolico, musulmano, laico o altro che sia. Nel pubblico dibattito, il riconoscimento di un diritto non può che essere il frutto di un consenso basato sulla pubblica discussione.
P.S. Per me questo dialogo è molto, molto importante… ma tu hai il pieno diritto di stufartene. Anche perché siamo a casa tua!
Caro Luca, secondo la tua risposta a Ivan nel tuo ultimo commento il peso della dimostrazione sarebbe dovuto andare a chi difendeva i matrimoni interrazziali o quelli tra ebrei e “ariani”. Parti negando l’eguaglianza giuridica degli individui e obblighi chi la difende a dimostrarla. Altro che Hobbes… questa è una posizione anti-liberale punto e basta! Ora, siccome mi sembra che tu non ti consideri un antiliberale, offrimi per piacere un argomento liberale, rispettoso dell’uguaglianza di tutti gli individui davanti alla legge, per il quale un gay non dovrebbe avere lo stesso diritto di un etero a vedere riconsciuta legalmente la sua unione di fatto con un partner.
ragazzi , ma che siete matti? da Povia siete passati all’ateismo, al matrimonio gay, al concetto di liberalismo ecc. ecc. hahaha 😉 troppa carne al fuoco!
Io cercherò di ritornare a bomba. Mi permetto solo un inserto nella discussione parallela sul matrimonio gay perchè l’ultima risposta di lucagras effettivamente attira più strali di un parafulmine! hehehehe.
Ah luca (scusa la confidenza) ma che qua ci mettiamo a parlare di istituti giuridici sulla base del dizionario e dell’etimologia? Non spetta mica allo Zingaretti stabilire il senso e la portata dei concetti giuridici! Facciamo la costituzione, la democrazia e le istituzioni liberali limitate dalle etimologie…:-)
Del resto, giusto per stare con spirito alla tua boutade, il dizionario è pieno di parole che si sono allontanate parecchio, a volte del tutto, dal significato etimologico originario,com’è ovvio perchè è la lingua che cambia con l’uso e con la società, e non viceversa: per esempio “azzardo” deriva dall’arabo az-zahr che indicava il dado da gioco, ciò che non impedisce oggi di parlare di giochi d’azzardo anche a proposito di quelli con le carte come il poker! ;-p
E curioso che tu, che in interventi precedenti parevi appellarti ad una applicazione logica, per quanto forse un pò rigida e meccanica, di alti principi, qui ricorri invece ad una evidente petizione di principio, ad un circolo vizioso.
Eccerto che se io definisco a priori il matrimonio come il diritto a sposare una persona di sesso opposto com’è possibile provare la bontà del contrario? E per fortuna che volevi discutere…hehehe.
Ovviamente il dibattito politico è proprio su questo. Si tratta di vedere se è giusto ampliare il concetto di matrimonio.
‘E ovvio che fin qui in italia è stato limitato al sesso opposto, ma si dibatte proprio se è giusto ampliarlo o meno su questo punto. E si chiedeva un argomento razionale per negare tale possibilità, magari basato sì ,eventualmente, sui caratteri del matrimonio, ma naturalmente tranne quello in discussione.
La tua risposta, in pratica, è: non è giusto il matrimonio per lo stesso sesso, perchè il matrimonio è per il sesso diverso. Ambè grazie! Spiega qualcosa?
In effetti, scusa, ma risposte così sono sintomatiche: si “sente”, si “avverte” che la cosa proposta non ci piace, e allora ci si rifugia nel dogma. Una rezione quasi istintiva verrebbe da dire.
Poi quando avrò tempo torno sul tema centrale.
Luca il mio diritto non è autoevidente, il mio diritto discende dal principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che dicono che io e te abbiamo pari dignità. Su questo, scusa, non faccio sconti.
E’ esattamente lo stesso ragionamento che farei sulla mia incolumità fisica – altro diritto per il riconoscimento del quale spero tu non mi chieda argomentazioni a favore questa stasera – per cui se un signore si presentasse alla porta di casa mia con una pistola per uccidermi io gli direi che non è nel suo diritto farlo.
E se quel signore armato di pistola mi dicesse che nell’affermare il mio diritto all’integrità fisica mi sto basando su un ragionamento autoevidente e che non sono abbastanza tollerante con lui che la pensa diversamente da me e che mi vuole sparare, mi verrebbe il dubbio che oltre a volermi uccidere il mio potenziale assassino mi stia prendendo pure per il c**o.
Attendo invece di avere qualche motivazione oggettiva da parte tua che giustifichi la limitazione dei miei diritti. Finora ci siamo basati su opinioni e su dichiarazioni, quelle sì autoevidenti e non ancora motivate, tipo che “il diritto al matrimonio è il diritto di sposare una persona di sesso opposto”.
Questo è falso in tutti i principali paesi europei, tanto per dirne una. Il che dimostra che la tua definizione non è di certo universalmente valida. E’ solo una tua opinione, magari anche maggioritaria in Italia, ma non sufficiente per sopprimere un mio preciso diritto, che è quello di sposare Federico, ovemai lo volessi (e lo volesse anche Federico!).
Luca il mio diritto non è autoevidente, il mio diritto discende dal principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che dicono che io e te abbiamo pari dignità. Su questo, scusa, non faccio sconti.
E’ esattamente lo stesso ragionamento che farei sulla mia incolumità fisica – altro diritto per il riconoscimento del quale spero tu non mi chieda argomentazioni a favore questa stasera – per cui se un signore si presentasse alla porta di casa mia con una pistola per uccidermi io gli direi che non è nel suo diritto farlo.
E se quel signore armato di pistola mi dicesse che nell’affermare il mio diritto all’integrità fisica mi sto basando su un ragionamento autoevidente e che non sono abbastanza tollerante con lui che la pensa diversamente da me e che mi vuole sparare, mi verrebbe il dubbio che oltre a volermi uccidere il mio potenziale assassino mi stia prendendo pure per il c**o.
Attendo invece di avere qualche motivazione oggettiva da parte tua che giustifichi la limitazione dei miei diritti. Finora ci siamo basati su opinioni e su dichiarazioni, quelle sì autoevidenti e non ancora motivate, tipo che “il diritto al matrimonio è il diritto di sposare una persona di sesso opposto”.
Questo è falso in tutti i principali paesi europei, tanto per dirne una. Il che dimostra che la tua definizione non è di certo universalmente valida. E’ solo una tua opinione, magari anche maggioritaria in Italia, ma non sufficiente per sopprimere un mio preciso diritto, che è quello di sposare Federico, ovemai lo volessi (e lo volesse anche Federico!).
Grazie per la risposta Scalpa, per il resto trovo che tu abbia ragione; solo che io vorrei mantere il mio diritto a dissentire, senza aggredirti o privarti di nulla – solo che io mi sono sposato e ho un certa idea del matrimonio che non coincide con la tua e per ora il – pavido – legisatore italiano ha difeso la mia posizione. Io mi auguro che ti vengano riconosciuti i diritti civili per formare una unione col tuo partner che sia perfettamente equiparata sul piano legale a qualsiasi altra ma che il tipo di unione si chiami in modo diverso – perchè se tu chiami la tua unione matrimonio cio’ lede la mia sensibilità. Detto cio’ non credo che il legislatore usi la mia opinione per conculcarti un diritto, i nostri eletti cercano solo di rispondere al sentire di chi li ha eletti per essere eletti anche la prossima volta. Detto questo io amo rspettare i diritti di tutti pertanto anche dissentendo accetterei come cittadino e pubblico uffciale i provvedimenti di cui sopra…. con affetto e congratulazioni per la pazienza di sopportare tutti sti sconosciuti che ti insolentiscono.. grazie per l’ospitalità.. Matteo
Insolentiscono? Scusate, ho insolentito qualcuno?
Ivan, il tuo diritto all’incolumità fisica è sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dagli altri diritti di cui sopra. ll tuo diritto a sposare un altro essere di sesso maschile no. E’ una tua legittima interpretazione, ma allo stesso titolo con cui, sempre per usare lo stesso esempio, gli antiabortisti sostengono che da quella stessa dichiarazione proviene il “diritto del concepito” alla vita. Interpretazioni entrambe legittime, entrambe discutibili, nel senso che se ne può discutere, nel senso che di fatto nella Dichiarazione universale non gliele trovi scritte
Però non puoi dire che io affermo che io e te non abbiamo pari dignità. Questo non lo penso e non mi sogno neppure di dirlo. Penso, questo sì, che l’unione tra un uomo e una donna debba (o meglio, possa) godere di un riconoscimento pubblico qualitativamente superiore a quella tra due uomini o due donne.
piergiorgio, non intendevo evidentemente dare una dimostrazione. E’ evidente che la mia è una petitio principii e non pretendo che non lo sia. Non pretendo neppure che sia universalmente valida (anche perché che cosa lo pretenderei a fare, quando di fatto non è universalmente riconosciuta?). Però anche quella di Ivan lo è, e lui invece pretende che sia universalmente valida. Insomma, mi si accusa di “dogma” quando, di fatto, si sostiene un differente “dogma” -laico, ma dogma. Quello che non accetto è che mi si consideri in stato, diciamo, di minorità democratica se sostengo che lo Stato non dovrebbe riconoscere il matrimonio gay. E sono molto preoccupato perché se lo scontro è tra dogmi la situazione rischia di incarognirsi, e finiremmo per dar ragione a pyperita.
Con molta stima, davvero.
hehe, luca, non intendevi dare una dimostrazione, va bene, però hai risposto così. Uno dice: dimmi perchè (razionalmente) sei contrario? e l’altro dice: “La mia risposta è…”.
Così hai scritto tu.
Insomma, vuoi dialogare, dunque dicci: se riconosci che non era questa, qual’è allora la ragione per cui non ritieni che lo stato debba riconoscere i matrimoni per persone dello stesso sesso? oppure quale la ragione per cui il riconscimento giuridico di coppie etero , secondo te, dev’essere “qualitativamente superiore” (sic!) a quello di coppie dello stesso sesso?
Sinceramente, non so nel caso tuo, ma credo proprio che spesso questa posizione sia il riflesso, l’espressione, più o meno consapevole, di un giudizio di superiorità/inferiorità sul tipo di orientamento sessuale.
Per quello è così difficile in italia far passare l’idea del matrimonio gay: in un mondo di grande confusione e insicurezza, e in un paese davvero in declino, morale e culturale prima che economico-sociale, l’orientamento sessuale è diventata una delle poche cose a cui ci si può attaccare per rafforzare la propria sicurezza in chiave identitaria. E ci sono tante sirene che cercano di convincere subdolamente gli etero che loro hanno bisogno per la loro sicurezza e identità di questa distinzione, di questa posizione “diversa da”.
Un pò come avvenne con la rivoluzone copernicana. ‘E stata dura convincersi di non essere più al centro dell’universo. Poi però l’essere umano ha capito che poteva vivere benissimo lo stesso senza quella certezza di superiorità, e siamo andati avanti, come prima, meglio di prima.
Cmq qui mi sto allontando. Torniamo alla vostra diatriba.
La discussione naturalmente sarebbe complessa. Però la posizione di Ivan, pur nella estrema sintesi perchè si trattava di cosa nata all’interno di un altra discussione, non mi pare dogmatica. Ivan dice: il matrimonio è un istituto giuridico con cui una coppia vede riconosciuto dall’ordinamento il suo progetto di vita insieme, è un diritto di cittadinanza. Se vige il principio di uguaglianza, perchè io non posso vedere riconosciuto il mio di progetto, e tu invece puoi veder riconosciuto il tuo?
Mi pare un ragionamento non un dogma,
Che poi si possa mettere in discussione tutto (il senso del matrimonio, la sua funzione, il principio di uguaglianza, ecc.) è altro paio di maniche. Però se uno vuole metterli in discussione entri allora nel merito.
Insomma mi sembra invece che tu e massimo, e qui spero di non insolentirvi nemmeno io, tendiate un pò a trincerarvi dietro l’astratta discutibilità di tutto, come se questo significasse legittimazione ad abdicare alla formazione ed espressione di un giudizio. E qui mi ricollego un pò anche al tema originario.
La libertà di pensiero non significa che qualunque cosa pensi chiunque è neutrale, sia sottratta al giudizio od alla critica.
Per es. e per stare alle tue ultime parole: uno è libero di mettere in discussione – che ne so?- il principio che bianchi e neri sono uguali. (non è il caso tuo, lo so, ma enfatizzo per rendere chiaro il concetto) .Certamente. Però allora, altrettanto certamente, io lo riterrò in una condizione di “minorità democratica” come hai detto tu. Cioè penserò che quello non è molto democratico in effetti. E non perchè il principio di uguaglianza sia un dogma indiscutibile. Ma semplicemente perchè io credo, nel merito, che sia un buon principio, e faccia parte dei fondamenti basilari della democrazia liberale e dello stato di diritto. ‘E una questione di merito. Se poi quello mi dovesse dimostrare che non è così allora vabbè ne riparliamo.
Mi stuzziacano i problemi di logica, perciò voglio segnalare anche un altro “inghippo” che se non si chiarisce può rendere meno trasparente e limpida la discussione.
Orbene tu hai scritto: ” Penso, questo sì, che l’unione tra un uomo e una donna debba (o meglio, possa) godere di un riconoscimento pubblico qualitativamente superiore a quella tra due uomini o due donne”
Non mi è sfuggito il “o meglio, possa”.
Con quella precisazione tu vorresti, suppongo, applicare appunto il tuo concetto di non dogmaticità. Vediamo però allora cosa può, all’applicazione concreta, significare.
E cioè:
Se “possa” vuole intendere che è possibile di fatto che ciò avvenga, è da un lato ovvio (è così quasi ovunque), dall’altro irrilevante in una discussione in cui si discute non di cosa avviene di fatto, ma di cosa sarebbe giusto che avvenisse.
Se “possa” invece significa: “secondo me sarebbe giusto fare così”, allora come vedi esprimi il tuo giudizio di merito. E allora dovresti anche dire il perchè.
Se, infine, non significa nè l’una nè l’altra di queste due soluzioni allora ne rimane solo un’altra: “se uno stato (partito, chiesa, opinione pubblica ecc.) lo fa (lp pensa, lo propone, lo sostiene) , io non lo giudico male per questo”.
Ma allora, scusa, tu che pensi?
Ecco che mi ricongiungo a quanto dicevo sopra! Si confonde la libertà di pensarla in un certo modo, coll’astensione dal giudizio, dall’opinione su quella pensata.
Che sia “legittimo” espimere un pensiero, significa solo che lo si può fare, non che facendolo poi si dev’essere sottratti a qualsiasi giudizio, critica ecc. , che si è al riparo dalla “minorità democratica” ;-p
Tantomeno che altri si deve astenere dal giudicarlo.
Se uno esprime un idea che per me è sbagliata e antidemocratica gli dico che ha un’idea sbagliata e antidemocratica.
Se vogliamo fare una discusisone politica delle opinioni bisognerà pure averle. Se no finiamo come il pd…ghghgh
Però, scusate il doppio intervento, ma volevo tornare a bomba.
Condivido parecchio di quel che ha scritto massimo sulla libertà di parola e di espressione. Difatti anch’io sono contrario alle leggi di alcuni paesi europei sul negazionismo, perlomeno per come sono state articolate. L’idea che possa esistere una “verità storica” di stato non mi piace. Tantomeno si può accettare che questa verità di stato possa esser addirittura base e parametro per reati, ossia per giudizi di responsabilità penale.
In linea generale, e senza adentrarmi nel tema, direi che anch’io accetto solo il limite dell’incolumità a terzi, sebbene rispetto a massimo ritengo che vada concepito in modo più ampio (non solo “immediato” perchè una propaganda di odio che inciti alla violenza può non sollecitare un’azione immediata, ma non per questo è meno pericolosa; e non solo “incolumità” fisica naturalmente poichè fanno male, e molto, anche i danni non fisici!).
Ciò detto, bisogna però allora intendersi sul concetto di libertà di parola, e correlativamente su quello di censura.
E, più in generale, sull’articolazione delle risposte o reazioni: quale tipo di divieto o di limite, intervento di quale autorità ecc.
Orbene ci sono molti mezzi, molti “luoghi”, molte circostanze per esprimere la propria opinione.
La libertà di parola, nella sua massima estensione anzidetta, è una libertà generica, non contempla automaticamente diritti più specifici, per es. non implica un diritto di tribuna a poter parlare, appunto, da certe tribune privilegiate.
Se Povia si mette a cantare la sua canzone in piazza col cappello davanti, certamente non gli darei un centesimo e potrei fermarmi a criticarlo, però altrettanto certamente non pretenderei che gli fosse impedito, tantomeno dal diritto statuale e tantomeno dal diritto penale in particolare.
Però la libertà d’espressione di Povia non contempla il diritto di cantare a sanremo. Con correlativo giudizio di censura se non lo si piglia a sanremo.
Dire che il criterio dev’essere solo “artistico” è un’ingenuità. E fra l’altro è falso non solo di fatto, com’è ovvio, ma anche “di diritto” perchè sono sicuro che esisteranno codici di autoregolamentazione: una bellissima musica con testo neonazi non verrebbe ammessa, e pace per l’arte. Ciò implica cmq la possibilità di discutere dei contenuti e riporta il problema al merito.
Dire che ci sono soggetti (Bonolis, la Rai tv, comitati vari o che so io) cui spettava la scelta “artistica” appunto, e che Povia è stato scelto per cui ormai ha diritto di partecipare, è inconferente: appunto, nel criticare povia si critica anche chi l’ha scelto, ossia come è stata esercitata la loro attribuzione di competenza.
Che uno abbia un’autorità è un conto, ciò non significa che non si possa criticarlo per come la esercita.
Infine la reazione.
Ivan veramente nel post iniziale non aveva specificato, mi pare. Non mi pare che abbia scritto come si doveva reagire a questa cosa, né che doveva intervenire lo stato!
Io la metterei così: secondo me una la tv in questione (ergo i suoi responsabili) avrebbe dovuto rifiutare quel testo in una manifestazione come sanremo. Per quanto detto sopra non sarebbe stata censura : sarebbe stato un buon esercizio delle proprie prerogative di scelta, nel rispetto non solo della minoranza gay, ma anche di valori che fanno bene alla società tutta.
Si può dire in altri termini: dovevano rifiutarla, hanno fatto male. Senza per ciò dover essere attacati come censori.
E se è giusto dire che la dovevano rifiutare, è giusto criticarli pubblicamente per averla accettata, e sarebbe giusto fare pressione, in tutti i modi leciti, fino alla fine perchè la eliminassero.
Dopodichè certo non glielo si può mica imporre con le baionette.
Questo in linea di principio.
Dopodichè c’è anche l’opportunità.
E qui devo sposare le considerazioni di massimo. Praticamente tutte, (o quasi, ora non mi ricordo bene tutto).
In effetti ormai per come si è messa la faccenda sarebbe probabilmente controproducente pretendere ciò che pure sarebbe giusto.
Restano altre reazioni. Di boicottaggio di mercato, di pubblica critica, di iniziativa invece in positivo ecc.
Diciamo che resta il dubbio se approfittare di quel poco di “diritto di tribuna” pubblica che, per reazione, ti viene concesso a fronte della canzone di povia, o se invece così facendo lo si favorisce pure dandogli un audience che non merita.
Però, scusate il doppio intervento, ma volevo tornare a bomba.
Condivido parecchio di quel che ha scritto massimo sulla libertà di parola e di espressione. Difatti anch’io sono contrario alle leggi di alcuni paesi europei sul negazionismo, perlomeno per come sono state articolate. L’idea che possa esistere una “verità storica” di stato non mi piace. Tantomeno si può accettare che questa verità di stato possa esser addirittura base e parametro per reati, ossia per giudizi di responsabilità penale.
In linea generale, e senza adentrarmi nel tema, direi che anch’io accetto solo il limite dell’incolumità a terzi, sebbene rispetto a massimo ritengo che vada concepito in modo più ampio (non solo “immediato” perchè una propaganda di odio che inciti alla violenza può non sollecitare un’azione immediata, ma non per questo è meno pericolosa; e non solo “incolumità” fisica naturalmente poichè fanno male, e molto, anche i danni non fisici!).
Ciò detto, bisogna però allora intendersi sul concetto di libertà di parola, e correlativamente su quello di censura.
E, più in generale, sull’articolazione delle risposte o reazioni: quale tipo di divieto o di limite, intervento di quale autorità ecc.
Orbene ci sono molti mezzi, molti “luoghi”, molte circostanze per esprimere la propria opinione.
La libertà di parola, nella sua massima estensione anzidetta, è una libertà generica, non contempla automaticamente diritti più specifici, per es. non implica un diritto di tribuna a poter parlare, appunto, da certe tribune privilegiate.
Se Povia si mette a cantare la sua canzone in piazza col cappello davanti, certamente non gli darei un centesimo e potrei fermarmi a criticarlo, però altrettanto certamente non pretenderei che gli fosse impedito, tantomeno dal diritto statuale e tantomeno dal diritto penale in particolare.
Però la libertà d’espressione di Povia non contempla il diritto di cantare a sanremo. Con correlativo giudizio di censura se non lo si piglia a sanremo.
Dire che il criterio dev’essere solo “artistico” è un’ingenuità. E fra l’altro è falso non solo di fatto, com’è ovvio, ma anche “di diritto” perchè sono sicuro che esisteranno codici di autoregolamentazione: una bellissima musica con testo neonazi non verrebbe ammessa, e pace per l’arte. Ciò implica cmq la possibilità di discutere dei contenuti e riporta il problema al merito.
Dire che ci sono soggetti (Bonolis, la Rai tv, comitati vari o che so io) cui spettava la scelta “artistica” appunto, e che Povia è stato scelto per cui ormai ha diritto di partecipare, è inconferente: appunto, nel criticare povia si critica anche chi l’ha scelto, ossia come è stata esercitata la loro attribuzione di competenza.
Che uno abbia un’autorità è un conto, ciò non significa che non si possa criticarlo per come la esercita.
Infine la reazione.
Ivan veramente nel post iniziale non aveva specificato, mi pare. Non mi pare che abbia scritto come si doveva reagire a questa cosa, né che doveva intervenire lo stato!
Io la metterei così: secondo me una la tv in questione (ergo i suoi responsabili) avrebbe dovuto rifiutare quel testo in una manifestazione come sanremo. Per quanto detto sopra non sarebbe stata censura : sarebbe stato un buon esercizio delle proprie prerogative di scelta, nel rispetto non solo della minoranza gay, ma anche di valori che fanno bene alla società tutta.
Si può dire in altri termini: dovevano rifiutarla, hanno fatto male. Senza per ciò dover essere attacati come censori.
E se è giusto dire che la dovevano rifiutare, è giusto criticarli pubblicamente per averla accettata, e sarebbe giusto fare pressione, in tutti i modi leciti, fino alla fine perchè la eliminassero.
Dopodichè certo non glielo si può mica imporre con le baionette.
Questo in linea di principio.
Dopodichè c’è anche l’opportunità.
E qui devo sposare le considerazioni di massimo. Praticamente tutte, (o quasi, ora non mi ricordo bene tutto).
In effetti ormai per come si è messa la faccenda sarebbe probabilmente controproducente pretendere ciò che pure sarebbe giusto.
Restano altre reazioni. Di boicottaggio di mercato, di pubblica critica, di iniziativa invece in positivo ecc.
Diciamo che resta il dubbio se approfittare di quel poco di “diritto di tribuna” pubblica che, per reazione, ti viene concesso a fronte della canzone di povia, o se invece così facendo lo si favorisce pure dandogli un audience che non merita.
A domani, a domani. Grazie molte, comunque, per esservi impegnati in risposte così lunghe e articolate, davvero.
Caro Ivan,
conta sempre su di me per ogni battaglia contro ogni tipo di discriminazione.
Tutto il mio supporto
Andrea
… si , certo, certo.
Ma … che centra il razzismo con l’omosessualita’ e l’omofobia?
Il razzismo consiste nel credere nella idea (e promuoverla sino a conseguenze estreme) che a razze umane differenti corrispondano dignita’ , ruoli e diritti differenti ma l’omosessualita’ non e’ una razza. L’omofobia e’ un atteggiamento molto piu’ complesso e differenziato, la sua natura, le sue evoluzioni e le sue manifestazioni variano da individuo a individuo perche’ coinvolgono la morale personale, la visione sociale e soprattutto la sfera della sessualita’ e l’approccio personale che ogni di noi ha verso questa componente psicologica. La composizione stessa (fobia) del termine ci suggerisce l’origine psicologica e individuale.
Il parallelismo omofobia-razzismo, con riferimento ad Anna Frank, e’ una semplificazione scioccante e meschina per poverta’ e superficialita’ perche’ mira al by-pass intellettuale e a strappare un consenso ideologico su base sentimentale. Una tecnica, Signor Scalfarotto, alla quale Lei si sta abbandonando ripetutamente sul suo blog e che forse, come sosteneva Pasolini, viene imposta dalla scelta televisiva che ha impresso alla sua immagine pubblica.
Esistono i diritti individuali e fondamentali, Sig. Scalfarotto ed esistono le tante battaglie per difenderli ma questo non significa che lo si debba fare sotto le stesse bandiere. Radunare a chiamata gli uomini di buona volonta’ sventolando il sorriso di Anna Frank e’ scorretto se la battaglia che si vuole combattare non e’ quella contro l’odio etnico-razziale. Anna Frank e’ il prodotto di un certo tipo di corto circuito razionale e l’omofobia lo e’ di un altro. I due circuiti non hanno praticamente nulla in comune.
… si , certo, certo.
Ma … che centra il razzismo con l’omosessualita’ e l’omofobia?
Il razzismo consiste nel credere nella idea (e promuoverla sino a conseguenze estreme) che a razze umane differenti corrispondano dignita’ , ruoli e diritti differenti ma l’omosessualita’ non e’ una razza. L’omofobia e’ un atteggiamento molto piu’ complesso e differenziato, la sua natura, le sue evoluzioni e le sue manifestazioni variano da individuo a individuo perche’ coinvolgono la morale personale, la visione sociale e soprattutto la sfera della sessualita’ e l’approccio personale che ogni di noi ha verso questa componente psicologica. La composizione stessa (fobia) del termine ci suggerisce l’origine psicologica e individuale.
Il parallelismo omofobia-razzismo, con riferimento ad Anna Frank, e’ una semplificazione scioccante e meschina per poverta’ e superficialita’ perche’ mira al by-pass intellettuale e a strappare un consenso ideologico su base sentimentale. Una tecnica, Signor Scalfarotto, alla quale Lei si sta abbandonando ripetutamente sul suo blog e che forse, come sosteneva Pasolini, viene imposta dalla scelta televisiva che ha impresso alla sua immagine pubblica.
Esistono i diritti individuali e fondamentali, Sig. Scalfarotto ed esistono le tante battaglie per difenderli ma questo non significa che lo si debba fare sotto le stesse bandiere. Radunare a chiamata gli uomini di buona volonta’ sventolando il sorriso di Anna Frank e’ scorretto se la battaglia che si vuole combattare non e’ quella contro l’odio etnico-razziale. Anna Frank e’ il prodotto di un certo tipo di corto circuito razionale e l’omofobia lo e’ di un altro. I due circuiti non hanno praticamente nulla in comune.
@ Leo Peurtz…Ossigeno puro da Perurtz grazieeeeeeeeeeeeeeeeee…Con Stima, Matteo
Perutz dimentica che le sue sottili distinzioni non hanno impedito a gay ed ebrei di essere sottoposti, spesso insieme, alle stesse indicibilii soprusi e sofferenze. E morte. Di cazzate in questo blog Perutz ne ha gia’ sparate tante, ma a questo livello di mala fede non ricordavo di averlo visto arrivare. Secondo me a questo punto puo’ anche utilizzare dieci minuti del suo tempo per vergognarsi e pensare a risolvere le sue evidenti frustrazioni personali.
Perutz dimentica che le sue sottili distinzioni non hanno impedito a gay ed ebrei di essere sottoposti, spesso insieme, alle stesse indicibilii soprusi e sofferenze. E morte. Di cazzate in questo blog Perutz ne ha gia’ sparate tante, ma a questo livello di mala fede non ricordavo di averlo visto arrivare. Secondo me a questo punto puo’ anche utilizzare dieci minuti del suo tempo per vergognarsi e pensare a risolvere le sue evidenti frustrazioni personali.
Ammazza Perutz, che arrampicata sugli specchi per difendere la sua omofobia…. e ci ha pure l’ultrá che le fa i coretti con tante eeeeeee…. patetico…
Lei Perutz dice di vivere in Germania: bene, provi a fare questo suo ragionamento meschino a qualcuno là, dove si ricordano bene che i gay sono stati il gruppo che più ha avuto vittime nei campi nazisti dopo gli ebrei (vittime alle quali hanno dedicato anche monumenti) e dove l’unione di fatto è legalizzata, dove il segretario della FDP Westerwelle e il sindaco di Berlino Wowereit sono apertamente gay e nessuno si sognerebbe di fare un ragionamento come il suo. Ma stare in Germania non le ha insegnato proprio nulla, vero? Sta lì a fare i suoi bizantinismi tomistici, da buon cattolico giusnaturalista che ragiona con una mentalità da secolo diciassettesimo. Sveglia, Perutz, siamo nel secolo 21!
Lasciamo buono-buono nel suo cantuccio Ugo, affetto da una forma di miopia bilaterale compulsiva: oltre a scrivere le sue, di c….e, non riesce ad intendere bene nemmeno quelle degli altri e rispondiamo ad Alessandro, che seppur tirando fuori la solita, logora, infamante cartamoneta dell’omofobia con la quale viene sbrigativamente liquidato in contanti chiunque canti fuori dal coro, un nucleo di raqionamento lo imposta.
Lei crede che le maggiori garanzie civili di cui gli omosessuali godono in Germania siano la conseguenza del processo di riflessione avviato dopo le esperienze naziste. E’ possibile. La vicenda storica del nazismo ha sviluppato tutta una serie di sensibilita’ civili particolari in Germania.
Ma questo, mi scusi, cosa c’entra, con quello che ho scritto io? Anzi, cosa c’entra la Germania in toto!
Se esiste un denominatore locale in una precisa vicenda storica tra la persecuzione contro gli Ebrei e quella contro gli omosessuali, allora possiamo estrapolare lo stesso denominatore ad ogni contesto? Applicare il modello ad ogni realta’? Poiche’ un preciso meccanismo di irrazionalismo ideologico ha prodotto 70 anni fa lo sterminio di Ebrei ed omosessuali, allora, secondo il suo ragionamento ( e quello di Scalfa), in ogni societa’ contemporanea, ogni forma di omofobia manifesta o latente e’ parente dello stesso tipo di irrazionalismo e votata alle stesse conseguenze, ovunque essa si presenti e in qualunque forma.
La matrice della repulsione omofoba che un individuo vive nella Italia del 2009 deve essere (secondo Lei e secondo Scalfa), alla luce della esperienza storica, innegabilmente la stessa che spinse l’organizzazione di un regime totalitario a eliminare omosessuali, ebrei, zingari, disabili fisici e mentali come sostanziali nemici di uno stato pseudo-religioso che fondava se stesso sulle dottrine ideologiche della razza e della nazione pura, uni-etnica.
Sillogismo iperbolico alla Scalfarotto: Dante Alighieri creo’ il girone dei sodomiti e ci mise dentro il suo miglior amico perche’ non ebbe la fortuna di vivere nella Germania contemporanea.
Senta, Alessandro, con tutto il rispetto, a me i bizantinismi non piacciono ma se questa e’ la logica che io dovrei sposare in base ai suoi richiami di carattere morale, questi bizantinismi e tutte le cose che mi ha attribuito (che non conosco) me li tengo stretti ben volentieri.
Ma alla fine sa quale e’ il problema vero? Il problema serio e’ che con questi contenuti televisivi, sentimentali, da quattro soldi, i diritti civili fondamentali ce li possiamo scordare per davvero.
Servono solo ad Ugo per compiacersi e tenersi un po’ su davanti al suo Scalfa-catodico.
Grazie della ospitalita’.
Saluti.
Lasciamo buono-buono nel suo cantuccio Ugo, affetto da una forma di miopia bilaterale compulsiva: oltre a scrivere le sue, di c….e, non riesce ad intendere bene nemmeno quelle degli altri e rispondiamo ad Alessandro, che seppur tirando fuori la solita, logora, infamante cartamoneta dell’omofobia con la quale viene sbrigativamente liquidato in contanti chiunque canti fuori dal coro, un nucleo di raqionamento lo imposta.
Lei crede che le maggiori garanzie civili di cui gli omosessuali godono in Germania siano la conseguenza del processo di riflessione avviato dopo le esperienze naziste. E’ possibile. La vicenda storica del nazismo ha sviluppato tutta una serie di sensibilita’ civili particolari in Germania.
Ma questo, mi scusi, cosa c’entra, con quello che ho scritto io? Anzi, cosa c’entra la Germania in toto!
Se esiste un denominatore locale in una precisa vicenda storica tra la persecuzione contro gli Ebrei e quella contro gli omosessuali, allora possiamo estrapolare lo stesso denominatore ad ogni contesto? Applicare il modello ad ogni realta’? Poiche’ un preciso meccanismo di irrazionalismo ideologico ha prodotto 70 anni fa lo sterminio di Ebrei ed omosessuali, allora, secondo il suo ragionamento ( e quello di Scalfa), in ogni societa’ contemporanea, ogni forma di omofobia manifesta o latente e’ parente dello stesso tipo di irrazionalismo e votata alle stesse conseguenze, ovunque essa si presenti e in qualunque forma.
La matrice della repulsione omofoba che un individuo vive nella Italia del 2009 deve essere (secondo Lei e secondo Scalfa), alla luce della esperienza storica, innegabilmente la stessa che spinse l’organizzazione di un regime totalitario a eliminare omosessuali, ebrei, zingari, disabili fisici e mentali come sostanziali nemici di uno stato pseudo-religioso che fondava se stesso sulle dottrine ideologiche della razza e della nazione pura, uni-etnica.
Sillogismo iperbolico alla Scalfarotto: Dante Alighieri creo’ il girone dei sodomiti e ci mise dentro il suo miglior amico perche’ non ebbe la fortuna di vivere nella Germania contemporanea.
Senta, Alessandro, con tutto il rispetto, a me i bizantinismi non piacciono ma se questa e’ la logica che io dovrei sposare in base ai suoi richiami di carattere morale, questi bizantinismi e tutte le cose che mi ha attribuito (che non conosco) me li tengo stretti ben volentieri.
Ma alla fine sa quale e’ il problema vero? Il problema serio e’ che con questi contenuti televisivi, sentimentali, da quattro soldi, i diritti civili fondamentali ce li possiamo scordare per davvero.
Servono solo ad Ugo per compiacersi e tenersi un po’ su davanti al suo Scalfa-catodico.
Grazie della ospitalita’.
Saluti.
Caro Perutz
nessuno le attribuisce le stesse motivazioni che spinsero i nazisti all’eliminazione fisica degli omosessuali. Quello che mi sembrava di aver constatato (ma evidentemente non mi sono fatto capire) è il fatto che evidentemente vivere in Germania non ha fatto di lei una persona disponibile a riconoscere ai gay gli stessi diritti degli etero e questo – mi dispiace – é omofobia se con il termine intendiamo non la semplice “repulsione” per i gay, come il termine indica originariamente, ma la volontà di discriminare i gay, giacché questo è ormai il senso che la parola ha acquisito, così come la parola razzismo è passata a indicare qualunque discriminazione per minoranze nazionali o culturali anche quando – dal punto di vista del razzismo storico, basato sul concetto pseusoscientifico di “razza” – la minoranza in questione è della stessa razza. Se poi mi sbaglio, se lei invece ai gay vuole riconoscere gli stessi diritti degli etero e non li vuole discriminare, ritiro l’accusa di omofobia. Altrimenti la reitero.
Quanto alla sua polemica sul parallelo gay-nazisti, sarà anche forzato (ma lo spieghi alle vittime gay dei campi), ma perlomeno uno tra antisemitismo e omofobia io lo vedo: in tutti e due i casi si tratta di pregiudizi e odii irrazionali spesso mascherati dietro ragionamenti e distinguo BIZANTINI sulle ragioni che giustificherebbero le discriminazioni e che alla fine equivalgono al celebre “non sono io che sono razzista/antisemita/omofobo, siete voi che siete neri/ebrei/gay”.
Saluti
A leggere alcuni dei commenti qui, verrebbe da raccomandare: “Scalfa, non aprire quella porta!”. Più che dietro una porta, però, l’omofobia più o meno mascherata in casa piddina starebbe bene oltre un tombino. Di fogna.
A leggere alcuni dei commenti qui, verrebbe da raccomandare: “Scalfa, non aprire quella porta!”. Più che dietro una porta, però, l’omofobia più o meno mascherata in casa piddina starebbe bene oltre un tombino. Di fogna.
Caro Lorenzo, dopo aver letto questa tua illuminante riflessione “Nelle recenti polemiche sullo Stato di Israele, mi pare che si ignori un dato fondamentale: ISRAELE NON HA ALCUNA LEGITTIMITA’ AD ESISTERE” mi chiedo come tu possa venir qui a parlare di omofobia, fogne e tombini, senza arrossire.
Ragazzi dite quello che volete ma io da voi, con voi mi diverto un sacco.; sto posto è pieno di gente arguta; ironica interessante, pungente…che mi fa riflettere, sorridere, entusiasmare, scrivere, e talvolta anche cambiare idea… io ringrazio ttutti e darei veramente la vita perché uno spazio di tale qualità continuasse a esistere… in fondo le vostre riflessioni indicano che siamo anncora interessati ai destini degli altri, magari per immischiarcene; magari per dire la nostra.. ma;; cavolo dimostrano calore e partecipazione politica….contro l’indifferenza e l’apatia…
grazie a tutti, anche a Ugo che ultimamente mi pare nervosetto..
Caro Perutz, la ringrazio per aver chiamato La Palisse a ricordarci che l’orientamento sessuale non è una “razza”; purtroppo resta il fatto, ahimé, che possono esistere fenomeni di discriminazione basati tanto sulla razza come su altri elementi di diversità (sesso, religione, orientamento sessuale, ecc.)rispetto ad una ipotetica “norma” che senza motivi razionali viene ritenuta e fatta passare per “superiore”. Come dice lei attribuendo a chi non risponde a quella “norma” dignità diversa e quindi poi, di conseguenza, diritti diversi.
Dunque qual’era il suo argomento? Fin qui non ha detto nulla.
Ah già…c’era anche questo: “L’omofobia e’ un atteggiamento molto piu’ complesso e differenziato, la sua natura, le sue evoluzioni e le sue manifestazioni variano da individuo a individuo perche’ coinvolgono la morale personale, la visione sociale e soprattutto la sfera della sessualita’ e l’approccio personale che ogni di noi ha verso questa componente psicologica. La composizione stessa (fobia) del termine ci suggerisce l’origine psicologica e individuale”.
Ma scusi Perutz lei crede di aver detto veramente delle differenze con ciò? Secondo lei il razzismo è sempre uguale? non ha graduazioni e sfumature e manifestazioni diverse da individuo a individuo? per non dire da situazione a situazione…
E lei crede che il razzismo non coinvolga altrattanto la psicologia degli individui, nonchè la loro “visione sociale”? Azz….
E idem anche per la morale: negli stati del sud, in america, per es., fu a lungo prevalente l’idea che tenere schiavi i neri fosse moralmente accettabile, e ciò nonostante fosse una cultura cristiana! Ma anche la religione e la morale venivano costruite in modo da giustificare la discriminazione razzista.
Il razzismo, come l’omofobia, scaturiscono da pulsioni psicologiche ed elementi caratteriali individuali, che poi hanno un semplice comun denominatore tipico dell’essere umano: la paura per ciò che è diverso da noi.
Ovviamente poi queste inclinazioni individuali alimentano, e d’altro lato trovano risonanza e rinforzo (è un circolo vizioso) in fattori collettivi: culturali, religiosi, morali, sociali..Finchè il razzismo (come l’omofobia) arriva talvolta strutturarsi e ad organizzarsi in vera e propria ideologia.
Insomma tutto uguale.
E analoghi purtroppo anche gli effetti come ha ricordato qualcuno.
Il ragionamento di¨Piergiorgio fila come un orologio.. . ricamando di fioretto lascia Leo tutto scontento….
complimenti a Piergiorgio….e avanti un altro…
Alessandro,
vedo che mi concede almeno il beneficio del dubbio, la ringrazio. Io da parte mia ho letto e riletto quanto scritto e non sono riuscito a trovare traccia dei diritti che avrei riconosciuto ad alcuni negandoli invece ad altri. Il vocabolo “discrimazione” esiste e la sua valenza linguistica mi sembra piu’ che mai attuale. Saro’ all’antica, oppure bizantino, ma diffido delle semplificazioni che producono poverta’ culturale, invece del contrario. Se un giorno si arrivera’ a definire “razzismo” ogni forma di discriminazione del diverso e parleremo quindi di razzismo verso le donne, le puttane, i disabili, i tifosi della curva opposta, io credo che non verra’ fatto un buon servizio a nessuno uomo, a partire dalle donne, dalle puttane, dai disabili etc.
Piergiorgio,
certo, messo in certi termini tutto ricade in ambito “psicologico” ma se io, senza volerlo ho giocato a nascondino con il Signor de la Palice lei non giochi altrettanto involontariamente a nascondino con il suo dito. Anche la natura pregiudiziale (sociale) della omofobia pone le sue radici nel comportamento sessuale, tocca un tabu’, investe di per se un ambito strettamente individuale e suscettibile quindi di milioni di variazioni. Cosa hanno fatto spesso i regimi per accentuare l’odio e la discriminazione verso un gruppo? Come nel caso degli Ebrei, accusati di celebrare riti di sangue, sono state diffuse ad arte storie che, toccando la sfera dei tabu’ individuali, fossero in grado di mettere in movimento reazioni personali irrazionali e disordinate.
Nel caso della omosessualita’, purtroppo, non c’e’ bisogno di un Goebbels che ci venga a raccontare bestialita’. E’ l’idea stessa del legame affettivo-sessuale tra due esseri dello stesso sesso che crea degli “inceppamenti” nel nostro normale processo di pensiero. Io non so dire quanto di questo processo di rifiuto provenga da influenze esterne, quello che pero’ mi sento di dire e’ che un comportamento “tollerato” o “non socialmente discriminato” non equivale sempre ad un comportamento moralmente “accettato”.
La tendenza a “patologizzare” come omofobia anche le piu’ innocue espressioni del piu’ piccolo pensiero credo sia una realta’ con la quale la comunita’ politica degli omosessuali italiani, e il Sig. Scalfarotto in testa, dovra’ prima o poi confrontarsi ma in realta’ io non intendevo affatto parlare di questo. Io ho inteso solo criticare la miseria culturale del post di Scalfarotto che, con i suoi richiami storicamente sballati a sensi di colpa collettivi, a immagini tragiche dalle quali ognuno di noi puo’ prendere distanza senza impegno e senza sforzo, auto-compiacendosi di una presa di coscienza che non equivale a nulla, ha raggiunto (forse) un solo risultato, quello di aver ingrassato le fila dei “Mister Drayton”, quei simpatici liberal che come accade piu’ o meno nel film con Spencer Tracy, inorridiscono alla idea della discriminazione ma che, alla sera, prima di addormentarsi, nel loro piccolo pregano Iddio di non fargli l’unico figlio maschio … omosessuale.
Saluti
Certo che per essere morto nel 1957 Leo Perutz dimostra un’incredibile vivacita’ quando si materializza in questo blog…
Certo che per essere morto nel 1957 Leo Perutz dimostra un’incredibile vivacita’ quando si materializza in questo blog…
Scusi Perutz, ma non “messo in certi termini”, messo nei termini corretti.
Lei continua a parlare delle influenze esterne: le storie sugli ebrei che uccidono bambini o profanano l’ostia (c’è persino un noto dipinto del grande pittore del ‘400 Paolo Uccello proprio con questo soggetto!) , il complotto plutogiudaico, le follie ideologiche dei nazisti e quant’altro…
Senz’altro, l’ho ricordato anch’io, e tuttavia anche nel razzismo tutto questo non è originariamente necessario, né esaurisce le cause del fenomeno. Non c’è bisogno di frequentare un corso di antropologia culturale (ma se ce n’è bisogno si può sempre provvedere) per sapere che “lo straniero”, il “diverso”, la persona di un’altra etnia che arriva come minoranza in un gruppo, in una tribù, suscita diffidenza, fastidio, paura. Ci sono infinite prove ed esempi storici.
Queste paure, che corrispondono a fenomeni psicologici elementari degli individui, poi, in un gruppo organizzato, che costituisca una maggioranza compatta, diventano paure collettive e si rinforzano a vicenda, anche in maniera più o meno spontanea, nascono “storie”, miti, racconti, pregiudizi. Poi ci si mettono le espressioni culturali di quel gruppo organizzato: la morale di quel gruppo, la religione di quel gruppo, la politica ecc.
Naturalmente è un processo osmotico, come ho scritto nell’altro post.
Inversamente lei sostiene che nel caso dell’orientamento sessuale, non c’è bisogno di influenze culturali esterne agli individui.
Lei dimentica, tralascia completamente con una disinvoltura disarmante, svariati secoli di storia occidentale completamente ricolmi proprio di quelle influenze esterne anti-omosessualità!
Basti solo pensare alla morale sessuale propugnata dalle strutture ecclesiastiche del cattolicesimo!
Come dimentica che, invece, in contesti culturali diversi, e con elaborazioni culturali diverse, quelle paure ancestrali degli individui anche nel caso dell’omosessualità potevano venire abbandonate e superate. Pensi ai rapporti di paideia nella grecia classica, ma anche al mondo romano (ove era riprovato non assicurare la continuità della “gens”, ma, una volta soddisfatta quest’esigenza, il comportamento omosessuale di per sé era largamente accettato, perlomeno in alcune fasi della storia millenaria di roma, ovvio che qui parliamo per sommi capi).
Come vede dunque anche per questo aspetto il fenomeno è analogo, e si potrebbe dire, ha un “decorso” simile.
Se la storia ha molto da insegnarci su questi fenomeni nella dimensione “macro”, l’esperienza non fa che darci conferme nella dimensione “micro”, o, se prefersice, nella nostra quotidianità.
E infatti lei si raffigura il SUO “processo di pensiero” “inceppato” dall’idea di due persone del medesimo sesso con legami affettivo-sessuali, dimenticando, ancora una volta, che ciò che lei sente come “normale processo” non è che il risultato di tutta l’educzione, e formazione della persona, in senso ampio ovviamente, incluse cioè tutte le influenze ambientali nelle quali cresciamo.
Chiunque sia nato prima…diciamo… almeno della metà degli anni ’70, è cresciuto immerso in un ambiente compattamente omofobico. Su tutti i fronti: famiglia, scuola, chiesa,oratorio, “branco”, qualunque agenzia sociale, mezzi di comunicazione ecc. ecc. Sin da bambini piccoli si è venuti su così, con una rappresentazione della sessualità a senso unico, e con una continua denigrazione, ma sarebbe più esatto dire esorcizzazione, dell’omosessualità. Lei pensi solo all’introiezione delle paure dei genitori! Basterebbe già questo.
Guardi che anch’io sono cresciuto così: ai miei tempi l’omosessualità “non esisteva” quasi, tabù; quando era possibile che si “manifestasse” lo era solo in forma comica, ridicola, “bassa”.
Non c’è da meravigliarsi dunque se il “processo di pensiero” di parecchia gente ancora oggi la percepisca automaticamente come qualcosa di sgradevole , innaturale ecc.
Inversamente lei guardi cosa è accaduto, specie altrove, ma anche da noi negli ultimi venti/trent’anni. Oggi molti giovani non hanno più quel senso di “paura” e di “ripulsa” di fronte all’omosessualità dell’amico (parente ecc.).
Esistono spesso compagnie miste, etero frequentano con tranquillità locali gay (glielo dico per esperienza diretta) ecc. ecc.
Ciò dimostra la grande influenza dei processi culturali. Da quando si è incominciato a parlare apertamente di omosessualità, a cambiare i modelli proposti, a “venir fuori” nelle famiglie e nella società, a modificare (in piccola parte) i messaggi dei media ecc. ecc. ecco che anche le paure degli individui sono diventate meno monolitiche, hanno cominciato pian piano a sciolgiersi, a modificarsi.
Insomma, perutz, non mi pare proprio di essere io a nascondermi dietro al mio dito; temo invece che lei si voglia nascondere a se stesso. Non mi sarei permesso di farglielo notare: di solito qua evito di entrare nel personale che non mi interessa ed è terreno antipatico, ma è lei che ha cominciato ad accusarmi, quindi mi perdoni.
Abbiamo capito che il suo pensiero si “inceppa” all’idea di due uomini/donne che fanno sesso fra loro, va bene, me ne spiace. Però non dovrebbe accontentarsi di constatare questa sua reazione, nel momento in cui vuole costruirci sopra teorie su cosa differenzia l’omofobia dal razzismo.
I fenomeni sono effettivamente analoghi, e presentano analogie tanto nelle origini, quanto nel modo di funzionare e diffondersi.
Dopodichè ovvio che ogni fenomeno ha le sue peculiarità.
Questa era la sua critica e su questo le avevo risposto.
Posso invece essere abbastanza d’accordo su altre sue considerazioni. Sia pur in un ottica un poco diversa.
E cioè concordo che, da un punto di vista politico, l’esistenza di fatto di dottrine morali, per es. religiose, “autorevoli” per storia, diffusione ecc. ,per quanto io le ritenga sbagliate, può rendere delicati i termini del dibattito.
Capisco anche l’esigenza di una comunicazione in forme meno “aggressive”.
Certo non è piacevole sentirsi “patologizzati” per il dissenso. Però vede, perutz, si soffermi un attimo a pensare questo: chi di solito, da (quasi) sempre, è stato “patologizzato” sono i gay. E se fossero corrette le idee anche morali anti-omosessualità ancora ad essere “patologizzati”, in senso lato, sarebbero i gay.
Quel che le voglio trasmettere, insomma, è questo: lo scontro “culturale” è in qualche misura ineludibile. O abbiamo ragione noi o “voi”. O siamo “patologici” noi o “voi”. Non se ne esce.
‘E chiaro che le sacrosante e mai abbastanza lodate forme della democrazia liberale con la distinzione necessaria fra politica/diritto e morale, con la laicità dello stato ecc. consentono di non dover entrare nello scontro sul piano strettamente politico-rivendicativo: le rivendicazioni di pari dignità davanti allo stato e quindi di pari diritti, non impediscono (nè devono impedire sia chiaro) a chiunque di pensare che l’omosessualità come comportamento sia immorale.
E tuttavia, come le ripeto, non c’è solo la battaglia politica, bensì, latente ma essenziale, c’è anche la battaglia culturale.
Detto in parole povere: se poi c’è un dibattito, e io mi ci trovo, non mi sottraggo allo scontro. Che possano legittimamente in uno stato democratico-liberale coltivarsi idee e concezioni dell’omosessualità come cosa immorale (a patto di non pretendere di trasfonderle poi in conseguenze legali) è un conto (e io non posso certo pretendere che vengano conculcate); altro però è che io possa ammettere tali idee in un dibattito, che io debba starmi zitto di fronte ad esse. Ovviamente io quelle idee le combatto e le contrasto. Nella libera dialettica.
Infine su scalfarotto. Massì, può apparire un pò tranchant, per carità. Epperò comincio quasi a pensare anch’io che a volte certe semlificazioni servano. Tant’è vero che provocano come si è visto qui.