13 Febbraio 2009

L'amore prevarrà, forse.

Diario

Dopo l’approvazione della famigerata “Proposition 8”, quella che vieta i matrimoni gay in California, c’è il rischio che migliaia di coppie sposate siano divorziate per legge grazie all’iniziativa di Ken Starr, l’uomo che tentò di portare Bill Clinton all’impeachment. 


“Love will prevail”, si legge alla fine di questo video. Io non lo so se l’amore prevarrà, qui in Italia in questi giorni si fa fatica a pensare che Berlusconi, i teo-dem e la Chiesa non vorranno metterci becco per proibire e dirigere e stabilire che l’amore non c’entra un corno e che le loro regole valgono per tutti, che ci piaccia o no. E allora, ancora un po’ commosso dalla visione del video qui sotto, ho deciso che io non voglio usare il mio blog per dire solo come voglio morire, come hanno fatto tanti miei amici, ma per dire invece soprattutto come voglio vivere. 

La mia famiglia potrebbe essere assolutamente parte di questa galleria come centinaia di migliaia di altre famiglie italiane come la mia, e con i loro bambini. Ed è lì che io voglio stare fino a che avrò coscienza per farlo. Dopodiché, per favore, lasciate che Federico stacchi la spina.

18 risposte a “L'amore prevarrà, forse.”

  1. grazia ha detto:

    Lacrimoni…
    E Ivan quando vorrai fare le barricate per il più elementare dei diritti, sarò lì con voi :o)
    bacio

  2. MAio ha detto:

    Non so che effetto fa agli altri, ma a me fa venire il magone.
    Ho iniziato il mio S.Valentino guardando questo video prima di bere il latte e caffè e son venute giù le lacrime, e l’ho finito, adesso che la mezzanotte è passsata, riguardandolo.
    Null’altro da aggiungere.

  3. Lorenzo ha detto:

    Qui in Italia stiamo ancora peggio. Ciò di cui mi sono accorto è che la maggior parte dei miei amici e conoscenti gay fa sesso compulsivo e autodistruttivo. Non ha sufficiente autostima per intrattenere una relazione seria. E per seria non intendo necessariamente “monogamica” o in altro modo “conforme” a delle regole calate dall’alto, quanto semplicemente “di lunga durata” e “basata su un rapporto solidale”.

  4. scalpha ha detto:

    Lorenzo, io ho amici etero che fanno sesso compulsivo e autodistruttivo e che non sono secondo me in grado di intrattenere una relazione seria (almeno una sola alla volta), ma non traggo nessuna conclusione generale da tutto questo. Per favore lasciamo stare i cliché.

  5. renato ricci ha detto:

    @ Lorenzo, forse non hai capito che per Scalpha essere gay è come avere gli occhi azzurri punto… non c’è nessuna differenza tra gay e etero su nessun piano – psicologico, sessuale, sentimentale, identitario – nessuna sensibiltà particolare. Essere gay è come avere i capelli biondi, punto e basta…non riesco a capire come tu non ti sia ancora convinto di questa evidenza macroscopica…ciao R;

  6. scalpha ha detto:

    Non penso affatto che sia così, caro Renato, lungi da me negare le differenze, che esistono eccome! Quello che penso è che probabilmente anche quelli con gli occhi azzurri o i capelli biondi, per usare il tuo esempio, hanno probabilmente qualcosa in comune sul piano psicologico, sessuale, sentimentale e identitario. Penso tuttavia che le loro eventuali particolarità e caratteristiche non dovrebbero essere causa di discriminazione sociale e meno che mai giuridica: in questo caso l’omosessualità dovrebbe essere irrilevante come irrilevante è davanti alla legge avere i capelli biondi o gli occhi azzurri. Penso altresì che quelle possibili caratteristiche non debbano diventare dei cliché: dire che le donne sono sensibili e facili alla commozione (“emotional”, si direbbe in inglese), spesso è un modo come un altro per giustificare la loro discriminazione. Su cose del genere, per dire, si è basato il divieto in Italia per le donne di fare i magistrati, rimasto in vigore fino al 1965. La cosa che mi pare discriminatoria e illogica è che si dica che i gay “fanno sesso in modo compulsivo e autodistruttivo” per dire che non sono adatti a fare famiglia e quindi giustificare in qualche modo il divieto per i gay di sposarsi. Se anche 999 gay su 1000 rispondessero al cliché questo non sarebbe un motivo valido per rifiutare al millesimo gay il diritto di sposarsi, così come tutti gli etero che si tradiscono allegramente non fanno venire meno il dirito di nessuno di essi di contrarre matrimonio. Spero di aver chiarito il mio pensiero.

  7. Lorenzo ha detto:

    No scalfa, aspetta un attimo, non sto dicendo: “visto che la maggior parte dei miei amici non ha un eventuale candidato, non è il caso di rivendicare il diritto al matrimonio per le coppie dello stesso sesso”. Mi dispiace che tu mi consideri così fesso. Non mi confondere con Renato, che, da etero poco friendly (ma più che altro, temo, poco informato), fa un discorso differente.
    Quel che intendevo è: anche in assenza di una legge, sarebbe necessario che tutti noi, persone gay ed etero ragionevoli e democratiche, ci dedicassimo a costruire una comunità LGBT vera e coesa (ma anche aperta e non “esclusiva” nei confronti delle persone non LGBT) in cui si possa condurre una vita tranquilla e dignitosa.
    Noto che negli USA e nella maggior parte dei paesi occidentali prima si sono costituite simili comunità che avevano bisogno di leggi, poi sono venute le leggi.
    Se partiamo al contrario rischiamo di finire come il Portogallo o l’Ungheria, dove la legge ci sarebbe, però mi pare che non sia molto usata, proprio perché non c’è una comunità sufficientemente emancipata per usufruirne.
    La cosa peggiore, secondo me, sarebbe ottenere una legge un domani e poi farla rimanere lettera morta, perché quasi nessuno vuole o può usarla.
    Per esempio: 1) finché non ci sono dei servizi di consulenza psicologica utili a stabilizzare il singolo omosessuale, le tendenze antisociali e autodistruttive saranno più diffuse tra le persone LGBT che nel resto della società, per ovvi motivi. Le persone LGBT infatti sono l’unica minoranza la cui appartenenza non si trasmette nel nucleo famigliare, e dunque le più esposte alla solitudine in assenza di una “rete” sociale. 2) finché non c’è una legge antidiscriminazioni seria, tutti noi che lavoriamo sotto padrone (sia nel pubblico che nel privato) siamo esposti alla minaccia del mobbing o del licenziamento, nel caso di un coming out. E come può esserci matrimonio senza coming out? In questi due casi dovrebbe intervenire la comunità, che supplisca con i servizi che lo Stato si rifiuta di erogare.
    Occorre far capire al papa e ai suoi lacché che, anche senza una legge dello Stato, noi intanto la nostra vita ce la riprendiamo. E proprio perché ce la riprendiamo, la legge ci serve e faremo di tutto per farla approvare, con il sostegno delle persone a noi care. Ma non riesco a non pensare che la legge sul matrimonio sarà il coronamento di questo percorso di emancipazione, e non il primo passo.

  8. renato ricci ha detto:

    Chiaro….scusa il fraintendimento, siccome te l’avevo sentito dire mi sembrava che la semplificazione fosse eccessiva…grazie x la risposta. R

  9. scalpha ha detto:

    Lorenzo, capisco quello che dici e lo rispetto assolutamente (non mi verrebbe mai in mente di considerarti un fesso) e tuttavia continuo a pensare che in un paese civile i diritti devono essere uguali e disponibili per tutti indipendentemente dal numero di persone che li usa. Inoltre il tipo che tu descrivi è tipico di un cliché che riguarda i gay ma, per esempio, molto meno le lesbiche. In ogni caso esistono già in Italia numerosissime e solide famiglie GLBT (talvolta con bambini) che certamente non possono e non debbono essere costrette ad aspettare che l’universo mondo compia un percorso di emancipazione che essi hanno già abbondantemente fatto.

  10. Lorenzo ha detto:

    Ecco, Ivan, hai fatto un ottimo esempio: trovo che la comunità LGBT italiana, tra le sue tante mancanze, sia particolarmente carente nell’offrire qualcosa a queste coppie con bambini, visto che è composta in gran parte di locali aperti dopo la mezzanotte o dove comunque si va a far ben altro che non attività atte ai bambini.
    Anzi, si potrebbe dire che la “scena” è fatta in gran parte su misura di uomini, giovani o di mezza età, appartenenti ad una fascia di reddito medio-alta e con una cultura medio-bassa o bassa, scarsissimo interesse per la letteratura, lo sport, la vita all’aria aperta. Le donne hanno alcuni spazi dedicati a loro (in cui sembra quasi incoraggiarsi l’apartheid dei sessi, cioè il contrario della cultura queer, e infatti la partecipazione femminile alla politica gay è bassa, con la parziale eccezione di Roma). In quella maschile, poi, chi non è giovane (o lo è troppo), o comunque non rientra in dei canoni alquanto restrittivi si vede spinto ai margini. Gli spazi di discussione e di socializzazione non sessuale finiscono così per essere quasi solo i gruppi cristiani. E per chi religioso non è, o appartiene ad una religione non cristiana, cosa rimane?
    La comunità LGBT potrebbe offrire un esempio di buone pratiche nell’assistenza a chi non rientra nel target ricco-bello-giovane-discotecaro-ipersessuato. I soldi non mancano, le competenze apparentemente neppure. Come mai si fa così poco? E’ una domanda che porgo a te proprio perché, pur non essendo solo un politico gay (e vivvadio che non lo sei), sei un politico e dovresti avere una visione più ampia, visto che aspiri a rappresentarci.

  11. antonio ha detto:

    @ Lorenzo, qualche considerazione sulle cose che dici.
    “Noto che negli USA e nella maggior parte dei paesi occidentali prima si sono costituite simili comunità che avevano bisogno di leggi, poi sono venute le leggi”.
    1 Questa comunità di persone omosessuali desiderose di formare una famiglia, forse non particolarmente visibile, esiste anche in Italia, come esisteva in Spagna e in Francia, paesi molto simili al nostro, dove è venuta fuori dopo la promulgazione di leggi che consentissero le unioni civili.
    2 Non sempre le leggi devono seguire questo processo. Non esisteva una comunità di divorziati prima della legge sul divorzio. Paradossi a parte, spesso le leggi hanno una funzione formativa nei confronti della società. Una legge sulle unioni civili non solo permetterebbe a chi oggi vuole formare una famiglia di farlo, ma indicherebbe una strada (possibile, non migliore, non peggiore) a chi oggi non pensa a mettere su famiglia. Inoltre sarebbe un grande passo avanti verso una minore omofobia sociale, con tutto quello che ne consegue per il mobbing sul lavoro e per l’autostima dei gay in generale, adolescenti in primis.
    @ Ivan, grazie per il video. E’ bellissimo.

  12. antonio ha detto:

    @ Lorenzo, qualche considerazione sulle cose che dici.
    “Noto che negli USA e nella maggior parte dei paesi occidentali prima si sono costituite simili comunità che avevano bisogno di leggi, poi sono venute le leggi”.
    1 Questa comunità di persone omosessuali desiderose di formare una famiglia, forse non particolarmente visibile, esiste anche in Italia, come esisteva in Spagna e in Francia, paesi molto simili al nostro, dove è venuta fuori dopo la promulgazione di leggi che consentissero le unioni civili.
    2 Non sempre le leggi devono seguire questo processo. Non esisteva una comunità di divorziati prima della legge sul divorzio. Paradossi a parte, spesso le leggi hanno una funzione formativa nei confronti della società. Una legge sulle unioni civili non solo permetterebbe a chi oggi vuole formare una famiglia di farlo, ma indicherebbe una strada (possibile, non migliore, non peggiore) a chi oggi non pensa a mettere su famiglia. Inoltre sarebbe un grande passo avanti verso una minore omofobia sociale, con tutto quello che ne consegue per il mobbing sul lavoro e per l’autostima dei gay in generale, adolescenti in primis.
    @ Ivan, grazie per il video. E’ bellissimo.

  13. piergiorgio ha detto:

    Lorenzo c’è del vero nelle cose che dici; ma anche approssimazione ( vedi per es. la “scena” che dovrebbe esser fatta di gente “di fascia socio-economico alta e cultura bassa”…ahiahiai). Se avessi tempo e competenza mi piacerebbe approfondire il discorso sia nella direzione di una descrizione più analitica (e più realistica quindi) della complessità della realtà glbt, sia nella direzione di una proiezione di quel che dici sull’intera struttura della nostra società (perchè la verità è che molti aspetti da te evidenziati , lungi dall’essere esclusivi di una certa “scena” gay in cui forse si vedono particolarmente enfatizzati perchè si tratta di un “campione piccolo e chiuso” per così dire, si ritrovano nella società in generale, pensa solo alla scarsa partecipazione politica consapevole tanto per dirne una: ahimé non sono più gli anni ’70 anche fuori dal mondo glbt!) , sia infine nella direzione di un’analisi delle interazioni fra società attuale e comunità glbt (perchè la società odierna è polimorfa nei cfr del mondo gay, respinge ma anche attrae, tiene ai margini ma nel contempo richiede determinati standard, esclude ma anche include “offrendo” determinati percorsi con tutta una serie di conseguenze).
    Siccome però, com’è evidente anche dalla sola breve dichiarazioni d’intenti di cui sopra, si tratterebbe di discorso troppo lungo e complesso mi trattengo e mi limito ad una breve osservazione sul punto politico-legale.
    Da un lato è giusto quel che dici: lo spazio politico per le leggi matura quando nella società emergono e diventano evidenti certi bisogni, certe richieste.
    E certamente la comunità glbt italiana (per i tanti motivi che emergerebbero appunto dall’analisi di cui sopra che non posso condurre qui ;-p) è fra le meno emancipate dei paesi occidentali, forse la meno emancipata. Come giustamente dici tu ci vorrebbe un assai maggior tasso di coming out e visibilità, in famiglia, con gli amici, in società, sul lavoro: già questo aiuterebbe parecchio.
    Ma questo è solo un lato della medaglia.
    L’altro lato, e questo è un discorso che vale in generale per l’interazione diritto-società, è che anche le leggi stesse promuovono trasformazioni sociali.
    Sia perchè aprono di fatto delle possibilità giuridico-pratico, sia soprattutto perchè le leggi hanno una potente funzione di “modelli”.
    Questo infatti è anche precisamente il motivo per cui la gerarchia ecclesiastica e le forze politiche conservatrici si oppongono ferocemente a qualsiasi ipotesi anche minimale di riconoscimento legale di coppie omosessuali!
    Le leggi dunque interagiscono con la società in maniera bi-univoca: riflettono e “registrano” le trasformazioni sociali, ma anche le inducono e le accompagnano. Ed è un mix complesso in cui è difficile sceverare causa ed effetti.
    Perciò ci si deve battere sui due fronti: certo bisognerebbe cercare comunque, (legge su matrimonio-adozioni-coppie di fatto o no) di promuovere una maggior emancipazione e consapevolezza della comunità glbt (e anche battersi per questo attraverso altre leggi utili: per es. anti mobbing e discriminazioni sul lavoro).
    Ma contemporaneamente bisogna anche battersi per il riconoscimento giuridico delle coppie gay. Non si può insomma aspettare la realizzazione della prima cosa, come fosse una premessa: perchè in realtà la legge stessa sulle unioni glbt ne è invece una delle condizioni.

  14. Lorenzo ha detto:

    A volte la fretta gioca brutti scherzi. Non ho detto che la “scena” dovrebbe esser fatta di gente “di fascia socio-economico alta e cultura bassa”, ma che oggi è fatta su misura per loro, tagliando fuori gli altri.
    Per quanto riguarda le leggi, sono d’accordo che anche la via giuridica aiuta l’emancipazione sociale e non solo viceversa. Ma le leggi antidiscriminazione e anti-violenza, proprio per questo, sono più urgenti: in qualche modo, sono propedeutiche.
    Senza queste leggi, la comunità rimane asfittica e ha meno voce, perché finisce per ridursi alle persone LGBT di professione (e agli espatriati, come Ivan). E’ per questo che i cattolici integralisti in parlamento non si vergognano di votare contro leggi che in fin dei conti chiedono solo di porre un freno alla violenza: perché sanno che senza simili leggi continueremo ad essere deboli.

  15. piergiorgio ha detto:

    Hehehe, no, no lorenzo avevo letto bene in verità, lo so che tu avevi usato una formula più “corretta”; converrai con me, però, che poi, anche considerando il complesso delle tue osservazioni, l’impressione che resta nel lettore è più simile a quel che ne ho tratto io con un poco di arbitrio 😉
    Sai, la “scena” già è difficile da definire in cosa consista.
    Prendiamo cmq, che ne so, le vituperate discoteche o pub-bar per es.
    Bè penso che ti sarà capitato svariate volte di passare una serata in una disco etero. Ti è parsa diversa da una disco per pubblico gay o gay-friendly?
    ‘E difficile immaginare come possa essere una disco (o locale notturno) “fatto su misura” per un pubblico di fascia sociale mediobassa e cultura medioalta!
    Ti posso garantire cmq che semmai ,dal primo punto di vista almeno i locali gay sono sempre mediamente meno cari di quelli etero (non certo per “bontà” o “impegno politico” del gestore: i gestori sono imprenditori e fanno quel che devono fare. Ma semplicemente per ragioni di mercato, il mercato gay e più ristretto e quindi i prezzi sono più bassi).
    Non è nemmeno vero poi che il mondo lgbt si esaurisca lì. Per l’impegno politico-sociale ci sono le associazioni come l’arci o l’agedo per es. Per lo sport esistono numerose società sportive che partecipano a tornei nazionali e internazionali (io ne conosco personalmente una di volley della mia città: fanno almeno 3,4 tornei l’anno girando in europa) e così via.
    Certo poca cosa, son d’accordo con te. Pochissima.
    Ma siamo anche una ristretta minoranza.
    Quanto al “taglio culturale” sai il fatto è che la fruizione culturale, anche per il glbt, è generalizzata nella società, cioè anche la persona glbt ha accesso nella società alle più disparate fonti per cui è anche un pò difficile immaginare ed organizzare qsa di specificamente orientato per questo pubblico.
    Per intenderci: io vado in disco, e amo moltissimo Mozart. Ma in Italia già è difficile che stiano in piedi i teatri lirici e le orchestre stabili “generali” (non potrebbero mai senza sussidi pubblici) figurati un’orchestra gaya!
    O anche solo una sala da concerto di musica colta per gay!
    Che senso avrebbe poi? io sono gay ma Mozart se voglio me lo vado a sentire al teatro comunale, o alla società dei concerti.
    Se poi parliamo di una specifica cultura glbt qualcosa si fa. Per es. nella mia città si organizzano “circoli del cinema” io cui si fanno vedere pellicole che magari non passano nei circuiti più commerciali.
    Però anche qui la realtà di oggi è cambiata: per es. i principali libri a tematica gay li trovi anche in una qualsiasi feltrinelli (se vai in quelle delle città maggiori, come a mi, ci troverai anzi lo scaffale “dedicato”).
    Questo per dire che poi è difficle allora organizzare e mantenere realtà specifiche per la comunità glbt (di recente ha chiuso a Roma una storica libreria glbt= così la “scena” si riduce, ma tant’è, se i libri li trovo ovunque…).
    Del resto io sono sempre convinto che il problema è della società in generale. Torniamo per es. al cinema di cui dicevo sopra. Si faranno na diecina di serate l’anno o poco più, sempre poca gente…vero. Ma, un momento: quanto gente “etero” va alle serate di cinema d’essai?
    E soprattutto: che rapporto percentuale c’è fra frequetatori di “circoli del cinema” e pubblico dei “cinepanettoni” nella società in generale? Infinitesimo suppongo.
    E allora, fatte le debite proporzioni col mondo glbt che al massimo rappresenterà il 7,8% della popolazione, non è la stessa cosa?
    E poi lorenzo c’è anche un pò di idealismo, come dire, fuori contesto in quel che dici. Per es. qua “la comunità LGBT italiana, tra le sue tante mancanze, sia particolarmente carente nell’offrire qualcosa a queste coppie con bambini, visto che è composta in gran parte di locali aperti dopo la mezzanotte o dove comunque si va a far ben altro che non attività atte ai bambini”
    Hehehe ma lorenzo io sono figlio di genitori etero, quando ero piccolo non si è mai visto che i miei genitori quando volevano uscire la sera ci portavano con loro (nemmeno al cine) ! Ci lasciavano alla tata o alla nonna.
    Tu li hai mai visti i locali “offerti dalla comunità etero” per le coppie con bambini? Al massimo coi bambini si va in pizzeria (ma oggi io vedo che quasi tutti i miei amici etero sposati si astengono dal farlo: è gettonatissimo lo sfruttamento dei nonni sempre più in gamba e giovanili).
    I locali non c’entrano punto.
    L’integrazione delle coppie glbt con bambini semmai passa dai rapporti di vicinato, dalla scuola ecc.
    Semmai come ricordavo sopra la comunità glbt italiana offre un buon supporto con l’AGEDO (ai genitori di glbt, ma anche ai genitori glbt).
    Cmq vabbè scusami le considerazioni un pò random, come dicevo sopra non ho tempo di fare un discorso organizzato e completo. Già sono prolisso così.
    Sulla laggiore o minore urgenza di questo o quel provvedimento, ripeto: in Italia siamo talmente indietro che è tutto urgente. Non c’è una battaglia da fare prima di un’altra (e soprattutto senza fare l’altra).

  16. Lorenzo ha detto:

    Piergiorgio ma ti sei mai fatto un giro in una media città nordamericana? Quello è il modello che avevo in testa visto che l’altro, basato sull’integrazione, funziona in Europa (o almeno, nelle principali città europee) ma non in Italia. Qui è tutta campagna.
    Non sono d’accordo sul fatto di chiedere tutto contemporaneamente. Va bene VOLERE tutto, ma non si può chiedere TUTTO senza fare almeno un ordine di priorità. E cominciare dalla fine, secondo me, non serve.
    E poi, ti prego non mettermi in bocca parole che non ho detto. Non è cortese, e non serve ad una discussione costruttiva rispondere a tesi che l’altro non ha espresso né pensato (se poi tu capisci meglio di me quello che voglio dire: accidenti, forse sei davvero un genio – ma forse no).

  17. piergiorgio ha detto:

    Caro Lorenzo, scortese non lo accetto poichè non lo sono stato.
    Nemmeno ti ho attribuito parole che non hai detto. Si trattava solo di una notazioncina parentetica nell’ambito di un discorso generale che peraltro si apriva dicendo: “dici cose in parte vere, ma bisognerebbe approfondire e non lo posso fare qui” ,quindi era dichiaratamente in forma veloce e riassuntiva, non un ricalco esatto delle tue parole.
    Nonostante ciò, alla tua precisa osservazione subito ho risposto, (cortesemente), ammettendo che io avevo interpretato. Non ho sostenuto che tu avevi detto quello. Perchè allora insistere?
    Quando si scrive qsa si deve anche accettare che ciò che si scrive sia soggetto all’analisi e interpretazione altrui o no?
    Se poi nel merito l’altro sbaglia ad interpretare, il primo potrà ribattere argomentando perchè l’interpretazione è sbagliata.
    Nel merito:
    Se la “scena” è fatta “su misura di…” e “chi non è giovane (o lo è troppo), o comunque non rientra in quei canoni alquanto restrittivi si vede spinto ai margini” se ne deduce, o perlomeno chi legge può ricavarne quest’impressione (questo infatti ho scritto sopra) che la scena risulti frequentata da persone così (reddito alto, cultura bassa). Conclusione, a mio avviso, sbagliata.
    Dopodichè, tu non pensavi questo? Ok siamo d’accordo allora.
    Vuoi che mi scusi per averti male interpretato?
    Pronte le scuse, se ti interessano queste cose.
    A me basta che siamo d’accordo sul punto di cui sopra.
    Sul resto: che la realtà glbt in italia sia indietro rispetto a qualsiasi altro paese occidentale siamo d’accordo, anche senza andare in nordamerica,non c’è bisogno di insistere: l’ho già detto anch’io.
    Ciò che mi distanziava dalla tua analisi, per come risultava dal tuo primo post, è che in sostanza io penso che il problema sia più generale e vada ben oltre la comunità glb la cui situaizone attuale in italia riflette si “deficit” suoi, ma soprattutto è legata a com’è è in generale il paese e la realtà sociale italiana.
    Quanto alle rivendicazioni, invece non sono d’accordo.
    Sei tu che, secondo la tua visione, definisci il riconoscimento giuridico delle coppie gay un “partire dalla fine” . Comprensibile appunto in quella logica. Io però non sono d’accordo: non c’è ragione di considerarlo così e ho spiegato nel mio primo post per quali motivi, a mio avviso.
    Aggiungo anche che ormai la “partita” è cominciata da parecchi anni! Tornare indietro sarebbe follia. E poi l’Italia non è una monade: persino quaggiù, nonostante la cappa di oppressione che ci circonda, molti glbt si accorgono di quel che avviene ed è avvenuto in tutto il mondo civile. Come si potrebbe non “intonare” anche in Italia le battaglie per i diritti civili glbt a quanto è già realtà (a volte da molti anni) all’estero, in (quasi)tutti i nostri partner europei?

  18. Aspes ha detto:

    E’ vergognoso, se non disgustoso, che si impedisca a due persone che si amano di vedersi legalmente riconosciuto tale status. E’ assurdo che lo si faccia in nome della difesa della famiglia (la mia famiglia non correrebbe alcun pericolo se anche le coppie omosessuali potessero dichiararsi tali, quindi qual è la minaccia? Ancora non l’ho capito), è disumano che ci si appelli ai vincoli biologici della procreazione per umiliare e discriminare (con questa logica anche le coppie etero sterili sarebbero famiglie di serie B?), è crudele che tra i più accaniti sostenitori di queste teorie ci sia la chiesa cattolica, che tanto parla di dignità umana…
    E’ idiota pensare che non riconoscendole queste coppie scompaiano.
    E’ ipocrita dichiarare che nessuno deve essere discriminato per razza, religione, genere, ecc.ecc., e poi farlo sulla base dell’orientamento sessuale.
    Spero con tutto il cuore che iniziative come quella di Ken Starr finiscano nel cesso, dove è giusto che stiano. E che anche nel nostro arretrato, bigotto, vatican-dipendente paese prima o poi qualcosa cambi.
    Raffaella
    (felicemente sposata da 27 con lo stesso marito – quindi niente di compulsivo o distruttivo, giusto per rassicurare il benpensante di passaggio…)