21 Febbraio 2006

Il cortile di casa

Attualità

Venerdì nei paesi musulmani è il giorno della preghiera. Tanto più grave è stata la provocazione delle vignette e della maglietta di Calderoli, e in Cirenaica la memoria della repressione di noi italiani, particolarmente feroce in quella regione, è ancora viva. Il bilancio di Bengasi è pesante, per il governo italiano e per quello libico: 11 morti, 55 feriti di cui 5 gravi non è cosa da poco in una repubblica, che vuole essere popolare. Il ministro degli Interni libico è stato sospeso dalle sue funzioni. I rapporti tra Italia e Libia che già non sono buoni (l’ambasciatore libico presso lo Stato italiano è stato ritirato) in conseguenza delle chiacchiere a vanvera di Berlusconi – che promette e non mantiene – possono solo peggiorare, e proprio non basta che Fini sia andato ieri alla moschea di Roma. Se continuiamo con promesse non mantenute e magliette provocatorie non è da escludere che uno di questi prossimi giorni apprenderemo che la Esso ha preso il posto dell’Eni. Un ottimo risultato. Mattei sarebbe felice.
Se poi dalla Libia e dalle relazioni internazionali passiamo in Italia cresce il pessimismo. La prima impressione è che siamo spettatori di un indecoroso gioco delle parti. Il ministro Calderoli indossa e vanta la sua maglietta (perfettamente in linea con il manifesto di Forza Italia «Immigrati clandestini a volontà? No grazie») e guadagna voti da parte del popolo leghista, poi si dimette e guadagna altri voti facendo la figura del buon soldato. Berlusconi chiede e ottiene le dimissioni di Calderoli e così fa la parte del capo responsabile, addirittura dello statista, e così spera di ottenere altri voti dagli elettori che dicono di avere il senso dello stato, da sommare con quelli ottenuti da Calderoli con la maglietta.
Possiamo farci prendere in giro da questi giochetti e magari dire che si è aperta una crisi tra il Cavaliere e la Lega? E ammettere che l’uno è meglio dell’altra o il contrario? E magari sulla base di questi distinguo trovare qualche mattone per il partito democratico?
Il rischio è che per essere troppo attenti alle differenze non vediamo che Berlusconi, Fini, Casini e Calderoli sono tutti della stessa pasta. Capisco che in politica talvolta è utile lavorare sui contrasti interni al fronte avverso, ma nel caso nostro, italiano, i contrasti sono tutti di facciata. L’obiettivo comune – e su questo non ci sono dissensi interni – è quello di liquidare, mettere in soffitta la Repubblica nata dalla seconda guerra mondiale e dalla Resistenza .
«L’intelligenza, che guaio» diceva un saggio. Cerchiamo di essere almeno fino al 9 aprile un po’ grossolani e di rendersi conto che siamo in una difficile campagna elettorale. Non c’è solo Berlusconi, c’è anche il berlusconismo.
(Fonte: Valentino Parlato, il Manifesto, 19 febbraio 2006)