14 Febbraio 2011

L’assassinio di David Kato in Uganda

Appunti

Sabato pomeriggio sono andato alla commemorazione, organizzata a Roma dall’associazione radicale “Certi Diritti” cui era iscritto, di David Kato, l’attivista gay ucciso a martellate il 26 gennaio in Uganda.

Nel paese africano la situazione per i gay e le lesbiche è diventata estremamente difficile, da quando – a seguito di una campagna di disinformazione condotta sul campo da alcuni pastori evangelici provenienti dagli Stati Uniti – sono state avanzate proposte per sanzionare con sanzioni pesantissime, anche con la morte, non solo l’omosessualità ma addirittura la sua “promozione”. Le foto di David e di altre persone, omosessuali o presunte tali, sono state pubblicate da un giornale locale sotto il titolo “impiccateli”. Si tratta insomma di una vera e propria caccia all’uomo.

Alla morte di David, che era stato recentemente a Roma ospite di “Certi Diritti”, molti governi si sono espressi a condannare l’omicidio, Obama e Clinton compresi. Molti, ma non il governo italiano.

Quello che sta accadendo in Uganda dovrebbe far riflettere anche quelli sempre così pronti a liquidare in due parole la vita e la dignità delle persone omosessuali in Italia, pensando che affermare la superiorità morale di alcuni cittadini su altri sia l’innocuo esercizio di una legittima opinione.

Perché l’omofobia, come il razzismo o l’antisemitismo, non è suscettibile di gradazioni: non si può essere “un po’” omofobi, come non si può essere un po’ antisemiti.