Ma questa è la mia gente
Collana Strade blu saggistica italiana
Pubblicato nel sett 2012
“Che cosa significa oggi essere comunisti?” si chiedeva nel 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, Nanni Moretti in Palombella rossa. Dopo il tramonto delle ideologie e la nascita del Pd, la forza politica in cui sono confluite le due anime del riformismo italiano, quella socialdemocratica e quella democraticocristiana, per il centrosinistra all’affannosa e sofferta ricerca di un’identità è venuto il momento di aggiornare e rilanciare quella vecchia domanda: “Che cosa significa oggi essere democratici?”.
Ad assumersi il compito di formularla con la stessa chiarezza e lo stesso coraggio è oggi Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Pd, che ha girato questo e molti altri interrogativi sui temi all’ordine del giorno del dibattito pubblico (l’articolo 18 e la travagliatissima riforma del lavoro, il ruolo dei giovani e il ricambio delle classi dirigenti nelle istituzioni e nei partiti, Pd compreso) a 17 esponenti del suo partito, da lui intervistati in questi mesi cruciali per il futuro della società italiana e dell’intera Europa.
Ad amici e colleghi – dagli eredi delle grandi tradizioni politiche del Novecento come Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, Walter Veltroni e Rosy Bindi, ai “giovani” emergenti come Pippo Civati, Debora Serracchiani e Stefano Fassina, ad amministratori locali come Michele Emiliano, Renato Soru e Stefano Boeri – Scalfarotto non risparmia i quesiti spiazzanti e intenzionalmente provocatori, come quelli sulle unioni civili, sui diritti degli omosessuali e sui temi etici, che mettono il dito nella piaga di contraddizioni e contrapposizioni interne talvolta laceranti. E poi, a tutti, la domanda delle domande: perché il Partito democratico è spesso visto dagli elettori e dai media come una formazione politica sostanzialmente conservatrice, che si batte testardamente per il mantenimento dello status quo in campo economico e sociale, anziché essere considerato quella grande forza progressista, promotrice di riforma e cambiamento, che si propone di incarnare? Da queste conversazioni emerge il ritratto di un Pd molto variegato, con diverse anime, da quella ex comunista a quella liberal, da quella laica a quella di ispirazione cattolica. Una frammentarietà di visioni e posizioni che – sostiene l’autore – può rivelarsi la sua più grave debolezza, se si elideranno a vicenda in una perversa dialettica del compromesso a ogni costo, in un’inerzia dettata dalla volontà di non scontentare nessuno. O, viceversa, la sua più grande forza, se tali anime riusciranno a fondersi in una sintesi costruttiva, capace di imprimere al partito “uno shock di innovazione, un momento di fortissima, visibile e tangibile discontinuità”.